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venerdì, 26 Aprile 2024

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Ricordando il “Vecchio Cinema Dante”

di Monica Prati – “Prima o poi arriva un tempo che parlare o stare muti è la stessa cosa. E allora è meglio stare zitti.” Recitava così il protagonista del grande film di Giuseppe Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”. Sempre di cinema si parla, ma quando ci riferiamo alla nostra vallata non possiamo non volgere lo sguardo a Poppi, al “Vecchio Cinema Dante”, che nonostante sia stato considerato da generazioni intere di casentinesi un luogo di educazione, cultura, intrattenimento e crescita, sta pian piano scomparendo dal nostro territorio, dato che è già stato dato avvio alla sua demolizione…
L’amaro in bocca è rimasto a tanti, mentre la nostalgia ha colpito soprattutto chi, negli anni d’oro del cinema Dante, ha vissuto in prima persona tra i pop-corn di quelle sale.
Domenico Alvaro Vagnoli (nella foto) ha lavorato tanti anni per la famiglia Pieri, proprietaria della “sala cinematografica Dante” di Poppi. RAVENNA 039
Signor Vagnoli cosa ha rappresentato il cinema Dante per il paese e… per lei? «Il cinema per la gente del paese era tutto, perché negli anni che ho vissuto io e anche negli anni migliori del cinema a Poppi, questo era cultura, educazione, insegnamento, parlare e vedere, perché si andava al cinema per guardare quello che c’era, informati dal cartellone. Non era tanto il film in sé ma quello che c’era dietro, quindi per il paese il cinema era tutto.
Negli anni ‘70 non c’era l’orario del cinema come lo conosciamo oggi, c’era l’apertura del locale alle 15 con l’inizio della proiezione fino a sera; chi voleva vedere il film poteva venire a qualsiasi ora perché l’orario era continuato. Chi andava al cinema andava anche per imparare, quindi il cinema ha portato benefici al paese e alla gente.
Iniziai a lavorare nel cinema di Poppi nel 1968, a quel tempo la sala era anche un teatro che ha ospitato personaggi illustri dello spettacolo, della televisione, del teatro appunto. Mi ricordo che ogni volta che si apriva bisognava essere minimo in due a strappare i biglietti a controllare le persone che avevano fretta di entrare per prendere i posti, infatti questi erano limitati a circa 600, il locale quindi si riempiva subito.
La gente guardava il cartellone e diceva: “C’è uno spettacolo, bisogna andare a vederlo perché domani non ci sarà più!” E tutti volevano andare al cinema! Ho ricordi bellissimi di quel periodo, tanta gente dello spettacolo veniva al Dante, per fare alcuni esempi Orietta Berti, Patty Pravo, Adriano Celentano e via di seguito. Sono stati anni d’oro fino al ’72, ’73 poi è iniziata la crisi del cinema. Si passò dalle 14 sale che erano in Casentino a 3 locali, cinema Sole, cinema Italia, cinema Dante, tutto si ridimensionò e si discuteva della possibile fine del cinema a causa della televisione…
Personalmente il cinema l’ho vissuto non solo come un lavoro, ma come una vera e propria famiglia. Era un lavoro che mi piaceva, lo facevo volentieri. Stavo in gabina, ma ero sempre a contatto con la gente e stavo anche molto a controllare la macchina da presa quando all’inizio andavano sorvegliate mentre girava la pellicola perché c’era il rischio che si rompesse o prendesse fuoco. Dopo diverso tempo che me ne occupavo presi più confidenza e quindi potevo scendere giù al bar a servire la gente, a parlare, è stato davvero un bel lavoro! E un bel rapporto con la famiglia Pieri. Piero Pieri, Gessi Pieri e figli/e per me sono stati e restano una famiglia, non dei datori di lavoro.
Dagli anni ’80 in poi gestivo l’intero cinema, sono stati gli anni più belli della mia vita anche se lavoravo nei giorni festivi e qualche volta ero stanco, è stata lo stesso un’esperienza meravigliosa.»
Cos’è cambiato negli anni? «È cambiato tutto! Peccato che i giovani d’oggi non abbiano potuto viverlo e non sanno cos’è stato il cinema Dante in quell’epoca d’oro, peccato! Fino agli anni ’70, ’75 il cinema era cultura; l’80% delle persone veniva dalla campagna e non aveva visto niente, quindi andava al cinema per il gusto di andare al cinema, per divertirsi e vivere un momento di svago, allora non c’erano altri passatempi. Quando si proiettava un film giallo la gente alla fine usciva dalla sala chiedendosi se c’era qualcuno che aveva capito qualcosa, perché a volte non ci avevano capito niente, però l’importante era avere passato qualche ora al cinema.
Oggi il cinema è nelle mani delle grandi aziende cinematografiche americane e il film è diventato un prodotto da vendere da scambiare, che ha poco a che fare con la cultura.
Ma bisogna adeguarsi al mutare dei tempi, così negli ultimi 5, 6 anni di vita del cinema Dante, il proprietario aveva un bel progetto da realizzare, voleva ristrutturare e ingrandire le sale, avrebbe voluto acquistare il terreno adiacente al cinema per creare 3 sale, 2 all’interno del cinema e 1 accanto, in questo modo il cinema sarebbe rimasto aperto negli anni a venire. Con enorme dispiacere e rammarico non è stato possibile realizzare il progetto e non solo per motivi economici, ma anche perché il terreno adiacente è stato venduto e poi utilizzato per altri fini.»
Si ricorda qualche circostanza particolare, qualche aneddoto sul cinema?
