Si inaugurerà sabato 16 dicembre alle ore 18 presso la Piccola Galleria Fotografica Parentesi nel centro storico di Bibbiena, la tradizionale mostra di Natale dei soci del Club Fotografico Avis che quest’anno hanno scritto, cole le loro opere, una letterina a Santa Claus. Gli Autori in mostra sono: Marco Acciai, Patrizio Alberti, Elena Agnoletti, Alessandro Bartolini, Cristiano Bartolini, Giacomo Bartolini, Andrea Conti, Francesca Donatelli, Stefano Fabrizi, Mauro Galligani, Lucia Gennellini, Pamela Gerbi, Federico Ghelli, Enrico Gori, Mauro Magrini, Elisa Mariotti, Nino Migliori, Luca Nassini, Roberto Rossi, Welt kollektive (Donato Monaco e Annalisa Castorri).
Piero Baracchi interpreta Dino Campana
Immaginate il genio di Dino Canpana, uno dei maggiori poeti italiani del Novecento passeggiare, nella notte che precede il Santo Natale, per i borghi di Bibbiena, di cui ha scritto e in cui ha pure soggiornato. Lo immaginiamo vagabondo, pieno dei suoi versi maledetti, forse libero ormai dalla sua pazzia e dalle sofferenze. Solo genio puro. Immaginiamo che questo genio “maledetto” non sia un fantasma, ma un uomo in carne ed ossa che, pieno di vita, d’amore, e di follia, recita le sue poesie più struggenti, arrivando alle orecchie di tutti. Tutto questo sarà possibile grazie a Piero Baracchi attore bibbienese e maggiore interprete campaniano esistente.
Tutto vero eppure una magia assoluta. Nella notte più bella dell’anno, Piero Baracchi declamerà le liriche più belle del genio di Marradi affacciato dalla finestra di Palazzo Niccolini. Le sue parole arriveranno ovunque, accompagneranno i passi dei viaggiatori, i nostri cuori che si preparano alla festa, le teste piene di paure per l’avvenire eppure liete nell’attesa del giorno di festa. Tutto ciò sarà possibile grazie ad un impianto di filodiffusione che porterà la sua vibrante voce nelle strade, nelle piazze, negli angoli illuminati, ma anche in quelli più bui del centro storico, entrerà nelle case, nei locali caldi, tra un bicchiere di vino, un pacco regalo e le corse dei bambini sulle lastre di Piazza Grande.
Il 24 Dicembre alle ore 17 e alle ore 22,15, Piero Baracchi recitera’ i Canti Orfici, reciterà la rabbia e l’amore, si farà carne di un altro uomo, diventerà la sua voce e il suo cuore di ragazzo ribelle.
Grazie all’idea dello stesso attore bibbienese e si creerà un momento di cultura altissimo, ma anche uno spazio di emozione vera anche per quel pubblico che solitamente non frequenta il teatro. L’amplificazione a tutto il centro creerà un sottofondo “poetico – musicale” di grande impatto sentimentale. L’arte di concentrare una sola vibrante intuizione in versi purissimi – per potervi mettere dentro tutta l’angoscia dell’uomo moderno, quell’angoscia che nessuno aveva ancora avuto il coraggio di mettere a nudo in modo tanto spietato (e pagando con la vita la sua arte), verrà resa alla portata di tutto e di tutto. Quella di Piero Baracchi sarà infatti una performance che farà vivere i luoghi oltre che emozionare le persone che non saranno sedute come in un teatro, ma saranno in cammino… come è stato, per tutta la sua breve e intensa vita, lo stesso Dino Campana.
Dino Campana, nato nella vicina Marradi fu e rimane un esiliato, nessuno lo ha mai imbrigliato neppure le catalogazioni. Parimenti Piero Baracchi rappresenta il vero modello di uomo “sopra le righe”, in perenne ricerca di se stesso, di un senso più alto della vita, della bellezza assoluta della parola. Nessuno potrebbe interpretare meglio il genio sofferente di Dino Campana, nessuno potrebbe dare voce alla sua anima meglio di Piero, vestito di nero, come un anima vagabonda.
Il 24 di Dicembre assisteremo senz’altro ad una magia.
