di Anselmo Fantoni – Quando ero ragazzo io di tartufo si sentiva parlare in tv, c’era quello da prezzi stellari di Alba, poi iniziò a fare capolino il pregiato di Norcia, ci fu poi quello di San Miniato e oggi il pregiato fungo ipogeo sembra esserci un po’ dappertutto. Come sempre ci sono stati dei pionieri che hanno cavalcato la ricerca strappando anche prezzi importanti e tirando su dei bei soldini, oggi il panorama è cambiato moltissimo. Ne abbiamo parlato con B.S., si solo le iniziali, perché se cacciatori e pescatori di solito accrescono la grandezza delle prede; i fungaioli mentono sulle zone e i periodi; ebbene i tartufai sono personaggi ancora più restii a palesarsi e a parlare dell’argomento.
Un alone di magia, di riservatezza avvolge questa passione, per nessuno è un vero e proprio lavoro e gli introiti dalla raccolta sembra stiano scendendo sempre più, perché la ricerca del tartufo non è cosa semplice, innanzi tutto si parte dallo strumento principale, il cane. La razza di riferimento è il Lagotto romagnolo, ma quasi tutti i cani da caccia con ottimo fiuto sono adatti allo scopo soprattutto jack russel, bracco, spinone e pointer, per allenarli all’ardua ricerca basta abituarli fin da piccoli facendoglieli mangiare e abituarli a trovarli, prima allenandoli sotterrando pezzetti di tartufo, poi portandoli in zone ricche di questi simpatici frutti del bosco. La preparazione è lunga e laboriosa, trovare o formare un bravo cane richiede tempo e competenza, a volte si ricorre all’acquisto di esemplari già preparati e allora va messo mano al portafoglio in maniera consistente.
Tra il cane e l’uomo si instaura una vera simbiosi, ma come spesso accade per la caccia, è proprio il cane il vero cercatore, ovviamente zona e piante da visitare sono scelte dall’uomo che scruta il territorio alla ricerca di segnali indicativi, il tipo di piante, tigli, noccioli, pioppi, salici e querce tra le più gettonate, ricercando le tipiche “bruciature”, zone intorno alle piante tartufigene in cui la vegetazione appare secca o mancante. Il tartufo infatti vive in simbiosi con le radici delle piante e da questa convivenza nascono fruttuosi scambi, come spesso i vegetali ci hanno insegnato, contribuendo a creare un ecosistema che migliora la vita delle due specie e modifica anche il terreno circostante. Per cercare i tartufi si deve avere un patentino perché sbagliare alcune manovre rischia di danneggiare la tartufaia e anche le radici delle piante.
Quando il tartufo raggiunge la maturità, visto che si trova tra i venti e i quaranta centimetri interrato, per essere estratto e rilasciare le spore nel terreno emette la tipica fragranza così che cinghiali, istrici e altri animali selvaggi scavino fino a trovarlo per cibarsene, il resto lo fa la natura. Il cercatore deve invece, una volta raccolto, ripristinare il terreno, ricoprire la buca, ma questa azione laboriosa viene a volte portata all’eccesso, perché mimetizzare il terreno non da indicazioni agli altri cercatori, anche se sono i cani i veri attori e il tartufo viene estratto solo se a piena maturazione.
Di tartufi ce ne sono tutto l’anno, un po’ come i funghi, in tardo autunno e primo inverno c’è il bianco, poi c’è il nero invernale pregiato e poi c’è lo scorzone o estivo. Tra il bianco e lo scorzone il divario di prezzo è dieci a uno e anche la qualità è veramente molto diversa. In Casentino il bianco è raro, lungo i fossi e fiumi infatti sempre meno si trovano pioppi e salici sostituiti nel tempo dalle infestanti acacie.
Nel tempo alcuni Casentinesi hanno impiantato boschi con piante micorizzate così da iniziare una sorta di coltivazione ma come sempre alterare e intensificare produzioni agricole ha i suoi pro e i suoi contro. Alcuni insetti che si nutrono dei tartufi e che ne facilitano la dispersione delle spore, trovando più quantità di tartufi disponibili si sono nel tempo riprodotti in grande quantità e non avendo antagonisti si sono espansi tantissimo. Ovviamente il trattamento insetticida non può essere usato perché il tartufo è molto sensibile all’inquinamento del terreno e si riproduce soltanto in zone incontaminate.
Nonostante il crescente numero di cercatori, in Casentino, ma non solo, pare che la produzione sia in diminuzione, questo può essere legato a vari fattori, predazione da parte di animali selvaggi, aumento dei parassiti, modifica ampelografia dei boschi, variazioni climatiche. Anche il prezzo sembra stia scendendo grazie all’aumento sul mercato di prodotti stranieri a basso costo, guarda caso anche qui il maggior responsabile risulta la Cina. Se quindi decideste di intraprendere questa passione armatevi di tanta pazienza e preparatevi ad un impegno lungo e costante, ma poi alla fine potrete godere di una dei frutti più buoni dei nostri boschi.