«Un episodio che mi è rimasto impresso è stato non riconoscere il cantante Albano che è stato uno dei primi cantanti che da giovane è venuto a cantare a Poppi. Ricordo che la sera in cui doveva cantare io ero nei camerini perché il cantante avrebbe dovuto firmare gli autografi alla gente, ero stato incaricato di fare entrare una persona alla volta in camerino, nel frattempo arrivò la titolare, Gessi Pieri che mi chiamò: “Alvaro! Alvaro!” Stava parlando con un ometto un po’ più basso di me, poi mi disse: “Questo è Albano!” E io ci rimasi male perché non l’avevo riconosciuto, era proprio all’inizio della carriera, cantò diverse canzoni incantando tutti. Il non riconoscerlo mi è sempre rimasto in mente, naturalmente poi mi fu presentato, lo conobbi e fui molto contento.
In un’altra occasione, sempre verso la fine degli anni ’70 arrivò l’attore Carlo D’apporto con la sua compagnia teatrale per rappresentare una commedia dal titolo “Il visone viaggiatore”. Mi ricordo che montarono le scene, ma lo spazio non era sufficiente, gli attori e le comparse erano tanti e i camerini non contenevano tutti, allora parlando con Carlo D’apporto questi mi desse: “Una volta al Metropolitan! Una volta al Dante!” Per lui era un po’ allo stretto, ma lo spettacolo fu un successo, la gente applaudiva impazzita e sarebbe anche salita sul palco.»
Una volta chiuso che fine ha fatto tutto il materiale del cinema? «Per quanto riguarda la pubblicità cartacea, i manifesti, i cartelloni, le locandine del cinema, quelle incollate nei muri andavano distrutte, ma quelle che erano in sala venivano riconsegnate alla casa perché venivano poi riutilizzate in altri cinema. Anche le pellicole erano contate, quando un film arrivava da noi come minimo erano passati 3, 4 mesi dall’uscita nelle sale delle altre città, quindi la pellicola era già vecchia e anche la pubblicità era meno nuova.
Con il tempo tutto è cambiato, la pubblicità arrivava nuova e non veniva più restituita. Io avevo riempito una stanza di 40 mq di reclami recuperate in buono stato, avevo schedato tutto, ma in quel periodo non interessava a nessuno quel materiale così l’ho dovuto consegnare allo smaltimento della carta, venduto a peso per poco. Purtroppo il materiale accumulato nel tempo poteva diventare pericoloso, c’era molto umido nel deposito e la carta tendeva ad ammuffire e a marcire quindi nel tempo tutto è andato distrutto. Ora mi rendo conto che se avessimo tenuto tutto, avremmo venduto a collezionisti e appassionati di cinema l’intero materiale, oltretutto alcuni manifesti erano disegnati a mano ed erano dei veri capolavori artistici. Mi ricordo che tenevamo qualcosa da parte per 2, 3 persone che si sapeva venivano a chiederle, io consegnavo le chiavi e le facevo entrare nel magazzino dove prendevano quelle le cartoline che più gli piacevano.»
Alvaro ci ha raccontato delle storie preziose e la sua memoria è vero tesoro per Poppi e per tutti i casentinesi… Ma cosa pensano dell’ex cinema gli abitanti di Ponte a Poppi? Che cosa vorrebbero vedere sorgere al posto della storica sala cinematografica? Ci siamo fatti una passeggiata per la via principale del paese e le risposte sono state diverse.
Un commerciante ha detto: “Dicono che ci viene un parcheggio e io me lo auguro perché ce n’è bisogno a Ponte a Poppi, inoltre per i negozianti i parcheggi sono fondamentali, se è vero, io sarei proprio contenta, ovviamente ci vorrebbe un parcheggio senza disco orario, così le persone potrebbero lasciare l’auto per tutto il tempo necessario e a livello commerciale darebbe un contributo alla ripresa.”
Diverso il punto di vista di un genitore che invece lamenta la mancanza di un parco giochi ben attrezzato e ben tenuto: “Al posto dell’ex cinema ci vorrebbe un bel parco per bambini visto che lì c’è la casa della salute e ci sono sempre tanti bambini che nell’attesa di andare dal pediatra potrebbero giocare. Inoltre c’è anche l’asilo davanti, quindi un’area verde con tavoli e giochi sarebbe l’ideale, ci sarebbe anche più gente in giro per il paese dato che ora non c’è niente, c’è solo asfalto e strada a Ponte a Poppi.”
Secondo un’altra persona servirebbe un punto di aggregazione sociale: “Niente supermercati perché ce ne sono già tanti, dicono che lo spazio verrà utilizzato dai venditori ambulanti del martedì. A me personalmente piacerebbe un bel giardino con una fontana, o comunque qualcosa che servisse di ritrovo per tutto il Casentino, visto che quando c’era il cinema venivano bambini, ragazzi, adulti; ci vorrebbe qualcosa che nel 2017 rispecchi quello che una volta si faceva andando al cinema.”
Continuando a parlare con le persone entriamo in un bar e il titolare dice che ci vorrebbe un parcheggio, tanto le aree per bambini ci sono già, anche dietro la parrocchia è stato realizzato un campetto da calcio e dei giochi: “In piazza c’è un parcheggio con il disco orario e più di un’ora non si può stare, il martedì sarebbe utile che lo spazio venisse occupato dal mercato così sarebbe libera la piazza, mentre negli altri giorni lo spazio potrebbe essere usato come parcheggio senza disco orario.”
Infine, qualcuno ha nostalgia della piazza del Ponte che tanto tempo fa era un’isola verde con una fontana e degli alberi ombreggianti: “Mi ricordo la piazza una volta… Com’era bella! Poi è stata trasformata in un grigio parcheggio. Se vogliono asfaltare ancora non sono d’accordo, bisognerebbe fare un bel parco magari con una pista da skateboard che piace tanto ai ragazzi!”

(tratto da CASENTINO2000 | n. 288 | Novembre 2017)

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