PIERO BARACCHI Nasce a Bibbiena (Ar) l’8/04/62. Inizia la carriera di attore alla scuola di Carlo Cirri a Firenze, quindi entra al Piccolo Teatro di Arezzo dove si diploma. Ha lavorato con numerosi registri teatrali e cinematografici tra cui Albertazzi, Viviani, Clementi, Falcone, Orazi, Pedullà, Valenti, Garbuglia, Tenti, Milleri, Giorgetti.
MAGGIORI LAVORI: “94 Interpreta Macheat nella 1° nazionale della “Opera da tre soldi” di Brecht con la regia di Antonio Viviani. “95 Compie la sua prima regia : “Cori Orfici”, spettacolo visionario con una corale dei “Canti orfici” campaniani. Lo spettacolo viene scelto dalla Regione Toscana per le Celebrazioni Savonaroliane. “96 E’ protagonista del monologo “Il freddo” dall’omonimo romanzo di Thomas Bernhard, con la regia di Livio Valenti, prodotto dalla N.A.T.A. Presentato nel “97 al “Volterrateatro” e secondo premio assoluto nel “98 al “Festival nazionale teatri in scatola” di Bologna. Dal 1996 al 2013 dirige la scuola di teatro a Bibbiena al Teatro Dovizi . Lavora con Gabriele Lavia e Monica Guerritore in “Conoscere l’amore”. “97 Con il Cantiere Internazionale di Montepulciano nasce la sua seconda regia, coautore con Alessandra Aricò, dal titolo “Dissolvenze”, spettacolo di parola, musica e danza. “98 Nasce il suo secondo monologo (autore del testo assieme a Livio Valenti e con i preziosi consigli di Vincenzo Cerami) dal titolo “Ninna nanna Shakespeare” e la regia dello stesso Valenti, prodotto dalla N.A.T.A. Spettacolo inserito nel palinsesto della Fondazione Toscana Spettacolo. E’ direttore artistico e regista della rassegna di teatro poesia “I percorsi della follia” a Stia (Ar). Lavora con il celebre complesso “The golden gospel singers” diretto dal mitico Bob Singleton. 2000 E’ protagonista del monologo “Schifo” di Robert Schneider, la storia di un extracomunitario venditore di rose, con la regia di Livio Valenti, prodotto dalla N.A.T.A. dove debutta al Festival di atti unici di Città di Castello, direttore artistico Davide Riondino. Dal 2005 porta in scena “Quel viaggio che chiamavamo amore” recital su Dino Campana che lo conferma come il più valido interprete del poeta di Marradi esistente. Nel 2010 porta in scena con Riccardo Goretti e la regia di Alessandra Arico’ “Twice” un testo sulle dinamiche pubblicitarie e l’alienazione dell’uomo moderno. Nel 2012 assieme ad Alessandra Arico’ va in scena con “MODERN” tre atti su testi di Bechett, Mamet, Pinter.
L’insostenibile leggerezza dello Stia-Firenze
Stamani è partita la prima corsa del mitico treno (se ne parla “solo” dal 2009…) Stia-Firenze! Non se ne accorto nessuno e ci sono stati già molti intoppi, ma può succedere. Ce l’abbiamo fatta, dirà qualche entusiasta. Però, dal Casentino direttamente a Firenze, figo, esclamerà qualcun’altro. Purtroppo noi siamo badalischi e dalla nostra prospettiva strisciante, vediamo sempre le cose in un modo diverso. D’altra parte, come si dice, il lavoro sporco qualcuno lo deve fare.
Ora, “l’unica” corsa del mitico treno parte da Pratovecchio Stia alle 6,57 e arriva a Firenze SMN alle 9,27, per ripartire… No, non riparte, il ritorno non c’è, si fa come prima. Ah, un’altra cosa, è previsto solo dal lunedì al venerdì…
La montagna ha partorito il topolino? Ancora una volta il Nulla (un po’ come per le ciclopiste) è stato spacciato per mirabolante conquista? E’ un grande traguardo o l’ennesima presa per il culo, solo qualcosa di superfluo che non cambia di una mezza virgola la mobilità casentinese e la fatica quotidiana dei pendolari? Guardando gli orari e i treni attuali, cambiando ad Arezzo, ci si metteva e ci si mette meno delle due ore e mezzo preventivate, e allora?
