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giovedì, 6 Febbraio 2025

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Dall’Eremo della Casella

di Terenzio Biondi – Ormai da qualche anno è diventato quasi un appuntamento obbligatorio: quando si va a pesca nel Torrente Tiritesta bisogna fare – bastano pochi minuti di auto – una puntata alla Casella, per finire in bellezza, ammirando panorami stupendi, una giornata trascorsa tra le acque limpidissime di un torrente unico, dai colori che variano da un azzurro quasi marino a un fantastico verde chiaro, ricco di trote fario dalla livrea vistosamente biancastra con punteggiatura rosso fuoco.

Così, arrivato con canna e stivali a Pietra, poco distante da Chiusi della Verna, risali in auto e prendi lì vicino il sentiero 39 che porta a Moggibiano e poi prosegue in ripida salita verso l’Alpe di Catenaia, sempre più stretto ma sempre facilmente percorribile, fino ad immettersi nel sentiero CT 50, lungo il crinale che divide il Casentino dalla Valtiberina, per poi raggiungere l’Eremo della Casella.

Il panorama è unico: a poca distanza Chiusi coi resti del Castello del Conte Orlando e la Verna col suo Santuario sovrastata dal Monte Penna; più lontano l’Alpe di Serra con l’antica Via Romea percorsa nel medioevo dai pellegrini che andavano a Roma. E se socchiudi gli occhi ti sembrerà di vedere due fraticelli, uno a piedi e l’altro sulla groppa di un asino, che vengono su piano piano. Hanno passato il Torrente Rassina e preso la via che attraversa il Monte Arcoppe e poi il Foresto… eccoli, sono arrivati sulla cima del Monte Casella… ma sì, sono frate Francesco e frate Leone! Frate Francesco fa fermare il suo asino, scende e s’inginocchia rivolto verso la Verna, la benedice e la saluta: ”Addio, monte di Dio… restati in pace, ché più non ci vedremo”.

Forse sogni, ma il ricordo dell’addio di San Francesco alla Verna, raccontato da Tommaso da Celano nella “Vita Secunda”, in un ambiente come questo facilita certi sogni. E anche la vista dell’enorme verdissimo prato sulla cima della Casella, nel silenzio più assoluto, con l’Eremo proprio al centro circondato da giganteschi faggi, sembra fatta apposta per crearti la visione dell’eremita che dal medioevo fino all’ultimo dopoguerra lì ha abitato, conosciuto e stimato dagli abitanti di Chitignano, Chiusi e Caprese, vero erede spirituale del santo “Romito dell’Alpe di Catenaia” ricordato nelle “Novelle della Nonna” di Emma Perodi, che tanti miracoli faceva con le preghiere e soprattutto con le “acque ferrugginose” della zona, che nei secoli passati tanti e tanti malati di anemia da carenza di ferro portavano a guarigione.

Ti sembrerà di sognare anche quando poi volgerai in basso lo sguardo verso la Valtiberina. La vedi tutta, con i suoi monti e le sue valli e i paesi arroccati sui colli o distesi lungo le rive del Tevere e dei suoi affluenti. Vedi l’invaso di Montedoglio simile a un grande lago, e laggiù, lontano, proprio di fronte a te, i bianchi massicci del Sasso di Simone e del Simoncello che spiccano dall’altipiano verdissimo di Sestino verso il cielo azzuro, con sulla cima qualche candida nuvoletta a mo’ di diadema.

(Rubrica I RACCONTI DEL TORRENTE Storie vere, leggende, incontri… nei torrenti del Casentino a cura di Terenzio Biondi)

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