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venerdì, 9 Maggio 2025

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Tavola Doria, i numeri reali

di Melissa Frulloni – Forse ci siete stati anche voi. Forse siete andati a vederla la Tavola Doria, esposta per tutta l’estate (e ancora fino al 6 gennaio) al Castello di Poppi. La mostra, che doveva concludersi ad ottobre, è stata prorogata fino al 6 gennaio 2019. Salutata da tutti, politici, enti, giornali locali, come “l’evento clou del 2018 per la cultura in Casentino”, è stata inserita all’interno della mostra “Nel segno di Leonardo”, organizzata dal Comune di Poppi, in collaborazione con la Galleria degli Uffizi.
Inizialmente, avevamo volutamente deciso di non occuparci della mostra. Ovviamente ci eravamo accorti dell’arrivo della Tavola (come non farlo visti i titoloni usciti sui media), ma avevamo preferito non scrivere niente anche dopo l’invito dello stesso Sindaco Toni: “Sarebbe auspicabile un Vostro interessamento sulla mostra “Nel segno di Leonardo” che ritengo l’evento culturale turistico più importante in questo momento in Casentino”.
La nostra posizione di “neutralità” su questa esposizione è stata dettata da diversi fattori. Come prima cosa non riusciamo a vedere nella Tavola Doria la grandezza di cui invece si è tanto parlato. E non lo diciamo così, per essere in controtendenza, ma perché a supporto del nostro punto di vista ci sono diversi aspetti, che ora vi spiegheremo, e anche un parere davvero autorevole che viene dal mondo dell’arte.
Come detto, avremmo voluto tacere su tutto questo, lasciar correre e aspettare la fine dell’esposizione, ma davanti all’ennesima giornalata e a numeri sulla mostra sparati un po’ a casaccio, non abbiamo davvero resistito e così anche noi siamo pronti a scrivere il nostro articolo sulla Tavola Doria.
Forse la cosa migliore è iniziare proprio dai numeri.
“La mostra è un successo, in meno di due mesi abbiamo raggiunto le 20 mila visite…” Esordiva il Sindaco Toni in un’intervista di qualche tempo fa. Ma a guardare bene quelle che sono state le visite al Castello di Poppi risulta tutt’altro.

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È importante specificare che il biglietto di ingresso per Castello e mostra è il medesimo e che quindi è impossibile sapere chi effettivamente è entrato per visitare solo il Castello o per vedere solo la Tavola Doria.
Ma torniamo ai numeri. In 3 mesi, luglio, agosto e settembre, gli ingressi al Castello sono stati 17.165 (molti meno rispetto alle 20 mila presenze, in 2 mesi, di cui parlava il Sindaco). Ma cosa ancor più interessante, sono le visite al Castello registrate nel 2017, senza la Tavola Doria, che si attestano a 15.708. Quindi questa estate, che invece ha visto la presenza del dipinto, ci sono stati solo 1.457 visitatori in più. Forse un po’ pochi per “l’evento clou” della cultura casentinese… Ma lasciamo giudicare a voi, invitandovi anche a ragionare su altri numeri importanti… La mostra è costata circa 65 mila euro, ricevendo anche il sostegno del Parco Nazionale che, per l’esposizione, ha dato un contributo di ben 25 mila euro.
Altro punto su cui vogliamo soffermarci è il titolo stesso dato a tutta l’esposizione: “Nel segno di Leonardo”. È bene ricordare che la Tavola Doria non è un dipinto di Leonardo Da Vinci, molti studiosi lo attribuiscono a un altro artista, Francesco Morandini, detto “il Poppi”. Quindi risulta un po’ forzata la volontà di voler inserire questo dipinto in una mostra che porta il nome del grande maestro.
E che poi sia considerata, come scrive in un comunicato l’Unione dei Comuni, “uno dei dipinti più famosi dell’arte italiana del Cinquecento”, abbiamo dei seri dubbi. Soprattutto perché a non considerarlo tale non siamo noi, ma è uno dei massimi critici d’arte che abbiamo oggi in Italia. Scelte politiche e salotti televisivi a parte, Vittorio Sgarbi, resta uno che in materia ci capisce e molto. È stato proprio lui, in un suo articolo, a definirla una “crosta milionaria”.
Nello stesso pezzo si legge: “Si tratta della cosiddetta “Tavola Doria”, un penoso dipinto che non meritava neppure l’alzata di un sopracciglio e poteva tranquillamente continuare a inquinare la pseudo fondazione giapponese.” Sgarbi spiega che: “Gli Uffizi, che sono il primo museo italiano, sono stati coinvolti in una vera e propria fraudolenta “trattativa” tra una fantomatica fondazione giapponese il Fuji Art Museum di Tokyo e le principali istituzioni dello stato italiano (Ministero dei Beni Culturali, Magistratura, Carabinieri e perfino il Quirinale). Con una spesa di alcuni milioni di euro, tra indagini, missioni, mostre, si è fatta rientrare in Italia un’opera amplificata come un capolavoro leonardesco.”
Non sarà che si sia esagerato un pochino con interviste, titoli, numeri e articoli vari sui giornali?
Forse l’aver portato in Casentino la Tavola Doria non è questa gran conquista e soprattutto, a leggere quello che ne pensa Sgarbi, viene da pensare che ci abbiano rifilato un dipinto che stava “marcendo” prima in qualche cantina del museo di Tokyo e dopo in quella degli Uffizi… Ma si sa le elezioni si avvicinano ed è sempre bene incantarci con qualche “gioco di prestigio”, presentato come qualcosa di grandioso a cui è quasi impossibile remare contro.
Ancora Sgarbi, ne parla così: “La Tavola Doria non è di Leonardo, non è un capolavoro, non è opera di un maestro toscano del ‘500. È una modesta e sgradevole patacca di un pittore del ‘600, rimaneggiata nei recenti restauri… Un’opera scolastica, goffa, meccanica, ripetitiva, d’infima qualità.”
La stessa Tavola Doria era già stata esposta nell’estate del 2013 ad Anghiari, presso il Museo Statale di Palazzo Taglieschi. Quindi, anche questa volta il Casentino è arrivato secondo, esponendo un dipinto di dubbio valore che era già stato espoto sul nostro territorio, neppure tanto tempo fa.
Come facciamo ormai da 25 anni (come sapete quello che state leggendo è il numero 300 del giornale!), vi invitiamo ad andare sempre oltre quello che vi dicono e che purtroppo, sempre più spesso, serve per buttarci fumo negli occhi e imbambolarci.
Il nostro punto di vista sulla Tavola Doria infatti sarà sicuramente diverso da quello che avete letto e ascoltato in questi mesi; condivisibile o meno vuole comunque far riflettere, non solo sull’opera (le parole davvero poche lusinghiere di Sgarbi ci hanno molto colpito), ma soprattutto sul provincialismo dei nostri politici.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 300 | Novembre 2018)

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