Insomma, per noi badalischi, che forse non facciamo testo, era meglio spendere questi soldi (quanto è costata tutta questa mega operazione? Approfondiremo) e queste energie in qualche altro segmento della disastrata viabilità casentinese, ma comunque, via, meglio uno Stia-Firenze che nulla.
Almeno qualcuno può costruirci un’altra campagna elettorale.
Il Badalischio
La copertina del nr. 284 (luglio 2017) di CASENTINO2000. Elaborazione grafica satirica Fruska su una famosa sequenza del film “Amici miei” (1975)
Sanità: luci e ombre
di Melissa Frulloni – Intervista esclusiva a Enrico Rossi e Stefano Mugnai: due punti di vista opposti sulla sanità toscana e casentinese. L’intervista doppia delle Iene ormai è diventata un cult! Negli anni le loro terribili e incalzanti domande hanno colpito proprio tutti, mostrandoci sempre i due lati di una stessa medaglia, con temi tanto irriverenti quanto forti, che davanti alla telecamera hanno messo a nudo chiunque.
Guardandoci intorno nella nostra vallata, in questo ancora assolato fine ottobre, anche noi abbiamo voluto porre le stesse domande, su uno specifico tema, a due politici completamente diversi che, pur da lontano, sono direttamente coinvolti nelle vicende casentinesi, due personaggi molto influenti per quel che riguarda le scelte del nostro territorio.
Stiamo parlando del Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi e di Stefano Mugnai, Capogruppo di Forza Italia e Vicepresidente della Commissione sanità del Consiglio regionale della Toscana.
Nella nostra personalissima intervista doppia abbiamo scelto di interrogarli su un tema su cui non ci stanchiamo mai di accendere i riflettori e in particolare di domandarci se le scelte che sono state fatte siano giuste o meno.
A costo di sembrare ripetitivi (non ci importa niente vista l’importanza del tema!) torniamo ancora a parlare di sanità e lo facciamo ancora perché ci sembra che la volontà di appiattire la discussione su questa questione sia tanta, mentre manca totalmente la forza (ormai tutta dei cittadini, i nostri sindaci ci hanno abbandonato da un po’!) di fare qualcosa per cambiare davvero le cose. La rassegnazione che tutto sia immutabile è tanta e con l’arrivo dell’inverno e del freddo casentinese, sarà ancora più dura lottare, ritrovarsi e decidere come riprenderci il nostro diritto alla salute.
La nostra intervista doppia quindi si giocherà soprattutto sulla sanità casentinese, e su quella toscana, sulla “salute” e il futuro del nostro ospedale, sul punto nascita ormai chiuso… Su noi utenti che, anche per avere un’assistenza sanitaria adeguata, combattiamo ogni giorno con la stradina (ora potenziata con la grande opera di Santa Mama (?!) e con i tornanti della Consuma, cercando di raggiungere l’Ospedale attrezzato e completo (con la O maiuscola) più vicino…
Mugnai da un lato e Rossi dall’altro (mettiamolo pure a sinistra…); la nostra intervista doppia può cominciare.
Quale è oggi lo “stato di salute” della sanità toscana?
Rossi: «Ogni ricerca effettuata, ogni comparazione tra i sistemi regionali delle regioni italiane, conferma la sanità toscana come eccellenza nazionale. Non siamo perfetti, e siamo consapevoli di tanti difetti. È evidente però che l’impianto organizzativo e la qualità dei nostri professionisti consente alla Toscana di continuare a primeggiare nel panorama delle regioni italiane. Anche la nostra riforma sanitaria, che abbiamo chiamato “rivoluzione della qualità”, approvata nel 2015 e la cui implementazione è iniziata nel 2016, ha cominciato a dare frutti positivi. Su questa strada dobbiamo andare avanti speditamente, con il passo giusto di chi è convinto che la qualità dei servizi erogati è strettamente connessa al miglior uso delle risorse.»
