di Marta Andreani – A nessuno piace ribadire sempre le stesse cose, nemmeno a noi. Non si può farne a meno, però, quando c’è di mezzo la salute. È Daniele Paggetti a contattarci, quello di cui ci vuole parlare è già stato fatto presente nel nostro giornale; abbiamo lanciato appelli riguardo l’argomento, abbiamo chiesto di adoperarsi per trovare una soluzione, senza tuttavia vedere una luce all’orizzonte. L’appello di Daniele è per lo stabilimento ex Fiat a Bibbiena, una delle tante montagne di cemento presenti in Casentino che si affaccia sulla rotonda che porta direttamente al Centro Commerciale e alla Coop.
La conversazione con Daniele (che abita proprio di fronte all’ex Fiat) ci lascia a dir poco sgomenti: il problema che si pone adesso non parte da un punto di vista “visivo” del paesaggio (anche se è vero che colossi di cemento diroccati come la ex cementeria Sacci disturbano la vista e l’umore di chi li vede in una vallata verde e bellissima come il Casentino). Daniele nota che le lastre del soffitto dell’ex stabilimento Fiat sono cadute. Sarebbe il normale corso di una struttura, lasciata andare a sé stessa, distruggersi col tempo, sgretolarsi sotto i nostri occhi affogando nel grigio del cemento, avendo come sfondo il verde della vallata casentinese. Normale (per quanto si possa considerare normale lasciare un edificio così “ingombrante in balia del tempo), se non fosse che il tetto dell’ex stabilimento Fiat è fatto di amianto. «Quello che conta adesso non è più il problema visivo, ma di salute!» Dice Daniele.
L’amianto, quel materiale che, nonostante tutto, ogni tanto torna a far parlare di sé. L’amianto, quel materiale fantastico che ha ineguagliabili caratteristiche ignifughe, isolanti, fonoassorbenti, e che costa pure poco. Quel materiale il cui utilizzo uno Stato (uno Stato abituato a ignorare anche le direttive comunitarie che imporrebbero regole condivise) non solo non vietava, ma a volte imponeva nei suoi capitolati d’appalto. L’amianto, quel materiale che uccide.
La struttura fibrosa dell’amianto ha diverse varietà in natura, tra cui l’amianto blu, che è il più pericoloso per la salute. Il valore limite di esposizione è stato individuato dalla legge nel ‘91, con colpevolissimo ritardo. Tuttavia, trattandosi di sostanza sicuramente cancerogena per l’uomo il predetto limite non assicura affatto la prevenzione del rischio cancerogeno. I frammenti di fibre di amianto, infatti, una volta penetrati nell’organismo, possono rimanervi ancorati definitivamente, e far esplodere un potenziale devastante anche dopo tempi lunghissimi. Alcuni dati parlano di oltre seimila morti all’anno per malattie correlate all’esposizione ad amianto. Gente che negli anni 6080 ha manipolato materiali che contenevano quelle magiche fibre omicide, che dopo trenta, quarant’anni di sonnecchiosa latenza si svegliano, e uccidono.
La domanda, allora, basandosi sul fatto che, ai tempi, nessuno sapeva o poteva sapere che cosa sarebbe stato l’amianto per la salute, può essere posta in questi termini: è possibile, adesso che sappiamo tutti che cosa è l’amianto, che, soprattutto se in condizioni di degrado, non si provveda a demolire strutture in cui si trova questo materiale?
L’amianto è poi leggerissimo e volatile: l’esposizione non è limitata a coloro che lo trattano direttamente, ma anche a coloro che, pur non utilizzando direttamente l’amianto, si sono trovati ad operare in ambiente di lavoro non protetto.
«Nel 2013 – ci racconta Paggetti – in una riunione con l’architetto Renzetti, progettista della ristrutturazione dell’ex stabilimento Fiat, è stato presentato il progetto, anche bello, dell’intervento di recupero. Ma negli ultimi sei anni, non riuscendo a vendere, è stato abbandonato tutto».
In un nostro articolo risalente al febbraio scorso, abbiamo affrontato l’argomento con il proprietario, l’imprenditore Lorenzo Lori. Anche allora si parlava di un progetto redatto già qualche anno fa. Citiamo direttamente le parole dell’articolo di Melissa Frulloni: “Lorj, incontrato nel salotto del suo store a Castel San Nicolò, ci ha parlato della sua intenzione di voler mettere mano alla struttura, intervenendo con un’opera di ristrutturazione.
Ci ha detto che il progetto era stato messo a punto perché si era fatto avanti un soggetto intenzionato a prendere in affitto lo stabile, che poi però purtroppo ha fatto marcia indietro in favore di un’occasione più vantaggiosa. Così, sia il progetto che lo stabilimento sono rimasti congelati; il progetto in un cassetto e l’ex Fiat ancora a marcire sulla strada. Lorj, in proposito, ci tiene a lanciare un vero e proprio appello a chiunque fosse interessato ad acquistare o affittare lo stabile. Lui è disposto a ristrutturarlo e a concordare i termini della ristrutturazione per poi venderlo o cederlo in affitto all’eventuale richiedente.
Ci ha spiegato inoltre che il Comune di Bibbiena è sempre stato disponibile ad agevolarlo per ristrutturare lo stabilimento; purtroppo quello che è sempre mancato è stato un affittuario o un compratore, visto che Lorj è intenzionato a dar vita al progetto, ma solo se questo trova già una destinazione d’uso”.
Dovremo chiedere presto delle risposte a chi dovrebbe intervenire. Non siamo più nelle condizioni di lasciar perdere, rimanere a guardare, ma pretendere, a gran voce, qualcosa di concreto, perché in gioco c’è la nostra salute.
(tratto da CASENTINO2000 | n. 295 | Giugno 2018)