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venerdì, 9 Maggio 2025

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Camilla, “ironwoman” in California

di Francesco Benucci – Le nostre piccole grandi esistenze non percorrono mai un sentiero lineare: si scindono, si snodano, si contorcono, si sovrappongono. Compongono un ariostesco labirinto all’interno dei cui bivi siamo chiamati a ponderare e quindi compiere delle scelte: scelte di vita che si traducono in scelte di lavoro, scelte di convivenza nonché scelte… di sport.

Quest’ultimo è il caso di Camilla Madiai, giovane atleta stiana, che ha tratto effetti benefici circa il proprio modus vivendi proprio grazie all’attività sportiva. E dire che la nostra, sin da piccola, si cimenta in svariate discipline (danza, karate, tennis, sci, pallavolo, nuoto, kickboxing) privilegiando l’aspetto ludico ma patendo sempre una “lacuna di interesse” che la porta, di volta in volta, a non soffermarsi sulla disciplina suddetta. Negli anni del liceo Camilla giunge alfine a quella che definisce la “formula quasi perfetta” di equilibrio tra esercizio fisico e produzione di endorfine e che consiste nel pedalare e subito dopo correre. Praticare sport di durata e possibilmente in solitaria la fa stare bene e quando, in un episodio di Baywatch, vede la sua prima gara di triathlon… il cerchio si chiude.

Il suddetto sport si articola in una prova che comprende tre discipline: nuoto, ciclismo e corsa. In base alla lunghezza di ciascuna delle tre frazioni può essere codificato come triathlon Sprint, Olimpico, Mezzo Ironman o 70.3 ed Ironman (3,8 km nuoto, 180 km bici, 42,195 km corsa). L’ultima modalità è proprio quella protagonista nella serie tv citata in precedenza, capace dunque di colpire l’immaginario dell’atleta stiana spingendola a voler/dover provare l’esperienza in ossequio al motto “contra miglior voler voler mal pugna”.

Prima di arrivare all’apice bisogna però partire dalle fondamenta acquisendo padronanza, commisurando le proprie ambizioni a parametri di capacità ed esperienza, curando la preparazione indipendentemente dalla natura dell’obiettivo, coordinando, con la regia della mente, lo sforzo fisico e le circostanze, alcune delle quali puramente ambientali. Camilla è ben consapevole del complesso iter che l’aspetta ma la sua personale convinzione si concilia con alcuni fattori che smussano gli spigoli più aspri: la presenza, in Casentino, di percorsi ciclistici, piste di atletica, sentieri, piscine come quella di Bibbiena che consentono lo svolgimento di un’attività pur relativamente nuova come il triathlon e soprattutto la sua esperienza sotto la supervisione dell’allenatore dott. Giacomo Giovenali, un veterano della multidisciplina che ha messo a disposizione studi ed esperienza dando vita ad MTrainingLab, un servizio di coaching che ha aiutato atleti provenienti da tutto il mondo a raggiungere i propri obiettivi.

A proposito di allenamenti la nostra ne svolge due al giorno: uno la mattina (bici, corsa o entrambi), l’altro nella pausa pranzo (nuoto) mentre il fine settimana cerca di allungare il volume kilometrico del tutto. Ingrediente basilare dell’attività di training è il progresso parallelo e dunque l’equilibrio di quantità e qualità, un gioco complesso che tiene conto dei fattori esterni (stress, lavoro, quotidianità) comportando dunque anche sacrifici che però lo sportivo amatore “anestetizza” con passione ed ingegno: la maglia tecnica sotto alla camicia in ufficio per velocizzare il cambio in pausa pranzo, lo svegliarsi 2h prima la mattina, il trascorrere ogni occasione di festa in bicicletta, magari arrivando puntualmente tardi al pranzo di Natale. In questo caso, il fine… giustifica i mezzi!

Anche perché il fine è far parte di una famiglia sportiva in cui conosci chi fa i salti mortali per raggiungere l’obiettivo, chi fa pratica col sorriso dopo malattie o incidenti invalidanti, chi gareggia con onore e fair play. E questa dimensione umana trova il suo coronamento quando il triathlon, declinato in sport di endurance, si traduce nel circuito ufficiale Ironman: in questi eventi mondiali, la diversità e la commistione tra razze, abitudini e popoli si vedono davvero, sono gare nella quali le 2000 persone partecipanti sono solo tanti numeri ed il podio di categoria è ardua impresa. Dopo aver toccato con mano questo contesto grazie a due gare, nel biennio 2015-2016, svoltesi in Austria e concluse con ottimi piazzamenti ed emozioni indelebili sulla pelle e nella mente, Camilla si sarà guardata indietro ringraziando chi ha reso il suo percorso ricco e formativo: la famiglia e gli affetti, MTrainingLab e il preparatore, il dott. Samuele Passigli, Roberto Frulloni, BPmotion, Motus Sport, la sua società Venus Triathlon SSD, persino i suoi detrattori. E poi? E poi è arrivata addirittura l’esperienza negli USA visto che l’atleta nostrana, a settembre 2016, ha deciso di iscriversi al 70.3 Superfrog di Coronado (baia di San Diego, California), un mezzo Ironman, in onore dei Navy Seals, impegnativo perché si nuota tra le correnti del Pacifico e si corrono i 21 km della frazione podistica sulla sabbia.

Camilla ha preparato questa gara in 3 settimane, ha perso i suoi occhialini da nuoto il giorno prima e non sapeva ancora come sarebbe stato correre una mezza maratona sulla sabbia. Nell’oceano è stata travolta e trascinata con un uomo che le è caduto addosso mentre cercava di riemergere perdendo 3 minuti rispetto al tempo stimato, ha recuperato, contro le previsioni, nel percorso ciclistico e ha proseguito il suo crescendo nella corsa superando numerosi atleti e portando un signore dell’organizzazione ad esclamare “You just smiling! Incredible”! Alla fine la nostra non è riuscita a prendere la qualifica per la finale mondiale ma è stata grande la soddisfazione di leggere il suo nome (ed accanto, tra tante città statunitensi, quello di Stia!), unica atleta italiana partecipante, tra le “top six women” della categoria, con il secondo tempo più veloce a piedi.

E da qui riparte Camilla, da una futura rivincita nelle acque del Pacifico che le dia il pass mondiale, dalla consapevolezza di un percorso che la rende una delle poche donne italiane ad aver concluso un Ironman, dalla preparazione che dovrebbe portarla ad affrontare il primo organizzato in Italia e soprattutto da quella soddisfazione mista a serenità che le ha donato una scelta di sport tramutatasi virtuosamente in scelta di vita.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 278 | Gennaio 2017)

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