di Matteo Bertelli – La caratteristica più bella della musica, che la rende più interessante di qualsiasi altra passione, è la libertà. Sia libertà di espressione, donata a chiunque voglia mettere sé stesso in un brano, che di messaggio, essendo la musica in grado di spogliare temi complessi dalle pesanti vesti di sermoni e discorsi politici, rendendoli più dolci, leggeri e udibili.
Sono tanti gli astri della musica che compongono la volta cantautoriale, che hanno fatto di questa vocazione un mestiere, o viceversa. Hanno raccontato storie di guerra, diritti negati, violenza e soprusi; ma anche gioia, speranza, voglia di cambiare. Tutto i colori dello spettro di ciò che, molto poco poeticamente, chiamiamo mondo.
In un universo più piccolo – per quanto la grandezza del pubblico non sia un metro di misura minimamente veritiero – anche la Casa del Vento dal 1991 racconta tutto questo, sottolineando le crudeltà ma esaltando altrettanto, forse più, la speranza in un mondo migliore.
Luca Lanzi (voce, n.d.r.), avete lanciato da poco un album in studio e adesso siete nuovamente in concerto per presentare il vostro nuovo lavoro. Non vi fermate mai? «Dopo l’uscita dell’album di inediti “Alle corde” nel 2022, abbiamo deciso di incidere un nuovo progetto nell’arco di un anno. Un album dal vivo, che amplificasse al massimo le emozioni dell’ascoltatore, dal titolo “Live a Sant’Anna di Stazzema”».
Sant’Anna di Stazzema, appunto, è stato teatro di un crimine di guerra efferato da parte di soldati tedeschi nazisti con l’ausilio di alcuni collaborazionisti della RSI. Morirono, stando alla cronaca, in 560 di cui 130 bambini. Ci puoi raccontare perché avete scelto di incidere questo concerto? Da dove è nata questa idea? «Questo concerto è stato qualcosa di speciale fin dall’inizio. Dalla scaletta, che comprendeva brani di tutta la nostra produzione musicale, fino alla presenza del Quartetto Euphoria, con cui abbiamo arrangiato sei brani. Un insieme di elementi, compreso il luogo e la pesante eredità che si porta dietro, che ha permesso di parlare di guerra e problematiche connesse, come la migrazione, dando ai brani una sublimazione quasi sacrale».
Per questo disco avete già iniziato a fare un’intensa attività di promozione con vari concerti in giro per l’Italia, senza dimenticarvi del Casentino, dove avete fatto tappa il 21 giugno. Ma quali brani ci dobbiamo aspettare? «In primis, “Girotondo a Sant’Anna”. Una canzone che è nata da una fotografia che abbiamo visto su internet: dei bambini che, pochi giorni prima della strage che ha insanguinato quella terra, si tenevano per mano giocando al girotondo, dando l’impressione di creare un’illusoria protezione dal male. Poi “I Cinque fiori della speranza”, che racconta di cinque partigiani impiccati nei pressi di Anghiari, e ancora canzoni sul tema della pace e della guerra, ma anche delle stragi e degli omicidi che devono essere impressi nella nostra memoria, come “Notte di San Severo” e “Carne da Cannone”. Brani provenienti da tutto il nostro repertorio, anche vecchi di vent’anni ma ancora contemporanei».
Personalmente credo che per comprendere realmente un artista, soprattutto se con una lunga carriera alle spalle, il modo migliore sia ascoltare e capire cosa vuole trasmettere con la sua musica. Ma, per dare un’idea anche a chi non vi conosce e si vuole affacciare alla vostra produzione, qual è l’anima della Casa del Vento? Di quale messaggio vi fate portatori? «Per quanto possa sembrare banale, la ricerca, anzi, l’esigenza di un mondo migliore. Noi ci impegniamo, anche oltre la musica, sempre rivolti verso questo obiettivo. Siamo convinti che l’uomo non sempre impari dalla propria storia e che la musica serva proprio a toccare sentimenti ed emozioni per imprimere indelebilmente un messaggio nella memoria. La musica ma anche le azioni concrete. Perché se non parlassimo e agissimo cercando di migliorare il mondo, in fondo, saremmo solo dei qualunquisti; farlo, invece, dà un senso più profondo anche alla propria esistenza».
Siete rimasti fedeli a questa filosofia per anni, impegnandovi in cause sociali e scrivendo canzoni che, per quanto non tutte direttamente, hanno sempre un legame con questa voglia di migliorare il mondo, ora raccontandone il brutto, come monito, ora sottolineandone la speranza. «Esatto. E questa coerenza ci è sempre stata riconosciuta. Non abbiamo santi in Paradiso, fattore sicuramente penalizzante per un gruppo musicale, eppure ci siamo tolti molte soddisfazioni. Completamente indipendenti e con uno zoccolo duro di fan, possiamo dire serenamente di non essere una band conosciuta, ma siamo famosi. Perché se un progetto artistico è forte le cose poi vengono da sé, sempre se hai veramente un messaggio e qualcosa da dire».
(Nella foto in alto, la Casa del Vento nel recente concerto alla Birreria Porta de’ Fabbri di Bibbiena dove ha presentato il nuovo album)