Mugnai: «É quello che quotidianamente toccano con mano tutti i cittadini che hanno la ventura di aver bisogno di accedere ai servizi di assistenza e cura, fatto di liste d’attesa esagerate, pronto soccorso che traboccano, servizi tagliati negli ospedali mentre quelli territoriali – che dovevano essere potenziati – non lo sono stati affatto. É il portato di una riforma sanitaria finalizzata, anziché a tagliare gli sprechi legati ad apparati e burocrazie, a tagliare ad esempio i posti letto. Ovvio: chi la sconta per primo sono i piccoli ospedali come quello di Bibbiena…
Tra l’altro si tratta di una riforma che la maggioranza ha fatto, abrogato e poi rifatto in spregio a un referendum a cui proprio il Casentino aveva fornito un importantissimo contributo. Noi l’abbiamo sempre sostenuto. Siamo quelli della prima ora. Adesso, però, le voci critiche si levano anche da insospettabili: sindaci del Pd che rispondono agli interessi dei cittadini e non a quelli del partito, ad esempio; e addirittura il dottor Panti, vicino a Rossi, per anni presidente dell’Ordine dei Medici e uomo chiave del sistema sanitario; per non parlare di operatori e pazienti.
Con in più il paradosso: tutto questo riformare mirava a mettere in sicurezza i conti della sanità evitando che il fallimento politico di Rossi divenisse conclamato. Ebbene: il 22 settembre scorso dalla giunta regionale è partita all’indirizzo dei vertici della sanità una mail che impone il blocco delle assunzioni di personale dipendente, convenzionato e anche interinale da qui a fine anno altrimenti saltano i bilanci. Naturalmente tutto questo non fa che acuire le situazioni di disagio.»
Parlando di Casentino, secondo lei quale è il futuro più realistico per l’ospedale di Bibbiena?
Rossi: «L’ospedale, come abbiamo ribadito più volte e come spero ormai tutti abbiano ben compreso, non chiuderà. Anzi, con la firma dell’anno scorso del patto territoriale fra i Sindaci del Casentino e la Asl, si sono poste le basi per uno sviluppo della sanità, al passo con le esigenze dei cittadini. La riorganizzazione parte dalla lettura dei bisogni sanitari della popolazione, che vede un’ampia presenza di adulti ed una bassa natalità. L’offerta dei servizi territoriali ed ospedalieri sarà mantenuta ed anzi potenziata per quanto riguarda pronto soccorso, chirurgia e rete dell’emergenza territoriale. Le attività dell’Ospedale di Bibbiena, come si è visto in questi ultimi mesi, sono in crescita sotto molti profili: potenziamento delle attività sia di chirurgia generale che di chirurgia ginecologica con introduzione di nuove attività; incremento di quelle esistenti con aumento del numero di interventi. Potenziamento dell’attività diagnostica ginecologica, delle attività pediatriche ospedaliere e dell’ambulatorio allergologico, ed attivazione dell’ambulatorio pneumologico pediatrico. Sviluppo dei day service in collaborazione con i medici di famiglia, ecc.»
Mugnai: «Realistico dipende. Dipende da chi governa. Se continuerà a toccare a questa sinistra, il futuro più realistico è tragico e l’ospedale si ritroverà ad essere poco più o poco meno di un poliambulatorio. Perché c’è poco da fare: la responsabilità è di chi ha l’autorità delle scelte di politica sanitaria. Finché ci saranno il Pd, Rossi o chi per loro proseguirà per forza d’inerzia il cammino avviato verso il baratro. Però in Toscana gli equilibri politici stanno cambiando. Se fossimo chiamati noi a governare, i cittadini lo sanno: per noi il territorio è fondamentale e altrettanto imprescindibile è per noi garantire omogeneità nelle capacità di accesso alle cure per tutti ovunque. Non solo a Firenze, Siena e Pisa come avviene adesso.»
Di recente è stato chiuso il punto nascita, ma era davvero necessaria la sua chiusura? La volontà politica contraria dei sindaci avrebbe potuto cambiare le cose? Quale è stata la posizione della Regione in questa vicenda?
