di Mauro Meschini – Per il prossimo numero di CASENTINO2000 il nostro collaboratore Fiorenzo Rossetti non ha potuto scrivere il suo articolo, è stato ed è ancora impegnato in Romagna ad affrontare le gravi conseguenze provocate dall’alluvione. Ci siamo sentiti telefonicamente ieri e abbiamo potuto raccogliere la sua testimonianza su quello che era accaduto. Anche lui la sera del 16 maggio ha vissuto una situazione difficile dopo che il fiume a Forlì aveva rotto gli argini.
Durante il giorno la situazione era già complicata? «Si, c’era pioggia e i fiumi ingrossati. I servizi di controllo di idrometri e pluviometri avevano già detto ai comuni che dovevano evacuare le zone che erano lì vicino, ma l’acqua è arrivata molto più lontano…».
E voi avete dovuto abbandonare la sede da dove si dovevano coordinare i soccorsi? «Si, qualcuno è rimasto isolato lì per più di un giorno, l’acqua è salita di circa un metro e mezzo. Una mia collega è rimasta intrappolata nella macchina e sono dovuti intervenire i vigili del fuoco. Io e una mia collega abbiamo ricostituito presso la Fiera di Forlì un punto di lavoro utilizzando quello che c’era rimasto: avevamo un computer, apparecchi che ancora funzionavano con il telefono e abbiamo creato il polo logistico per dirigere tutti i soccorsi che poi sono arrivati. Oggi (domenica 22 maggio, n.d.r.) in questo polo arriveranno 500 soccorritori volontari da tutta Italia».
In questi giorni la Fiera è rimasta in sicurezza? «Ci sono stati degli allagamenti e l’acqua è arrivata dall’altra parte della strada, ma abbiamo potuto rimanere qui e già dal giorno dopo la popolazione ci aveva preso come punto di riferimento. Siamo così anche andati con un fuoristrada a cercare viveri e acqua per queste persone che non avevano più niente… soltanto in questa provincia ci sono ancora 120.000 utenze senza luce, a Ravenna credo 150.000. I miei colleghi hanno perso tutti la casa…».
E la tua? Dove si trova? «La mia è in collina, sopra Cesena, lì passa un fiume affluente del Savio che è esondato e ho avuto lo scantinato allagato mentre a monte ho le frane… tutta la montagna non c’è più. Non ci sono più strade…».
Sei riuscito a tornare a casa? «Per i primi giorni non ci sono riuscito, per tre notti sono rimasto qui senza praticamente dormire. C’erano da gestire i recuperi con gli elicotteri, abbiamo dovuto fare una selezione brutale tra chi aveva un piano sopra e chi non lo aveva. Tra chi era solo isolato e tra chi invece stava male…».
Dalle immagini che si è potuto vedere la situazione è davvero gravissima… ma come è stato possibile?… Una cosa del genere non era mai accaduta? «Si parla di tante cose… ma la pianura dell’Emilia Romagna è nata dalle alluvioni, con i corsi d’acqua che hanno portato una marea di fango che ha formato la pianura. Allo sbocco in pianura noi gli abbiamo costruito delle città. Chi invece costruiva un tempo le costruzioni le ha fatte sempre in luoghi più in rilievo lontane dai fiumi a parte la pianura ravennate che è nata da bonifiche successive. Ora con il riscaldamento globale c’è più vapore acqueo e si sono presentate le condizioni meteorologiche per cui l’acqua è venuta giù…».
Quindi negli ultimi decenni le città si sono sviluppate nello sbocco dei fiumi? «La protezione civile in Emilia Romagna si occupa anche della sicurezza dei fiumi. Li tengono puliti, anzi da biologo ero sempre un po’ riluttante perché sono talmente puliti che non c’è niente in mezzo, però lo sbocco dell’acqua è solo quello e se butti più acqua è chiaro che viene fuori… Si è registrato una quantità d’acqua mai vista… ora si parla di alzare gli argini e scavare i fiumi, ma forse si spenderà meno incentivando una nuova dislocazione delle persone più lontana dai fiumi…».
La situazione adesso? «Nelle città la situazione è ora di fango, mentre in collina e montagna sono tutti isolati. Non si potranno sistemare le strade si dovranno cambiare completamente i percorsi. Parte della collina e montagna della Romagna non c’è più e sai quanto è forte il mio attaccamento alla montagna…».
Tra l’altro è una montagna che abbiamo in comune, da quest’altra parte ci siamo noi del Casentino… è la stessa terra… «Si è la stessa terra, ma da questa parte noi abbiamo la terra un po’ più sciolta da voi c’è una roccia più tenace… Ora non devono pensare solo alle città. Almeno dieci comuni di montagna hanno frazioni isolate, un comune ha tutte le frazioni isolate, si è salvato solo il centro storico e il municipio. in un’altro è rimasto in piedi solo il centro storico il resto è crollato tutto…».
Cosa fare adesso? «Ora dovranno decidere di evacuare le persone, migliaia di persone… è come se avessero bombardato tutto il territorio. In città in alcuni mesi si dovrebbe ritornare in una situazione di normalità, su no, per la costruzione delle strade ci vorranno anni e anni. È una cosa che non si può immaginare… qui il terreno è talmente zuppo d’acqua che se in montagna metti un piede fuori dall’asfalto perché sembra ci sia erba, in realtà trovi sabbie mobili…».
La montagna è diventata sabbie mobili… «È liquefatta, non c’è più e ogni giorno si staccano frane…».