di Marco Roselli – Le origini del misfatto In Canada, la semina del grano tenero avviene principalmente in primavera, tra marzo e aprile, per raccogliere generalmente all’inizio dell’autunno. Questo perché nei continenti con inverni rigidi, la semina novembrina, come avviene nel nostro Paese, non è possibile a causa del gelo. La prima domanda è: – Quale mercato accoglierebbe una granella pronta a settembre, magari piena di muffe a causa della stagione piovosa che spesso caratterizza il nord America? Risposta ovvia: – Nessuno.
E veniamo al punto: come si fa a mangiarsi la fetta grossa della torta? Nel Nord America è diffusa la preharvest (letteralmente “pre raccolta”), una modalità di produzione che utilizza il Glifosate come disseccante della granella. Si tratta di un impiego totalmente improprio e terribile, perché la tecnica (disgustoso anche chiamarla tecnica), prevede l’utilizzo di questa sostanza quando il seme è già formato e quindi in grado di assorbirla direttamente. Pratica molto pericolosa, dato che rischia di far trovare residui direttamente nella semola. Da una ricerca compiuta in Gran Bretagna sul pane integrale è emerso che il 30% dei campioni era contaminato. La seconda domanda, di conseguenza, è altrettanto spontanea: – Perché fare una cosa del genere? La risposta è banale: – Per invadere i mercati con una granella essiccata chimicamente (perché, come detto, oltreoceano il grano sarebbe pronto a settembre, quando panificatori e pastifici si sarebbero già approvvigionati), in modo da indirizzare l’offerta a vantaggio delle enormi estensioni americane. Tutto questo con buona pace delle pratiche agricole rispettose dell’ambiente, degli eco schemi, della condizionalità, del corretto impiego dei mezzi tecnici e di tutte le altre norme ambientali cui i produttori nazionali debbono sottostare. Il frumento, infatti, è pronto quando è secco e l’umidità è inferiore al 13% e in Canada, in giugno/luglio siamo appena alla post fioritura, quindi neanche a metà strada!
Cosa è esattamente il Glifosate? Il brevetto del glifosato come erbicida, è stato storicamente detenuto da Monsanto, poi acquisita da Bayer. Attenzione, adesso è molto importante dare il giusto significato alle parole. Il Glifosate è un erbicida sistemico (vuol dire che la molecola entra nel circolo della linfa del vegetale) che viene assorbito dalle foglie delle malerbe, provocandone il disseccamento. Si dice anche che non è residuale; ciò sta a significare che non resta nel terreno per una azione successiva. Dopo alcuni giorni, infatti, i fattori climatici e la sostanza organica lo smontano in molecole via via meno complesse, fino a che anche i suoi metaboliti sono difficilmente riscontrabili. Diversi anni fa, in terreni interessati da questo erbicida, facemmo numerose analisi il cui esito era N.R. cioè inferiore al limite di rilevabilità, praticamente inesistente. E’ il massimo della vita? No. Ma se usato con criterio non è peggio di altri e certamente è meglio di materie prime importate e prodotte con il cianuro! Il problema, ovviamente, è ben diverso se si distribuisce il Glifosate con gli aeroplani sul grano quando la granella è appena allo stadio di formazione. A quel punto la molecola fa il suo lavoro: secca la spiga creando una falsa maturazione. In tal caso c’è quasi la certezza di avere i residui.
In Italia il lavoro lo fa il sole… Quindi il preharvest è una proceduta perpetrata a scapito della salute, è bene che i consumatori lo tengano presente.
Una volta c’era il “principio di precauzione” Decenni di “buone pratiche di fabbricazione”; “principi di cautela”; “norme armonizzate” e poi un principio, quello di “precauzione” (così rassicurante), secondo il quale, anche a fronte di un minimo sospetto di tossicità bisognava fermarsi e rivedere tutte le procedure. E dico tutte! Chissà, visto il giro d’affari che muove il grano seccato chimicamente, c’è caso sia sufficiente un green pass di quelli fatti con una buona fotocopiatrice a colori per tenerci sotto una calda coperta e proteggerci dagli spifferi canadesi.
Buone notizie! Arriva in questi giorni il via libera dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) all’utilizzo dell’acido pelargonico, il primo erbicida “green” che aiutata gli agricoltori a controllare le piante infestanti senza danneggiare l’ecosistema. Grazie alle sollecitazioni di Coldiretti, sono finalmente giunte le conclusioni Efsa sulla base della quali, la Commissione dovrebbe procedere ad autorizzarne il rinnovo come sostanza a basso rischio. L’acido pelargonico si trova in natura nelle piante Pelargonium, della famiglia delle Geraniaceae, da cui prende il nome comune. L’acido pelargonico non danneggia i microrganismi del terreno e gli organismi acquatici. A differenza di altri erbicidi non presenta effetti negativi per l’uomo che lo utilizza – per l’ambiente in generale, acqua e suolo – essendo rapidamente biodegradabile.
Scenari futuri “Il nostro obiettivo è creare una filiera italiana della biochimica verde con innovazioni e ricerca in grado di contrastare in maniera efficace gli effetti dei cambiamenti climatici – afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Un indirizzo sul quale Coldiretti ha fatto da apripista assieme a Cai – Consorzi Agrari d’Italia e Novamont Versalis, rispondendo a quella domanda di sostenibilità ambientale che viene anche dalla società. L’utilizzo di molecole vegetali biologicamente attive, associate a nutrienti naturali e prodotti “bio-based” per la gestione delle malerbe, possono rivoluzionare il modo di combattere le malattie delle piante e la fertilizzazione in agricoltura. Si rafforza in questo modo il primato dell’agricoltura italiana come la più sostenibile d’Europa.