Rossi: «Per quanto riguarda la chiusura del punto nascita di Bibbiena, innanzitutto vorrei premettere che le linee guida internazionali indicano la soglia di 1.000 nascite l’anno quale limite di sicurezza per offrire le massime garanzie per la salute delle donne e dei bambini; cosa difficile in strutture sottodimensionate che non possono garantire ostetriche, ginecologi, pediatri ed anestesisti presenti 24 ore su 24. I numeri dicono che quasi la metà delle strutture sanitarie italiane è sotto questa soglia e il Ministero della Salute ha chiesto alle Regioni di adeguarsi indicando in 500 il numero minimo di nascite. I centri nascita più grandi, come si può facilmente capire, offrono garanzie maggiori a madre e bambino: più personale, più attrezzature, più formazione continua. La riorganizzazione del percorso nascita, quindi, è stata pensata garantendo la piena e completa presa in carico della gravidanza da parte dei servizi di zona, ad eccezione del solo momento del parto, che avverrà presso l’ospedale provinciale di Arezzo.»
Mugnai: «In sette anni che mi occupo di sanità in Consiglio regionale della Toscana io una cosa l’ho capita: la politica di lungo periodo della Regione è chiudere gli ospedali come quello di Bibbiena. Mica di punto in bianco con delibera. No no: chiuderli per asfissia, praticando lentamente una politica del carciofo che sfoglia e sfila un servizio dopo l’altro, così da sbriciolare la contestazione e minimizzare i fatti. C’è un unico modo per difendere questi ospedali, ed è la voce dei cittadini levata attraverso i loro rappresentanti territoriali. Mai visto in questi anni la Regione chiudere o tagliare qualcosa contro la volontà manifesta dei sindaci del territorio. Ora: su Bibbiena il problema non è solo quello del punto nascita. Quel presidio viene lentamente svuotato di contenuti in termini di offerta sanitaria. Deve essere garantito un pronto soccorso in grado di stabilizzare le emergenze, ma bisogna far sì che complessivamente l’ospedale non sia tale solo sulla targhetta del citofono. A nostro avviso gli ospedali come quello di Bibbiena si salvano, e anzi si valorizzano, individuando in ciascuno di essi una vocazione specifica di eccellenza regionale su un segmento dell’offerta sanitaria per poi, attorno a quella, incardinare i servizi rivolti a tutti i territori e a tutti i cittadini toscani.»
Molti ritengono che la sanità toscana stia andando sempre più verso il “modello americano” con privatizzazioni soprattutto a favore di cooperative, assicurazioni e associazioni di volontariato. Lei cosa ne pensa?
Rossi: «É una sciocchezza. Le nostre scelte tutelano, pur nelle difficoltà derivanti dai tagli governativi degli ultimi anni, l’appropriatezza e la sicurezza degli interventi sanitari, la risposta al bisogno e l’equità dell’accesso alle prestazioni. L’obiettivo della nostra riforma è quello di offrire un’assistenza migliore ai cittadini toscani, sicura e di alta qualità. Il tema della sostenibilità in sanità è un dovere che accomuna cittadini, amministratori e operatori, e ci obbliga, inevitabilmente, alla corretta gestione delle risorse umane, finanziare ed organizzative.
È chiaro però che, se proseguiamo sulla strada che da alcuni anni il Paese sembra aver preso, ad esempio con la decontribuzione per le mutue integrative, il servizio sanitario nazionale continuerà a perdere finanziamenti. Tutto questo produrrà diseguaglianze tra i cittadini, e persino situazioni di conflitto. E le categorie più deboli saranno peggio assistite e più vulnerabili. Già oggi più di 11 milioni di persone rinunciano alle cure, la spesa sanitaria è ferma al 2011, manca il personale e non si rinnovano i contratti. L’Italia è ormai sotto la media europea e al di sotto della soglia del 6,5% del PIl, una cifra che per l’OMS comporta il rischio di regresso nella speranza di vita. È ora di cambiare. È un sistema iniquo che non rinuncerò a combattere e che in Toscana, per quanto rientra nelle competenze regionali, non avrà vita facile.»
