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giovedì, 16 Gennaio 2025

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La donna contadina

di Lara Vannini – Otto marzo, Festa della Donna. Una ricorrenza? Un dibattito sempre aperto? Forse un ottimo pretesto per fare il punto della situazione sui diritti, le conquiste sociali e le questioni ancora aperte che vedono protagoniste le donne di tutto il mondo, in lotta contro ogni forma di discriminazione e violenza.

Se la donna a livello planetario viene celebrata l’8 marzo, la donna rurale viene ricordata anche il 15 ottobre grazie ad una iniziativa dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha istituito questa ricorrenza il 18 dicembre 2007 con la Risoluzione 62/136 riconoscendo “il ruolo chiave delle donne rurali nel promuovere lo sviluppo rurale e agricolo, contribuendo alla sicurezza alimentare e allo sradicamento della povertà rurale”.

Questo riconoscimento da parte delle Nazioni Unite ci fa comprendere in maniera intuitiva come il ruolo della donna sia sempre stato centrale ieri come nella contemporaneità. Nel corso dei secoli però la donna in ogni settore, ha sempre dovuto lottare nella costante ricerca di una parità di genere e di un proprio posto nel mondo che potesse conciliare la sfera privata con la vita pubblica e lavorativa.

Limitandoci al nostro paese, prima della proclamazione della Repubblica, la donna in Italia non aveva diritto di voto, fino ai primi anni Sessanta poteva essere licenziata legalmente se “contraeva matrimonio” e fino al 1975, secondo il Diritto di Famiglia, il marito era “capo” e la donna era “obbligata ad accompagnarlo ovunque egli credeva opportuno”.

In un contesto di questo tipo dove la famiglia era rigidamente di stampo patriarcale e basata sul matrimonio, parlare di uguaglianza di diritti e doveri oggi ci sembra del tutto anacronistico, eppure se la donna pubblicamente veniva relegata in un angolo, nella quotidianità della famiglia, all’interno delle proprie mura domestiche ha svolto un ruolo essenziale ed è doveroso ricordarlo.

La donna contadina degli anni ’30 e ’40 del Novecento, come diremmo oggi era “multitasking”, doveva essere pronta a tutto, una donna metaforicamente con i pantaloni (visto che nella realtà non le era permesso di portarli!), assoggettata al marito, devota alla famiglia e pronta al sacrificio. Prima di tutto però doveva essere generatrice di prole perché altrimenti sarebbero andate a mancare le fondamenta che avrebbero retto la vita rurale. Laddove questo non fosse stato possibile, la saggezza popolare cercava una prima strada nella pratica devozionale invocando S. Anna e Gioacchino, i genitori di Maria, facendo pellegrinaggi a santuari dedicati alla fertilità o utilizzando preparati medicamentosi alle erbe di varia natura.

La donna nel mondo rurale non era quindi concepita come portatrice di diritti, ma il suo ruolo andava di pari passo con lo scorrere delle stagioni della vita: prima figlia, poi moglie, madre e infine nonna, portatrice di saggezza per le generazioni future e custode delle radici familiari che doveva sapientemente tramandare.

Quindi possiamo dire che la vita della donna contadina era a grandi linee già scritta alla nascita. Come in ogni ambito ci potevano essere delle eccezioni ma solo se il marito fosse riuscito a emanciparsi dalla propria condizione sociale.

Quali erano le principali incombenze della moglie del capofamiglia o “capoccia”? Generalmente una donna quando si sposava andava a vivere nella casa del marito. La famiglia della sposa doveva preparare una “dote”, che poteva essere costituita dal corredo, da denaro o piccoli appezzamenti di terreno se la famiglia ne possedeva uno da cedere.

La donna compatibilmente alle mansioni domestiche e all’accudimento dei figli doveva partecipare a tutti i lavori esterni: mieteva, raccoglieva i prodotti stagionali, lavava nelle fontane pubbliche e nei fossi ovviamente con pochissimo sapone e molta cenere, cuciva, impagliava, “governava gli animali” ovvero li nutriva e se ne prendeva cura, preparava da mangiare, andava a prendere l’acqua alla fontana più vicina e altre innumerevoli incombenze della vita quotidiana.

Per la preparazione del pane, la donna contadina doveva andare a procurarsi la legna nel bosco per poter accendere il fuoco nel forno in pietra. Per ottimizzare la raccolta della legna, le donne si legavano un panno sulla testa dove poter avvolgere e impilare le mannelle di legna. Questo lavoro era tutt’altro che scontato e molto faticoso.

I forni generalmente erano comuni a più famiglie. Quando venivano accesi per fare il pane, una stessa famiglia poteva cuocere anche dieci pani in una volta sola e poi conservarli nella madia fino ad esaurimento.

Tutti i lavori ovviamente se protratti nel tempo, procuravano alla donna contadina una notevole usura fisica alla quale non poteva rispondere con la medicina che conosciamo oggi. L’acqua ghiacciata per lavare ad esempio, poteva far insorgere stati infiammatori cronici alle articolazioni, o peggiorare quelli esistenti al punto da dover convivere con stati dolorosi delle mani. Il freddo era sicuramente un nemico per la salute e bronchiti o broncopolmoniti erano all’ordine del giorno.

Alcune donne lavoravano come lavandaie e stando tutto il giorno piegate e all’umido contraevano malattie respiratorie e anche la tubercolosi. Spesso i malati cronici o gli anziani si trovavano a passare i mesi più rigidi dell’inverno a letto o nell’unica stanza dove c’era il camino. La donna contadina infatti era anche preposta a seguire gli anziani di casa e a provvedere ad ogni loro necessità.

Ovviamente non esistevano le case di cura e culturalmente non era neanche pensabile allontanare da casa un anziano malato. Un secolo fa l’età media delle persone era sicuramente inferiore rispetto alla contemporaneità ma ci si ammalava più spesso e ci si curava molto meno quindi il fisico era sicuramente sottoposto ad una usura maggiore.

Le donne in specifici momenti della storia come le due guerre mondiali si sono anche improvvisate ciò che non erano per sposare la causa comune: dai racconti orali dell’alto Casentino ad esempio le donne contadine soprattutto le ragazze percorrevano molti chilometri a piedi per poter portare le comunicazioni di ciò che stava succedendo da un paese all’altro, si muovevano loro malgrado sotto le bombe facendo le più disparate commissioni. Questo perché gli uomini non c’erano essendo al fronte oppure nascosti come partigiani.

Così nei secoli la donna è sempre stata un punto di riferimento e collante per tutta la famiglia eternamente in cammino verso l’emancipazione, ma mai stanca di lottare e ancora oggi, nonostante il progresso, i grandi temi del lavoro, degli affetti e la vita privata restano questioni sempre aperte e a volte difficili da conciliare.

Sitografia: Legislazione sulla donna in Italia: Elena Vellati “Il Nuovo Diritto di famiglia e il ruolo della donna” – www.novecento.org n.8 agosto 2017. DOI:10.12977/nov177 Risoluzione tutela donne rurali: https://www.onuitalia.it/15-ottobre-giornata-internazionale-delle-donne-rurali/

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