di Monica Prati – Grande evento a Santa Maria del Sasso martedì 27 marzo 2018, per l’inaugurazione ufficiale del Grande Crocifisso del ‘600 in carta pesta, magistralmente restaurato e riportato alla sua antica bellezza dagli esperti restauratori Alberto Spurio e Ida Bigoni, sotto la guida delle Belle Arti.
Questa preziosa opera d’arte sarà collocata nel Coro Monastico, al lato destro dell’altare, per poter essere ammirata e venerata più da vicino, anche grazie ad una appropriata illuminazione.
Abbiamo incontrato Padre Giovanni, che ci ha dato importanti informazioni sul luogo e il tempo in cui è stato realizzato, com’è stato ritrovato, chi è l’autore, su cosa rappresenta il Crocifisso per la chiesa e la comunità cristiana.
Dov’è stato realizzato il Crocifisso e chi ne è l’autore? «Per capire il valore del Crocifisso bisogna fare un salto indietro nel tempo e partire dal racconto di com’era la vita delle monache nei conventi. C’è un po’ la credenza a Bibbiena, in Casentino, che le monache siano sempre state qui, ma in realtà sono arrivate al Sasso nel 1926 e si sono portate dietro varie opere d’arte.
Opere che hanno sempre accompagnato la vita Domenicana e che provengono da Lucca, perché nel 1800 c’erano tre monasteri, tra cui quello di S. Giorgio e S. Caterina, tutti e tre soppressi poi nel periodo napoleonico.
Quando i monasteri furono chiusi nel 1806, le monache dovettero trovare un altro luogo dove vivere e così si spostarono nel Monastero di S. Polizzano dove rimasero fino al 1835. Dopodiché furono trasferite nel Monastero di S. Domenico dove rimasero in relativa tranquillità fino al 1866.
Nel frattempo lo Stato incorporò i beni del Monastero e ne divenne proprietario, poi comunicò alle sorelle che avrebbero potuto rimanere fino a che il numero delle stesse non fosse sceso fino a sei. Una volta rimaste solo in sei avrebbero dovuto trovare un altro luogo dove vivere.
La situazione precipitò velocemente e alle monache non rimase che andarsene da S. Domenico. Acquistarono un convento, oltretutto con enormi problemi strutturali.
Nel 1926 arrivarono al Sasso, e così inizia la storia della comunità Domenicana. Il patrimonio delle opere d’arte subì un percorso simile, vennero trasferite da S. Domenico e da S. Giorgio e arrivarono in Casentino.
Il Crocifisso restaurato non è detto che venga dal Monastero di S. Domenico, il dubbio è nato perché controllando i documenti storici dell’epoca con l’aiuto delle monache, non c’è traccia del Crocifisso in questione, di altri si, ma di questo no.
Sono state fatte delle ricerche a Lucca e negli annali (documenti) scritti dalle monache dove viene descritta la vicenda del Crocifisso.
Esistono molti tipi di crocifissi ritrovati nei vari monasteri, ma esiste un solo esemplare di Crocifisso in carta pesta di queste dimensioni e con queste caratteristiche.
Nei documenti si trovano alcune incertezze riguardo i passaggi che ha avuto perché una monaca che lavorava nel laboratorio, detto “pittoria” dove le monache artigiane dipingevano e scolpivano per poi vendere i prodotti, riferì che uno scultore molto capace fece il Crocifisso e lo donò.
Lo scultore dopo poco tempo morì e così non riuscì ad assemblare tutte le parti del Crocifisso, che rimase scomposto in vari pezzi.
La monaca li prese, li ripulì e chiamò uno scultore lucchese in aiuto per assemblare le parti. Il Crocifisso venne completato e in un secondo momento fu chiamato un pittore. Il risultato è un lavoro fatto a quattro mani.
Il Crocifisso venne posto nell’altare, nei dormitori il 20 agosto del 1700 con intorno quadri e ornamenti che servivano per il culto e l’adorazione e ai piedi dello stesso venne collocata una statua della Madonna addolorata, in parte di carta pesta in parte di veltro, a grandezza quasi naturale, per rappresentare la scena della crocifissione di Gesù.
Alla domanda chi è l’autore non possiamo dare una risposta certa perché nei documenti non risulta il nome. Però proprio di questi giorni è la notizia del restauro di un Crocifisso simile a questo, perché all’epoca i vari scultori li realizzavano in quel modo cambiando i dettagli: le vesti, aggiungendo la barba, il colore degli occhi ecc. e la carta pesta era molto usata perché consentiva un risparmio di denaro e perché i crocifissi venivano portati in processione.
Il Crocifisso gemello di questo ha girato per l’Italia, ottenendo il gradimento di tante persone. Con molta probabilità nel ‘600 uno scultore fiorentino, appartenente alla Bottega di Ferdinando Vacca realizzò lo stampo di questo crocifisso che è stato utilizzato in quel periodo storico. Dunque non sappiamo chi ha realizzato il Crocifisso che da oggi possiamo ammirare, ma sappiamo che lo stampo è quello.
Il patrimonio artistico del Monastero, custodito dalle monache, comprende inoltre altre opere ricevute in donazione, che nel tempo verranno restaurate e collocate nell’apposita area museale che si pensa di realizzare e comprenderà il chiostro monastico e il refettorio».
Che cosa rappresenta per la Chiesa e la comunità cristiana del Casentino? «È al centro della fede. Cristo ci ha salvati con la sua morte e il Crocifisso rappresenta il modo in cui lui è morto. Per i fedeli è il punto di riferimento principale insieme all’Eucarestia dove vi è una presenza “virtuale” se vogliamo, di figura, mentre nell’ostia consacrata vi è la presenza reale di Cristo. Dunque Crocifisso ed Eucarestia sono i punti principali dl cattolicesimo.
La Croce ricorda ai fedeli il sacrificio di Gesù quindi è presente in ogni chiesa, non può mancare. Visto che Gesù è risorto ci sono rappresentazioni varie della croce a seconda della sensibilità, a volte il crocifisso è avvolto da un manto bianco, a volte la croce è lucente.
Il crocifisso di carta pesta che è stato inaugurato oggi, prima era attaccato alla parete sinistra del coro monastico e non si vedeva. Una persona che tutte le mattine viene alla messa da anni, quando l’abbiamo calato giù e posto sopra l’altare ha esclamato: “Oh bello! Dov’era fin’ora”. Ora il crocifisso è in bell’evidenza così che tutti possano pregarlo e venerarlo, ed è circondato da altre opere d’arte di vari autori importanti, come il quadro che raffigura l’Assunzione datato 1530 anch’esso restaurato, il quadro della nascita della Madonna del Ligozzi, la tavola Robbiana in terra cotta».
(tratto da CASENTINO2000 | n. 294 | Maggio 2018)