Mugnai: «Eh sì purtroppo credo proprio che questo sia il disegno strategico di Rossi e che sia a favore di alcune assicurazioni, una in particolare. E per noi è inaccettabile. Il problema non è privatizzare: in Lombardia, per esempio, la sanità funziona benissimo grazie a un sistema di convenzioni che consente un accesso al servizio degno di chiamarsi tale per tutti i cittadini in maniera omogenea. Dunque, ripeto, il punto non è la privatizzazione. Il punto è che qui in Toscana l’apparato è pesantissimo, e il sistema viene continuamente stressato per l’impossibilità di fornire risposte adeguate al bisogno di salute. Alla fine, in sanità, l’importante è che il servizio al cittadino arrivi. Ecco: qui non arriva. O almeno, arriva secondo una traiettoria che persegue quello che si dice il “modello americano”.
Già ora è in parte così, perché il combinato disposto tra liste di attesa infinite, ticket esorbitanti e intramoenia di fatto costringe il cittadino a pagare o a dotarsi di polizza. Pensiamoci. In Toscana abbiamo i ticket più alti d’Italia, quando in realtà il ticket nasce col concetto dell’euro nel carrello del supermercato: un deterrente per evitare che il cittadino non si comporti in maniera civile facendosi prescrivere di tutto e di più, magari senza averne una reale necessità ma solo per il fatto che tanto è gratis. In questo senso il ticket è pensato per essere, se non simbolico, per lo meno diciamo tarato sul basso. Perché non ce lo dimentichiamo: per accedere al servizio sanitario il cittadino paga già le tasse. E allora: paga le tasse, paga in Toscana un ticket altissimo e per cosa? Per sentirsi dire che la prestazione la otterrà dopo 18 mesi di attesa che però in intramoenia, pagando, possono diventare 18 ore. Ovvio: chi può si attrezza. Così per i bilanci delle Asl quegli introiti della libera professione si sommano ai mancati investimenti per abbattere le liste di attesa.
Ecco qui, dunque: il combinato disposto lungo cui opera la sanità toscana sta già determinando la condizione per cui per curarsi la gente deve pagare o attivare una polizza. Chi può, però. E gli altri? Un dato negli ultimi mesi mi ha colpito, ed è quello registrato dal Rapporto Osservasalute 2016, presentato nell’aprile scorso: per la prima volta dopo anni in Italia, al 2015, la speranza di vita alla nascita è più bassa di 0,2 anni negli uomini e di 0,4 anni nelle donne rispetto al 2014. Questo accade proprio perché la gente rinuncia a curarsi e fare prevenzione. E fa specie che Rossi, proprio Rossi, quando deve fare il demagogo di sinistra nella sua eterna tournée in giro per l’Italia rilasci interviste come quella a La Stampa di qualche settimana fa dove parla di una sanità pubblica sempre più in ginocchio a furia di tagli, e quando invece torna in Toscana ripeta ossessivamente la favola della sanità perfetta proprio mentre impugna cesoie e taglia servizi, posti letto e personale sanitario come se non ci fosse un domani». Come nei migliori talk show americani, alla vigilia delle elezioni presidenziali, nella nostra intervista doppia abbiamo potuto leggere due posizioni opposte, contrastanti tra loro, una che va a difesa del sistema sanitario toscano e l’altra che lo attacca, in un ping-pong di risposte che ci fanno vedere il problema da due diverse visuali.
Sotto a queste parti e al dibattito ci siamo noi cittadini a cui, ormai da troppo tempo, fanno bere la balla che tutto è già stato deciso e che ogni cosa che ci piove dall’alto ce la dobbiamo bere come oro colato. Siamo noi che viviamo ogni giorno nel nostro sistema sanitario, nel nostro Ospedale, nel nostro (ex) punto nascita e dobbiamo fare i conti con liste interminabili e l’impossibilità di curarsi senza un adeguato portafoglio. Leggendo queste due posizioni quindi ognuno potrà farsi la sua idea, con la consapevolezza che siamo noi a vivere ogni giorno nel nostro sistema sanitario…
(tratto da CASENTINO2000 | n. 288 | Novembre 2017)
Un Mondo a Parte
testo e foto di Andrea Barghi – C’è! C’è un luogo dove possiamo ritrovare noi stessi, è in un posto dove l’Uomo moderno sottovaluta le belle cose della vita. Questo luogo è il Cuore.
