di Fiorenzo Rossetti – A volte sotto una notizia si cela, insospettabilmente, una buona novità a favore delle aree protette. Dallo scorso anno il Governo Meloni ha avviato un percorso per restaurare le Province; ormai è tutto pronto e si attende di annunciarlo dopo le elezioni Europee.
Ve le ricordate le Province? L’Ente Provincia si occupava di numerose attività, tra queste, di ambiente e natura, gestendo alcune delle aree protette regionali, di servizi didattici, attività informative ed educative, di azioni di supporto per la conservazione e divulgazione della biodiversità. Queste competenze vennero stravolte (in certi casi azzerate) 8 anni fa, quando si attuò la riforma “renziana” che ha dettato un’ampia trasformazione in materia di enti locali, come la ridefinizione del sistema e delle competenze delle Province.
La riforma “svuota province” targata Graziano Delrio, risalente al 2014, doveva essere una legge transitoria per traghettare gli enti verso la liquidazione definitiva, che avrebbe dovuto essere sancita dalla riforma costituzionale Renzi-Boschi. La bocciatura del referendum del 2016, però, fece abortire il piano. Le Province sono restate in vita, ma con fondi molto scarsi, competenze tagliate e una rappresentanza politica non più eletta direttamente dai cittadini. In tutto questo caos riorganizzativo di competenze e personale da ricollocare, la materia legata alla gestione della natura precedentemente in capo alle Province, a livello nazionale ha seguito i più svariati percorsi, non sempre finiti con esito positivo e a volte lasciando vuoti gestionali e buchi nelle maglie della difesa dell’ambiente naturale.
Dal 1° gennaio 2016, ad esempio, sia la Regione Toscana che quella dell’Emilia-Romagna esercitano le competenze in materia di aree protette e tutela della biodiversità precedentemente in capo alle Province. Per la Regione Emilia-Romagna il disegno strategico viene complicato ulteriormente per via di una precedente legge regionale che istituiva 5 macroaree denominate “Enti di Gestione per i Parchi e la Biodiversità”, per la gestione dei Parchi, Riserve, altre forme di aree protette e siti della Rete Natura 2000, ricadenti in un’area territoriale ottimale e omogenea.
Una norma risalente al 2011, che ha dovuto fare i conti con il depotenziamento politico, economico e di competenze delle Province. Di fatto il sogno di razionalizzare le risorse umane ed economiche, le professionalità, l’efficacia gestionale e le politiche ambientali e naturalistiche, si è arenato su una discutibile scelta di governance politica. I cinque Enti parchi hanno vissuto in questi anni una gestione politica troppo spesso localistica, affidata a esponenti politici legati alle amministrazioni comunali.
È venuta a mancare improvvisamente la necessaria visione politica ad ampio campo culturale e territoriale, la capacità e competenza politico-gestionale in grado di avviare un percorso sostenibile che tenga conto dello sviluppo delle comunità coniugato alla tutela naturalistica. La manovra taglia Province di Renzi non ha portato quei risparmi economici sperati (se non addirittura un aggravio di spesa). Ha invece tremendamente peggiorato l’accesso ad alcuni servizi, l’efficacia delle azioni sul territorio, la rappresentatività politica a livello locale e l’ascolto del cittadino.
Un esempio del vuoto culturale che si è generato, riferito al territorio romagnolo, è la pressoché mancanza di offerte formative a carattere naturalistico per studenti e cittadini e la disgregazione del sistema delle Associazioni ambientaliste. L’Ente Parco nazionale gestisce attività informative e educative riferendosi però ai soli confini della propria area protetta (ingiustamente, come più volte segnalato), come pure fanno gli Enti Parchi di derivazione regionale, col loro mosaico di aree protette, che offrono attività ai soli territori protetti (o addirittura a solo alcune aree protette… a seconda del Comune che spinge di più nei Consigli), sebbene la norma parli di territori di riferimento (le macroaree) molto più ampi delle sole aree protette.
L’accesso da parte di studenti, giovani e cittadini in genere, a questo tipo di supporto culturale, non esiste più. Mi domando quindi come possiamo continuare a far crescere i nostri figli rendendoli orfani della cultura del rispetto e della tutela della natura. Dall’Ente Parco nazionale delle Foreste Casentinesi mi sarei aspettato una maggiore sensibilità sull’argomento e una migliore capacità politica nel tessere relazioni stabili con le Regioni facenti parte della Comunità del Parco e con il sistema regionale delle aree protette. Il Parco appare come un’isola e questo non porta vantaggi a nessuno (tantomeno al Parco). Unire risorse umane, finanziarie e azioni politico-strategiche genera la capacità di intervenire con efficienza ed efficacia.
Bentornate Province! Che la vostra resurrezione possa portare tecnici e politici in grado di supportare la giusta causa dei Parchi.
(Rubrica L’ALTRO PARCO Sguardi oltre il crinale di Fiorenzo Rossetti)