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martedì, 19 Marzo 2024

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Da una tomba vuota

di Don Gianni Marmorini – Nel biennio 2020-2021 leggiamo soprattutto il Vangelo di Marco. Si tratta del più antico racconto della passione di Gesù, il più realisticamente presente allo svolgimento dei fatti e quindi il meno arricchito dallo sviluppo teologico successivo. Per avere un’idea, Gesù, una volta consegnato ai soldati per essere crocifisso, resta in totale silenzio fino al momento del grido «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato» e poi “dando un forte grido, spirò”. Una morte raccontata realisticamente, senza abbellimenti, senza poesia, senza, soprattutto, introspezioni teologiche. Anche il racconto di Matteo segue questa linea, mentre in Luca troviamo che Gesù ha parole e sguardo per le donne lungo la strada del Calvario, poi prega il padre di perdonare i suoi aguzzini, promette il paradiso al “buon ladrone” e, infine, muore gridando a gran voce: «Padre nelle tue mani consegno il mio spirito». In Giovanni, Gesù sulla croce si preoccupa di sua madre e del discepolo che egli amava e, dopo aver detto di aver sete, dice che «tutto è compiuto!» e chinando il capo “consegnò lo spirito”.

Non credo che ci sia bisogno di commenti per chiarire cosa è storico e quale è lo sviluppo teologico. Non voglio dire ovviamente che lo sviluppo teologico è falso solo perché non storico, al contrario, è l’ispirazione divina che ha suggerito agli evangelisti la lettura profonda del Mistero che poi hanno messo in forma narrativa. Ma non è tanto su questo che vorrei portare l’attenzione dei miei lettori.

Uno dei più grandi misteri della Bibbia è la conclusione del Vangelo di Marco: tutti i manoscritti più antichi e più qualificati terminano il racconto di Marco al cap.16 versetto 8. Le donne sono andate al mattino presto alla tomba di Gesù, la pietra era già stata rotolata via, la tomba è vuota e c’è un giovane che parla di resurrezione e invita le donne ad andare dai suoi discepoli e da Pietro a dirgli che il Maestro li attende in Galilea. E poi la fine del racconto: “Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite”. La paura è il sentimento con cui termina il racconto originale. L’imbarazzo era talmente grande che furono aggiunte al testo due conclusioni dove si raccontava delle apparizioni del risorto.

Riassumendo, il Vangelo, cioè la buona notizia finisce con una tomba vuota, una fuga, il silenzio e la paura. Rimane in sospeso quell’appuntamento in Galilea dove tutto era cominciato, come se tutto dovesse di nuovo ricominciare. Nel racconto di Marco è una tomba vuota più che il Risorto, se così si può dire, che fece nascere quel movimento che ha segnato così profondamente la storia del mondo. Una mancanza generativa potrebbe essere stato il concepimento del cristianesimo. Se così fosse dovremmo ripensare la storia in modo differente.

Nella nostra epoca, ma potremmo dire dal tempo dell’imperatore Costantino in poi, la chiesa non ha avuto più il coraggio, se non sporadicamente, di essere una tomba vuota, un mancanza che faceva nascere un sogno, un desiderio. Anche oggi che le nostre chiese si svuotano (e non certo per colpa del Covid… si stavano infatti già svuotando da tanto tempo) continuiamo a parlare all’uomo di oggi forti delle nostre verità, della nostra teologia e della nostra morale. Mi resta sempre più difficile sopportare tutte le nostre sicurezze, le nostre parole e le nostre pretese verità. Ho nostalgia di quel vuoto, di quella paura, di quel silenzio che fece nascere tutto!

Anche a Pasqua i credenti sono soliti rivolgersi a Dio con preghiere speciali: la fine delle guerre e la pace nel mondo, per superare i problemi della fame, delle malattie, delle ingiustizie sociali, per politiche ed economie diverse… ancora non sono riuscito a sentire preghiere che chiedano a Dio l’attenzione all’ambiente e la preoccupazione dell’innalzamento del clima, ma da qualche parte è molto probabile che siano già state fatte. Con un po’ di attenzione ci potremmo anche accorgere che quello che chiediamo a Dio in realtà è il nostro compito da quando, fin dagli antichi tempi biblici, i saggi ispirati dallo Spirito Santo scrissero che Dio affidò agli uomini il compito di “custodire e coltivare” questo mondo. Poche leggi divine sono state così disattese nel corso dei secoli come questa, e quello che mi fa impressione è che quando quelle parole furono scritte non esistevano i problemi di oggi legati all’inquinamento, alla deforestazione, al clima…

Ricordo una lezione della tradizione rabbinica: dice che tutto quello che esiste è stato in qualche modo voluto da Dio. E allora un uomo chiese se anche l’ateismo era stato creato da Dio?
«Certo» fu la risposta semplice e chiara.
«Ma perché Dio creò l’ateismo?».
«Perché ci fossero almeno alcuni uomini e donne che, non potendo delegare a Dio – perché per loro non esisteva alcun Dio – la soluzione dei problemi della vita, se ne facessero responsabilmente carico».

(tratto da CASENTINO2000 | n. 329 | Aprile 2021)

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