È come un Mondo a Parte. Pensiamo all’inverno, un luogo naturale che può essere identificato come il Mondo a Parte della natura. D’inverno lentamente la nuova neve s’insinua tra gli alberi ricoprendo il sottobosco. Il silenzio ovattato permea tra fronde e rami acquietando gli animi. È il momento della riflessione. Gli alberi ammutoliscono mentre il vento s’appresta a rivestirli di calaverna formando figure antiche e ancestrali. Come in un Mondo a Parte la quiete domina incontrastata tra gli antichi testimoni, incurante dei mali che affliggono questo torno di tempo, burrascoso e caotico, dove i sentimenti lasciano spazio ad arroganti figure che mutano l’evolversi degli eventi con violenza e potere.
Essa dà vita ad atmosfere sensibili ad ogni aspetto e forma che l’antica foresta va dipingendo, rivestendola d’un candido, puro e trasparentissimo colore. Non è così è dentro il cuore dell’uomo, un uomo che non ascolta le proprie sensazioni e le proprie emozioni…
Mentre nel Mondo a Parte, il tintinnio dei rami ghiacciati suona a festa alleviando l’attesa della primavera ancora lontana. Gli antichi e vetusti alberi sanno che un giorno, puntuale come sempre, essa tornerà, irradiando con i suoi raggi dorati le antiche selve. Ma adesso tutto tace nell’immensità del Mondo a Parte, tutto è pace.
L’inverno è in arrivo, si presenterà solennemente sulle cime dei monti e rivestendo con il suo candido manto, boschi e foreste, raggiungerà le valli invadendo laghi e fiumi.
Non c’è da preoccuparsi, è il periodo del riposo, il periodo della riflessione quando luci colorate e variopinte danno vita a momenti intimi con i nostri cari, che riuniti attorno al fuoco raccontano di un tempo che fu, dove l’armonia, la bellezza, il rispetto e la spensieratezza avvolgevano con poesia la loro giovinezza.
È quindi il momento di aprire a noi stessi il nostro cuore e non abbandonare la speranza, ma continuare lottando per far riemergere l’ottimismo e la gioia di vivere.
Entriamo in questo Mondo a Parte!
Ci permetterà di ricongiungerci con noi stessi, facendoci capire il vero valore della vita.
Distretto sanitario senza Arezzo, Casentino con la Valtiberina
“Abbiamo vinto una battaglia importante difendendo la nostra autonomia e dimostrando che le zone distretto e più in generale la riforma della sanità voluta dal PD erano sbagliate”. Così il Capogruppo di Forza Italia Stefano Mugnai, Vice Presidente della Commissione Sanità, commenta l’impegno assunto dall’Assessore Saccardi di permettere ad Arezzo di avere una propria ed autonoma zona distretto dopo l’accorpamento con le preesistenti zone della Valtiberina e del Casentino.
“Noi crediamo che sia importante mantenere i servizi sui territori, riconoscendone le peculiarità e le esigenze. In questa prospettiva bene ha fatto la Amministrazione Comunale di Arezzo a chiedere con forza quanto oggi l’Assessore Saccardi ha promesso. L’accorpamento con Casentino e Valtiberina ha creato una zona distretto “monstre”, sia per popolazione che per estensione territoriale”. Un problema, questo, sollevato da Mugnai ai tempi dell’approvazione delle nuove zone distretto così come previste dalla riforma sanitaria e ribadito nelle settimane scorse: “Certo, adesso che Arezzo tornerà alla sua legittima autonomia diventa difficile comprendere come si possa permettere la continuazione dell’esistenza di una zona distretto comprendente due territori, il Casentino e la Valtiberina, che, per quanto attigui, sono mal collegati fra loro ed hanno specificità assolutamente distinte. E’ proprio vero che la riforma della sanità voluta dal PD è stata fatta con i piedi”. Una battaglia che ora il Capogruppo di Forza Italia continuerà a combattere in Regione: “Noi vigileremo affinchè l’odierna affermazione dell’Assessore Saccardi, riguardante l’autonomia della zona distretto di Arezzo, trovi prontamente riscontro in atti ufficiali che vengano portati ed approvati in Consiglio Regionale”.
