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giovedì, 2 Maggio 2024

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Casentinese indiano

di Matteo Bertelli – A Soci esiste una delle più grandi e interessanti comunità di stranieri e neo cittadini italiani… Siamo andati a conoscere la storia di uno di loro. “Vedi questa casa? Io ho sudato ogni singolo giorno per potermela permettere. Lavorando con impegno e facendo anche molti sacrifici.” Così inizia la piacevole conversazione con Pal Dharam, un immigrato indiano che da ben sedici anni ha iniziato una vita nuova a Soci, un italiano a tutti gli effetti da 6 anni.

In un periodo in cui di immigrazione ne sentiamo tanto parlare in televisione è bello poter ascoltare anche la voce di chi, seppur non in condizioni tragiche o in modo clandestino, è arrivato in Italia alla ricerca, in questo caso, di cure efficienti per sua figlia, gravemente malata. É appunto questo il motivo del trasferimento di Pal e famiglia, il fattore “pull” che li ha allontanati dalla propria terra, spingendoli verso una vita sicuramente fatta di sacrifici.

Quella dell’uomo che abbiamo incontrato è una storia come quella di tanti altri, problemi con la lingua per comunicare, problemi economici dovuti alla crisi e alla mancanza di posti di lavoro; una serie di fattori che molti immigrati condividono, italiani all’estero e stranieri in Italia; una situazione che condivide anche con amici e conoscenti che come lui hanno deciso di lasciare l’India. Proprio a Soci, infatti, era presente una popolosa comunità di immigrati soprattutto provenienti dal Bangladesh, una comunità abbastanza grande da potersi definire tale, rispetto a quelle presenti negli altri paesi del Casentino. Un gruppo che, come ci racconta lo stesso Pal, non fa altro che rimpicciolirsi anno dopo anno: La crisi e la scarsità del lavoro hanno spinto e stanno tuttora spingendo varie famiglie verso posti migliori per poter vivere, posti che offrano maggiori opportunità di lavoro e che permettono anche una maggiore integrazione.

La meta preferita, come è facilmente intuibile, è l’Inghilterra, Londra in particolare, Paese nel quale si è visto che nessun lavoro è precluso agli abitanti delle ex colonie, neppure un posto privilegiato in politica. “Hai mai visto un indiano fare il vigile urbano? In politica, poi, non parliamone nemmeno. Semplicemente c’è un’altra cultura là, un altro tipo di integrazione; e ciò ovviamente aumenta la gamma di posti di lavoro disponibili anche per noi, non essendo più legati allo stereotipo di barista, locandiere, e occupazioni simili.” Questo è uno dei tanti motivi, a detta di Pal, per il quale alcuni suoi conoscenti e familiari hanno deciso di intraprendere un secondo viaggio, questa volta verso le terre inglesi, nonostante in Italia ci siano molti fattori per i quali valga la pena rimanere, tra cui un ottimo servizio sanitario.

Un altro fattore che sicuramente ha reso molto allettante per indiani e bengalesi l’Inghilterra, dopo già un lungo periodo nelle nostre terre, è stata la lingua: “Non è facile venire qua. Te arrivi e quali parole conosci in italiano? Nessuna. Non hai studiato, non hai fatto corsi, sei solo partito per venire a cercare un lavoro; ma un lavoro senza sapere la lingua non lo trovi. E allora devi spendere denaro e tempo per imparare bene a parlare, devi impegnarti a conoscere bene l’italiano per poter interagire con i colleghi e per poter fare qualsiasi cosa. A Londra non è così: ci sono talmente tanti immigrati indiani e bengalesi che esistono delle vere e proprie comunità, nelle quali non serve nemmeno sapere parlare in inglese, in quanto puoi parlare nella tua lingua madre.”

Ma nella nostra vallata sono rimasti comunque in tanti, andando contro il pensiero comune che posiziona l’immigrato in una città piuttosto che in un paese, dove i classici impieghi umili associati agli stranieri sono più richiesti, vista la maggior quantità di servizi offerti. Anche per questo il nostro intervistato ha una spiegazione più che convincente: “Ho un cugino a Firenze, lui trova benissimo il lavoro. Non ha problemi da quel punto di vista; ma prova un attimo a pensare all’affitto che ogni mese deve pagare per poter avere un qualsiasi tetto sopra la testa. 1000 euro? Di più forse. Sarà che qua in Casentino di lavoro ce n’è poco, ma sicuramente i prezzi per gli affitti sono più bassi. È per questo che molti preferiscono vivere qua piuttosto che in una città; senza lavoro riesci a vivere, arrancando in qualche modo come fanno in tanti, ma senza una casa non hai speranza, per come la vedo io. E poi qua c’è una cosa bellissima. Io abito a Soci, lavoro in un’azienda locale e conosco bene la gente del posto; pian piano io mi sono sentito uno di loro. Non ho mai visto nessuno che mi fissava con occhi pieni di razzismo, mi sono integrato benissimo nonostante non parlassi bene la lingua e non fossi nato e cresciuto qua. I miei stessi figli sono dei veri casentinesi e non sono mai stati trattati con disprezzo o messi in disparte. Quando le cose iniziano a andare bene, trovi un lavoro, ti sistemi la casa, inizi a fare conoscenze, allora tutto viene da sé.”

Confrontando i buoni motivi che hanno spinto alcuni a non rimanere (o a non venire) in Italia, preferendo mete dalle prospettive di vita migliori, e quelli che hanno spinto a prendere residenza e cittadinanza italiana, ci rendiamo conto come anche nel nostro piccolo, nella nostra vallata, siamo nel pieno di questo strano e bellissimo fenomeno migratorio; casentinesi all’estero, stranieri in Casentino, abbiamo per fortuna (e per alcuni purtroppo) mille vite diverse da raccontare. Vite come quella di Pal, un uomo che ha vissuto difficoltà per lunghi mesi, che si è trovato travolto da una nuova cultura, con necessità di mostrare i propri documenti e di iniziare tutto da capo, un uomo che si è portato dietro tutta la famiglia per cercare di dar loro un futuro migliore, per cercare di migliorare la condizione della sua figlia adesso diciottenne, allora gravemente malata.

Ciò che talvolta vediamo con disprezzo, più con paura che con odio, spesso nasconde delle storie bellissime, in grado di farti capire tante cose, storie che sembrano uscite da un film, parlando di coraggio, di amore e di sacrifici, storie in grado di farci aprire gli occhi anche in momenti così difficili e complicati per realtà anche molto più grandi della nostra.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 271 | Giugno 2016)

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