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sabato, 12 Ottobre 2024

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Erbe di casa nostra per curarsi

di Lara Vannini – “Il 19 marzo era una data importante nel calendario contadino, coincidente con l’equinozio di Primavera. Un tempo sacro per eccellenza, un tempo di rinascita, di rigenerazione agraria, immediatamente successivo alle temporae di digiuno, di purificazione, che introducevano il passaggio di stagione”.
Così narrava Verga nei “Malavoglia”, e così era a tutti gli effetti nel mondo contadino. Ogni stagione dell’anno aveva i sui lavori, i suoi riti, e i suoi perché e non era possibile scegliere visto che i ritmi dell’uomo erano scanditi dalla natura. Il bosco, le foreste erano le aree primarie da cui attingere per molte delle necessità della vita quotidiana. I contadini riuscivano ad utilizzare e trasformare tutto ciò che avevano a portata di mano facendo di necessità virtù e sapienza da tramandare. Anche l’utilizzo delle erbe spontanee che nascevano nei boschi non faceva eccezione, e se oggi per usare piante selvatiche occorre una buona dose di conoscenza, un secolo fa esse erano alla base sia della medicina che dell’alimentazione. Per la propria salute, il contadino si muoveva tra religione, scienza e superstizione e indubbiamente anche quando non sapeva bene che problema di salute avesse, cercava di trovare una soluzione più o meno realistica.
Quali erano i rimedi naturali che regalava la Primavera?
Curiosamente la categoria che andava per la maggiore era quella degli anti-infiammatori con in testa la Malva, dai bellissimi fiori rosati segnati da striature scure che ancora oggi si trova con molta facilità in terreni incolti, o ai bordi delle strade. La Malva, non poteva mancare nelle tazze degli anziani, per agevolare il decorso di un mal di denti, di un mal di gola o in caso di gastrite. Foglie e fiori potevano essere essiccati, racchiusi in mazzetti e posti a testa in giù in un ambiente asciutto, fresco e al riparo dalla luce.
Discorso a parte merita il Tarassaco dai popolarissimi fiori gialli a pennacchio. Questa pianta era croce e delizia del contadino che la riteneva allo stesso tempo pianta infestante per i campi e rimedio medicamentoso. La bontà del Tarassaco la si evince dal nome, “taraxos” squilibrio “akos” rimedio. Pianta depurativa e diuretica, deriva il proprio soprannome di “piscialletto” proprio da questo. Del Tarassaco se ne usava le foglie, le radici e i primi germogli nelle insalate.
Nell’orto poi cresceva in abbondanza la Salvia, che oltre per cucinare, era usata per le sue proprietà antisettiche e anti-infiammatorie. La foglia di Salvia, ricca di olii essenziali, poteva essere strofinata direttamente sui denti, per igienizzarli ma anche sbiancarli, grazie al suo potere lievemente abrasivo.
Temuta e odiata nel mondo contadino era la Gramigna, erba infestante che proliferando con grande velocità, minacciava i campi di grano. La si riconosceva facilmente dal grosso fusto da cui si diramavano foglie sottili simili a fili d’erba. Tuttavia questa specie erbacea, era usata in medicina come anti-infiammatorio e curativa per le vie urinarie.
Tra i cereali più comunemente usati nelle case c’era l’Orzo, una bevanda che sostituiva di gran lunga il “caffè bono”, quello tenuto come una reliquia e usato solo per le feste importanti. Anche l’orzo era una bevanda molto usata dalle persone anziane. Veniva acquistato grezzo, tostato in casa e utilizzato nel corso della giornata, come dissetante e sfiammante. Non è un caso che le nonne avessero sempre nella tasca del grembiule una caramella d’orzo, oltre che piacevole era un ottimo disinfettante del cavo orale. L’orzo, cereale antico, era già presente nelle scritture di Ippocrate, padre della medicina che nel 400 a.c. circa lo definiva così “dissetante e di facile escrezione, non comporta astringenza né brutta agitazione”!

(tratto da CASENTINO2000 | n. 293 | Aprile 2018)

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