Centro storico Bibbiena: “il balletto dei birilli servirà a poco”
La nuova regolamentazione della circolazione e dei parcheggi, con la creazione di una isola pedonale in Piazza Tarlati, massa in atto dalla Giunta Bernardini non ha prodotto effetti positivi per il centro storico di Bibbiena. Pressoché niente è stato fatto per il mantenimento della filiale della banca. Con l’ufficio postale a rischio e il trasferimento del Comune alla scuola elementare sarà ultimato il percorso di annientamento del tessuto commerciale dentro le mura. E il balletto di birilli, dissuasori e parcheggi, ancora in corso in Piazza Grande, servirà a poco.
Era necessario declinare alcuni obiettivi strategici di questa iniziativa, condivisibili, con la mitigazione delle criticità conseguenti. Come non apprezzare il tentativo di valorizzazione paesaggistica di Piazza Tarlati, la sicurezza della mobilità pedonale, la qualità ambientale e la riduzione dell’inquinamento acustico e atmosferico.
Ma allo stesso tempo come non tenere in considerazione l’impatto sulle attività commerciali e direzionali esistenti, la fruibilità turistica nelle stagioni avverse, la limitazione degli spazi di parcheggio, la garanzia del rispetto delle prescrizioni introdotte, gli effetti delle limitazioni fisiche e temporali al parcheggio, la mobilità dei soggetti portatori handicap, i problemi di manovra per gli autoveicoli, la concertazione preventiva con le categorie economiche, la disciplina dei requisiti dei soggetti residenti e domiciliati.
La maggiore superficialità, poi, è stata manifestata nell’assenza di una regolamentazione stagionale suddivisa tra estate ed inverno, e magari anche settimanale, articolata tra festivi e feriali. Altrettanto improvvisata è stata la mancata realizzazione dell’arredo urbano di Piazza Tarlati e degli altri slarghi, fatta eccezione per alcuni pregevoli allestimenti fotografici. E’ stata sottovalutata anche la opportunità di introdurre con gradualità la nuova disciplina. Grave è l’anarchia derivante dalla totale assenza di controlli serali.
Per fortuna le scelte sono ancora reversibili.
Il Partito Democratico di Bibbiena chiede di ripensare secondo i principi indicati le decisioni prese dalla Giunta Bernardini, a partire dalla preliminare valorizzazione degli spazi urbani, dalla revisione del disco orario nel parcheggio delle scuole medie – San Francesco, dal ripristino del doppio senso nel tratto sotto le mura di via Rosa Scoti, fino alla Porta De’ Fabbri. Chiede altresì di eliminare la permanente totale promiscuità della zona a traffico limitato e di potenziare il parcheggio adiacente alla scuola media. Segnala anche la possibilità di introdurre un servizio di trasporto pubblico a mezzo di navetta dai principali parcheggi fuori le mura al centro storico, da attivare nei giorni festivi e in occasione di manifestazioni rilevanti. Esige, infine, che le regole introdotte siano fatte rispettare, per tutti.
PD – Circolo di Bibbiena
Sindaci, perchè non vi dimettete tutti?
Essere di destra o di sinistra è un valore o una complicazione? Difendere un punto nascita e la natalità è una battaglia di destra o di sinistra? Rivendicare il diritto ad esistere per una vallata ricca di tesori qual’è il Casentino (vera medicina contro lo spopolamento), farlo attraverso politiche condivise semplici semplici (non occorre di un piano Marshall) è di destra o di sinistra? Ma ecco che faccio sempre più fatica a comprendere certi sindaci, loro sì che di consenso misurato in voti ne avevano, che nel timore di disturbare qualcuno che nemmeno li “caca” per striscio lassù in alto (a giudicare quaggiù di certi risultati politici), non esprimono mai pubblicamente la loro idea mugugnata tante volte a difesa di interessi strategici trasversali. Mai una volta che questi amministratori si alzino dal tavolo per dire tutti in coro (UNITI) ci volete distruggere? Fatelo, ma senza di noi. Avere il coraggio di rassegnare le dimissioni, è di destra o di sinistra?
Enrico Lettig, Capogruppo Lista Civica Poppi Libera