di Anselmo Fantoni – Parlare della disabilità non è facile, assistere i disabili è faticoso, condividere con loro un po’ di tempo ti cambia la vita. Da trent’anni l’Associazione Amica rete si occupa del mondo della disabilità e ne parliamo con l’anima pulsante del progetto: Isella Doni. Quando parla della sua esperienza si percepisce che quello che fa è qualcosa di speciale, o meglio, quello che fa è una cosa normale, il modo con cui lo fa è veramente speciale. Ma in fondo Pamela, col suo libro, Andrea con le sue chiavi, Giuseppe forse il più timido che fa uno spuntino, Lorenzo lo storico del gruppo, che hanno partecipato all’intervista non possono lasciarti indifferente, ti chiedono di toglierti la maschera, perché loro non ne hanno, ti comunicano con gli sguardi, con le esclamazioni, con i sorrisi.
Nasce tutto tanti anni fa all’interno della Misericordia di Bibbiena appoggiandosi alle strutture parrocchiali di Bibbiena Stazione. La loro attività era di dimensioni parrocchiali, il sabato alcuni volontari si prendevano cura, o meglio ancora, si divertivano con loro. Erano anni impegnativi di supporto, innovativi ma non troppo, il salto di qualità è avvenuto quattro anni fa quando l’associazione ha avuto in comodato la struttura delle suore a Serravalle dove hanno potuto iniziare un percorso di esperienza di vita comunitaria fuori dalla famiglia.
La disabilità è una delle diversità umane come cita la carta dell’Onu. In Italia abbiamo come norma di riferimento anche la legge del dopo di noi, il principio della norma è quello di agevolare l’interazione del disabile con la sua comunità di riferimento, Amica Rete è proprio orientata a questo, far stare gli uomini e le donne disabili nel mondo insieme agli altri mettendo a disposizione i loro talenti non solo per apprendere ma anche per donare le loro capacità e le loro emozioni. Pamela ha il sogno dell’insegnamento e ha avuto l’opportunità di leggere ai bambini della scuola un libro realizzato insieme ai suoi amici coinvolgendo anche le famiglie e la scuola. Giuseppe ama la pulizia e l’ordine e potrebbe fare il guardiano di un’area verde così da aiutare a mantenerla pulita. Andrea ama la meccanica e il bricolage e Lorenzo invece ama fare la guida ai Castelli casentinesi. Detto così sembra cosa normale e lo è, sono due i traguardi da raggiungere, uno è quello di aiutare i partecipanti a raggiungere l’emancipazione dalla famiglia, l’altro è quello di sostenere i giovani a raggiungere i loro sogni.
L’Associazione è strutturata secondo i desideri dei ragazzi, è una struttura privata sostenuta dai volontari e finanziata dai fondi del «dopo di noi» e dalle famiglie. La loro attività diventa di supporto ai centri occupazionali Tangram e Pesciolino rosso coprendo alcune lacune di queste meritorie strutture, accolgono il sabato e durante la chiusura estiva gli ospiti dei centri. Grazie a un contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze sono riusciti a comprare un pulmino che gli permette di spostarsi agevolmente nel territorio. Oltre ai quattro ragazzi era presente anche una dei volontari, Livia Marri, che racconta il suo piacere e la fortuna di poter stare qualche ora con questi ragazzi. Non è difficile comprendere che ciò è vero, durante l’intervista i ragazzi sono stati attivi e partecipi e il tempo è passato velocemente e piacevolmente.
L’intervista è stata sottolineata dai mamma mia di Andrea quando si ricordavano le esperienze più divertenti fatte, i sorrisi di Pamela, gli interventi dello storico Lorenzo. Abituato ad un mondo di convenzioni, di maschere dietro cui nascondersi, insieme a queste persone con alcune disabilità ho percepito che loro mi costringevano ad abbassare la guardia, ad essere vero così come lo sono loro. Tutto questo cercando di far emancipare i ragazzi, ma soprattutto far capire alle famiglie che la disabilità può comportare delle limitazioni ma non può e non deve essere un alibi per non farli vivere attivamente nella comunità.
Tutti noi abbiamo dei talenti, forse il segreto per la felicità è quello di far emergere le capacità di tutti, così da creare una comunità caritatevole, la semplicità con cui i ragazzi ti dicono ti voglio bene, disarma, interroga e pungola, forse aver tentato di togliere dalla nostra esistenza la disabilità non ci ha fatto tanto bene. Se vi capita di incontrarli fermatevi un attimo con loro, la cosa vi potrebbe far bene perché loro sono portatori sani di felicità. In tutto questo sono aiutati da uno gnomo a cui lasciano dei biglietti con i loro sogni e lui, appena può, perché le richieste sono tante, li esaudisce.
A volte si fa scoprire come quella volta che ha mandato un treno per portarli ad Arezzo, ma loro hanno capito che era stato lui perché il treno portava il nome del suo aiutante: “Elfo”. Molto altro si potrebbe raccontare ma vorrei darvi un consiglio, provate a passare un’oretta con i volontari e i ragazzi di Amica rete, scoprirete davvero che l’amore fa la differenza.