di Fiorenzo Rossetti – Finalmente è arrivata l’estate e con essa il tempo del riposo, della spensieratezza e delle vacanze. I tempi del Covid (fortunatamente) sono lontani e l’illusione dell’eldorado del turismo nelle aree montane e protette è tramontata. Eppure, c’è stato chi, dei Parchi, aveva aperto (spalancato) le porte al turismo di massa, non curandosi troppo delle conseguenze che questo avrebbe creato sui beni naturali e ambientali. Italia, ogni anno, si contano mediamente circa 30 milioni di presenze legate al turismo naturalistico e il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi ne rappresenta una meta importante.
L’estate però è un periodo in cui la scelta turistica ricade su mete classiche, con il mare, scelto da oltre l’80% degli italiani. Seguono la montagna, scelta dall’oltre 8%, e il rimanente rappresentato dalle città d’arte. Negli ultimi dieci anni l’amministrazione del Parco ha investito le proprie risorse umane, politiche e finanziarie per fare crescere la presenza turistica in questa area protetta. Possiamo affermare che è stata la vera mission di questi due mandati presidenziali. Come avevo già evidenziato in un articolo di qualche tempo fa, dati alla mano delle presenze turistiche nelle aree interessate del territorio del Parco, si delineavano più ombre che luci.
Non confondiamo la presenza giornaliera di chi sale al Parco per farsi una passeggiata e consuma un caffè, con il turismo vero e proprio, quello che viene certificato dal numero dei pernottamenti degli ospiti nelle strutture ricettive. Se analizziamo i dati ufficiali del 2023 della domanda turistica negli esercizi ricettivi dei comuni appenninici della provincia di Forlì-Cesena (tutti quindi collegabili all’area Parco) si nota che i pernottamenti di turisti italiani sono stati 639.664 (1,6% in meno rispetto al 2019) e 83.141 i turisti stranieri (21,8 % in meno rispetto al 2019). Per farla breve il turismo nei territori afferenti al Parco Nazionale (lato Romagnolo) nel 2023 ha perso un 4,4% di presenza turistica. Se si osservano i trend sul comparto turistico di riferimento per la Regione Toscana, si nota, se compariamo i dati dal 2012, una leggera flessione delle presenze turistiche.
Nonostante tutta questa attenzione per incrementare la presenza turistica nel Parco, i risultati non sono certo eccezionali. Mi aspetto ora, similmente a quanto avvenne successivamente all’uscita dello scorso articolo che feci sul medesimo tema, che qualcuno si affanni a pubblicare una replica per portare una verità diversa, dati differenti e altre considerazioni per dimostrare che i dati ufficiali della presenza turistica, redatte dalle due Regioni coinvolte, non sono allineate a quanto risulta con altri sistemi di conteggio. Sono dell’avviso che innanzitutto occorre comprendere i reali motivi di questo andamento turistico.
Un dato ci può aiutare: i parchi italiani ospitano nei propri territori circa il 20,2% degli esercizi ricettivi totali e il 24,5% dei posti letto totali del territorio italiano. Un bel numero tutto sommato! È oggettivo, facilmente desumibile, riscontrare che le strutture turistiche nel Parco (e aree limitrofe) soffrono nell’aspetto e nella sostanza degli anni che sono trascorsi. Molto spesso sono immobili datati, con arredamenti vetusti e conduzioni che offrono menù e trattamenti rimasti agli Anni ’70. Il prezzo no; quello è salito! Il confronto con le altre realtà ricettive turistiche, che operano nel medesimo sistema territoriale italiano (della collina-montagna-parco), mette dunque, fortemente in crisi il settore turistico tosco-romagnolo afferente all’area del Parco delle Foreste Casentinesi.
Continuare a investire sulla promozione turistica del Parco in questa maniera, equivale a cambiare le gomme ad un rottame di automobile per aiutarla ad andare più veloce. Non serve a nulla o quasi. Sarebbe più ragionevole creare le occasioni affinché gli operatori turistici possano accedere a risorse finanziarie pubbliche per ammodernare (o creare) le proprie strutture di accoglienza. Ma anche operare politiche per catalizzare l’attenzione di investitori privati disposti a utilizzare risorse economiche per far crescere le strutture e portarle in linea con le esigenze del mercato.
In tutto questo un Parco è titolato e competente a rivestire il ruolo di promotore, coordinatore e catalizzatore di questo processo; una funzione in grado di interagire con enti e privati, per lo svecchiamento del patrimonio infrastrutturale turistico e l’attuazione di una strategia per il rilancio del territorio e della sua competitività legata all’economia che viene dal turismo. Quello verde mi raccomando!
(L’ALTRO PARCO Sguardi oltre il crinale è una rubrica di Fiorenzo Rossetti)