di Lara Vannini – Morbida, rotonda, con piccoli pezzi, spalmata sul pane, la marmellata, aggiunge da secoli sapore e allegria alle nostre giornate. Quando la vita non era ossessionata dai “cibi light” e la frutta veniva mangiata e staccata dall’albero, una bella fetta di pane, burro e marmellata era il sogno di ogni bambino. Lo zucchero poi, che oggi è quasi ritenuto “illegale”, un tempo era indispensabile per la conservazione degli alimenti.
Forse tutti conosciamo il noto gastronomo Pellegrino Artusi, ma esiste un ricettario addirittura risalente all’Antica Roma, dove già si gettavano le basi per le moderne ricette tra cui la marmellata. Marco Gavio Apicio fu un famosissimo gastronomo e scrittore, vissuto, secondo le testimonianze, prima della nascita di Cristo, che lasciò una serie di “appunti culinari” risalenti alla cucina tipica dell’Antica Roma. Non è un caso che gli albori delle marmellate e delle conserve, derivassero da un periodo così lontano da noi, perché nei lauti pasti degli antichi romani, le salse e i condimenti erano quasi più importanti della portata stessa.
Frutta fresca e frutta matura Come è noto i nostri avi contadini sono stati i primi fautori della sostenibilità, non certo per salvare il pianeta, perché semplicemente non ne avevano bisogno, quanto per sfruttare al meglio tutti i prodotti che Madre Natura poteva offrire loro. In particolare la frutta matura poteva essere conservata al meglio se fosse stata trasformata in frutta sciroppata, conserva o marmellata. Comunemente utilizziamo il termine marmellata per identificare questa lavorazione con ogni tipologia di frutta, ma in realtà la marmellata è solo di agrumi. Tutte le altre preparazioni sono dette confetture dal francese “confiture” ovvero confettare, ricoprire con lo zucchero. Inoltre la qualità di una confettura varia a seconda della concentrazione di frutta in essa presente. Soprattutto nel periodo estivo tra luglio e agosto, le vere protagoniste delle confetture erano: le albicocche, le pesche, le susine, le ciliegie, i frutti di bosco, le pere, i fichi e sul finire di agosto le more. La confettura di prugne in particolare oltre ad essere estremamente gustosa aveva anche un lieve potere lassativo, mentre la marmellata di arance poteva lenire un fastidioso mal di gola. Dei rimedi provenienti ancora una volta dalla Farmacia della Natura.
Proprietà di un cibo genuino Diamo sempre per scontato che tutto ciò che è preparato in casa sia salutare e migliore di un cibo comprato, ma in realtà ciò che è genuino non sempre è immune da pericoli per la salute. Certamente un tempo per in nostri avi contadini, fare una colazione sostanziosa a base di pane e marmellata o mangiare anche ogni giorno una fetta di torta fatta in casa, era sicuramente importante per sostenersi durante le tante ore di lavoro nei campi. La fatica, la perdita di sali minerali dovuti alla calura del solleone, facevano si che il fisico dovesse essere ampiamente “rifocillato” da colazioni sostanziose e caloriche. Oggi non è più così, anche se un velo di marmellata spalmata su una fetta biscottata resta sempre una colazione all’italiana tra le più salutari. Anzi, un velo di burro, sopra la fetta o il pane andrebbe addirittura ad abbassare l’indice glicemico della marmellata.
Aldilà dei gusti e delle esigenze personali, i nostri nonni mettevano circa 500gr di zucchero per 1kg di frutta. In ogni caso lo zucchero veniva dosato a seconda della tipologia della frutta, perché era indispensabile sia per la conservazione che per ostacolare l’insorgere della muffa. Una volta realizzato il prodotto, ancora caldo, veniva conservato in barattoli sterili precedentemente bolliti e, per far si che si creasse il sottovuoto il vasetto veniva riempito fino ad un dito sotto il coperchio e poi capovolto anche per una nottata intera. Fare il “sottovuoto” sembra banale, ma in realtà è un’arte che regala cibi pronti e fuori stagione tutto l’anno. I barattoli venivano altresì coperti con delle coperte di lana perché il calore si dissipasse lentamente e non si creassero batteri dannosi. Per addensare la marmellata in maniera naturale, veniva utilizzata la mela o il limone. Oggi è possibile usare anche gelificanti già pronti.
Crostate contadine Come venivano consumate le marmellate dai nostri nonni? Come abbiamo già detto il modo più semplice era quello di farci colazione la mattina spalmando la marmellata su una bella fetta di pane, anche abbrustolita sul fuoco. Pane e marmellata poteva anche essere un’ottima merenda per i bambini, ma anche pane e pomodoro o semplicemente pane e zucchero! Il dolce più famoso e popolare di tutta la tradizione pasticcera italiana resta senza dubbio la crostata. Dolce “povero”, fu incluso ben presto nei dessert preferiti dei pranzi di corte e nel 1699 entrò ufficialmente come termine nel vocabolario dell’Accademia della Crusca. Nel passato come oggi il modo migliore per farcire una crostata è la confettura di frutta, qualsiasi essa sia!
Le more, passione casentinese Un cenno a parte in Casentino merita sicuramente la marmellata di more, estremamente impegnativa anche nella preparazione perché la mora avendo i semi doveva essere passata più volte nel passatutto. Anche la raccolta delle more era un evento che coinvolgeva grandi e piccini. I raccoglitori di more partivano generalmente per le selve o la “macchia” con un paniere capiente di vimini. Frutto delizioso dei rovi, la mora non si lasciava cogliere facilmente e per questo ci voleva un’attenzione particolare a non pungersi con le spine. Quando si “andava a more” era una vera e propria spedizione e non di rado quando ci fossero stati i bambini era un’ottima occasione per restare a mangiare fuori per un picnic improvvisato sotto la refrigerante ombra di qualche albero maestoso. La mora è un frutto prezioso anche da consumare fresca, essa è infatti ricca di antiossidanti e, soprattutto d’estate per il retrogusto asprigno, è un frutto estremamente refrigerante.
Qualsiasi marmellata farete non dimenticatevi mai la “prova del piattino” delle nostre nonne: a fine cottura prendete un cucchiaino di marmellata e appoggiatela su un piattino di ceramica, se la densità sarà quella giusta, il liquido rimarrà compatto e non si espanderà per tutta la superficie del piatto!