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mercoledì, 9 Ottobre 2024

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Lo sviluppo psicomotorio: gravidanza e nascita

di Antonella Oddone – Che significa sviluppo psicomotorio? Con questo termine si intende il processo di maturazione del sistema nervoso centrale che consente al bambino, nei primi anni di vita, di acquisire competenze e abilità posturali, motorie, sensoriali, cognitive e relazionali in un continuo, affascinante intreccio. È un processo che segue delle tappe fissate geneticamente per tutti gli individui della specie umana: non si è mai visto un bambino parlare a due mesi o camminare a sei mesi, ma nell’ambito di queste tappe fissate geneticamente possono esserci variabilità individuali. Per esempio un bambino può iniziare a camminare a 11 mesi ed un altro a 15, così come un bambino può parlare compiutamente a due anni e un altro alla stessa età può dire solo poche paroline. È curioso notare come lo sviluppo psicomotorio del bambino ripeta nei primi due anni quella che è stata l’evoluzione della specie umana nel corso di milioni e milioni di anni.

Durante la gravidanza il futuro bambino non è immerso nell’oscurità e nel silenzio: sappiamo che il cuoricino inizia a battere a tre settimane e che intorno al terzo mese i neuroni cominciano a migrare dalla cresta neurale, dove si formano, fino alle circonvoluzioni cerebrali più nascoste. Ma soprattutto sappiamo che gli organi di senso sono già formati tra i cinque e i sette mesi di vita intrauterina: gusto e olfatto sono in funzione fin dal terzo mese, tatto e udito sono completi dal quinto e infine la vista dal settimo mese. Il nostro bambino, che fino a pochi anni fa si riteneva che nei primi mesi di vita non udisse e non vedesse niente, addirittura che non provasse neppure dolore, in realtà già molto tempo prima della nascita è in grado di sentire benissimo i rumori che provengono dal corpo della mamma: il battito del cuore, il ritmo del respiro e del flusso venoso, e percepisce bene anche le voci che provengono dal mondo esterno, in particolare quelle di mamma e papà. E, attraverso i sensi, il bambino impara a conoscere il mondo: è l’esperienza il motore che guida la formazione dei circuiti cerebrali.

Che succede dunque alla nascita? Nel secolo scorso si credeva che il momento del parto fosse un momento di angoscia pura: abbandonare la quiete, il calduccio, la sicurezza del grembo materno per essere proiettato in un mondo freddo e ostile, senza coscienza di ciò che potrebbe accadere e senza mezzi per reagire. Oggi, grazie ai progressi delle neuroscienze, sappiamo che non è così. Il mondo nuovo a cui il bambino si affaccia è anche straordinariamente ricco di stimoli: il piccolo sente subito il contatto e il profumo della mamma, vede il suo volto in modo chiaro (la visione da vicino è perfetta alla nascita), se lasciato muovere liberamente sul grembo materno si attacca in modo autonomo al seno, e infine sente e riconosce le voci già familiari del babbo e della mamma.

Nel momento del travaglio e del parto è massima la secrezione dell’ossitocina, l’ormone dell’attaccamento, prodotto dal cervello e dalla placenta della mamma e dal cervello del bambino. L’ossitocina provoca contrazioni sempre più forti della muscolatura uterina, il bambino viene avvolto, stretto in un abbraccio e poi rilasciato, e finalmente spinto alla luce, cosicché quella che poteva sembrare una separazione diventa in realtà un legame fortissimo, in un’esplosione di luci, suoni, colori e emozioni: finalmente ci si può abbracciare e non ci lasceremo mai più! Dal punto di vista motorio alla nascita il bambino presenta reazioni motorie automatiche, i riflessi, abilità geneticamente predeterminate che gli consentono di interagire con l’ambiente e di comunicare con gli altri: il riflesso di suzione, di prensione palmare o plantare, di marcia automatica, se si stimola la guancia si volta nella stessa direzione, e così via.

Fino a pochi anni fa si utilizzavano anche per verificare lo stato funzionale del sistema nervoso. Oggi per valutare l’integrità del sistema nervoso, più che i singoli riflessi valutiamo la motilità generale autonoma, i movimenti generalizzati che interessano in sequenza gli arti, il tronco, il capo del bambino e che gli specialisti chiamano “General Movements”. In cosa consistono? Osserviamo come si muove il bambino nel suo complesso nelle diverse fasi di veglia, veglia agitata, sonnolenza.

In poche parole un neonato sano deve possedere tutti i tipi di movimenti: di abduzione, adduzione, rotazione, estensione, flessione. Poi con il cosiddetto “pruning”, cioè la rimozione delle connessioni nervose inutili e inutilizzate, anche i movimenti diventeranno sempre più precisi e finalizzati. I riflessi automatici nel corso del primo anno di vita scompaiono lasciando spazio alle abilità motorie successive.

Dal punto di vista relazionale conosciamo ormai l’importanza dei neuroni specchio, che si attivano quando il bambino guarda negli occhi la mamma e il babbo. È così che impara a sorridere ed è così che si sviluppa il linguaggio e la capacità di comunicare.

(Rubrica ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società – DOTT.SSA ANTONELLA ODDONE Medico pediatra)

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