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martedì, 3 Dicembre 2024

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Il lungo filo delle emozioni

di Francesco Benucci – Aggirandosi per Stia, in una suggestiva cornice di terreno incastonata tra Arno e Staggia, sotto lo sguardo paterno di monti e castelli, vi potrebbe capitare di imbattervi in un filo arancione, un vero prodigio di gioia e colore. È un filo speciale, che racconta storie, percorre il tempo e trasmette emozioni. Potreste seguirlo, mentre si snoda tra gli scorci di Piazza Tanucci, si dipana, divertito, tra il verde delle Terme, si arrampica sulle evocative vestigia del Lanificio di Stia, per poi ricomporsi in quel gomitolo che rappresenta idealmente lo spirito e la mission della Tessilnova, azienda specializzata nella produzione di panno Casentino di alta qualità, destinato sia alla fantasia di stilisti ma anche di designer, le cui maestranze presero vita esattamente 60 anni fa, nel novembre 1961. Così, se, in ossequio a questo anniversario, riavvolgiamo… la spola, il suddetto filo ci scorrerà tra le mani, portandoci tra le trame dei tanti aneddoti che, dai tempi del fondatore Gabriele Grisolini all’attuale gestione del figlio Claudio (insieme nella foto in alto), hanno arricchito un piccolo grande patrimonio di storia locale.

Siamo, appunto, negli anni ’60, l’epoca del boom economico, dell’avvento delle minigonne, della Fiat 500 (la sua targata AR 29900) e di Carosello, nonché di Elvis e dei Beatles; è in questo contesto che il citato Gabriele, ad appena 21 anni, compra un telaio, ne affitta altri due e crea il primo embrione del suo sodalizio, sodalizio che si distingue da subito per il clima familiare e per la forte componente femminile: la presenza, in reparto di 33 donne a fronte di 2 uomini (!?), il loro basilare sostegno nelle fasi di avvio di un’entusiasmante avventura, il reciproco appoggio della prima socia come la preziosa e da poco compianta Marietta Caleri, sono tutte testimonianze inequivocabili di quanto affermato poc’anzi.
E lo stesso Gabriele non tarda a dimostrare apertamente la propria simpatia e gratitudine, anche con modalità sui generis, che certificano la genuina realtà delle comunità paesane: eccolo allora consigliare ad alcune di loro un fidanzato, indicare “un buon partito”, instaurare un’atmosfera confidenziale e serena, cercare di tessere non solo vestiti… ma anche matrimoni!

A conferma dell’aria professionale, ma al contempo affabile che si respira tra i telai, nei primi decenni di attività, alle colleghe che abitano più vicino ai locali del Lanificio, temporaneamente sostituite dal nostro, viene talvolta affidato il compito di recarsi a casa a cucinare cenci fritti o altri manicaretti, per la gioia degli occhi e soprattutto del palato!
A proposito di occhi, certo lo sguardo non può restare indifferente quando, a metà anni ’70, Gabriele acquista un maggiolone arancione (e di quale altro colore, altrimenti?), che, parcheggiato al ponte della Tintoria, colpisce immancabilmente i passanti, in primis l’Ing. Sergio Batisti della Cartiera di Papiano, i quali possono considerarlo, a ragione, alla stregua di un originale cippo miliare o di un elemento ormai caratteristico del paesaggio.

D’altronde, un mezzo di locomozione è necessario, alla luce degli spostamenti che, nel corso dei anni, vedono, giocoforza, i locali dell’azienda casentinese, tessitura e spaccio, ubicati in luoghi diversi sempre all’interno del Lanificio, dalla Stanza dell’orologio al p.t. del Terrazzone, dal menzionato spazio vicino al ponte della Tintoria all’attuale ubicazione per la tessitura, dall’ex asilo nido del Lanificio, agli ex uffici del Lanificio medesimo, fino all’ex officina meccanica e falegnameria dov’è attualmente, tutte location che quel filo arancione percorre, recandone tracce e sussurrandoci storie, anche quando sfondiamo il muro degli anni ’80; è in questo lasso di tempo che Laura Biagiotti consiglia a Gabriele di aumentare i colori in cartella, oltre ai tradizionali arancio e verde, fornendo uno stimolo che porterà agli attuali (più di 30); che Enzo Biagi, all’oscuro di molti stiani, sceglie proprio il paese dove nasce l’Arno, in estate, per scrivere e uno dei pochi posti in cui si reca, vestendosi in modo da non rendersi immediatamente riconoscibile, è giustappunto da Gabriele; che Claudio, il figlio, comincia a prendere confidenza col mestiere pur avendo meno di 6 anni: quando Luciana Pierguidi, la prima apprendista di Gabriele negli anni ‘60, lo trova alla macchinetta della trama, con tanto di panchetto per raggiungere l’altezza ad hoc, un po’ si spaventa ma si sente rispondere con cipiglio sicuro «io la so fare», per poi successivamente incassare la conferma del genitore «così, se fa la trama, sta bono!».

D’altra parte incontri ed episodi particolari, sono all’ordine del giorno: negli anni ’90 può capitare di entrare e vedere Gabriele che prova un cappotto ad un distinto signore col quale pare in rapporto di grande confidenza, salvo scoprire che quel signore è Ferruccio Valcareggi, noto allenatore della nazionale italiana di calcio!

Nei primi anni 2000 Ugo Pagliai e Paola Gassman sono clienti fissi… e non solo! Infatti, un giorno, la Gassman, entrando un gruppo di americani e vedendo Gabriele occupato col marito, si mette a fare la “commessa”, tanto che degli italiani, riconoscendola e notandola dietro il bancone, pensano di essere finiti in una candid camera! Proprio negli anni 2000 si rinverdisce una tradizione che vede il panno Casentino, sin dal 1800, legato a nomi che hanno fatto la storia: ecco allora che il nostro filo arancione tesse trame che toccano, tra gli altri, D’Annunzio, Thayaht, Puccini, Audrey Hepburn, Edoardo VIII, Placido Domingo, il duca d’Aosta Amedeo (nella foto in basso accanto a Gabriele), fino ad arrivare al 2009 con il Maestro Bocelli, che lo indossa alla prima a Londra di un film Disney di cui ha cantato la colonna sonora, Dario Cecchini, il macellaio/poeta di Panzano, promoter-testimonial della bistecca alla fiorentina e del panno Casentino, senza dimenticare vestizioni più particolari e con un’eco internazionale come quella del Manneken Pis a Bruxelles!

Al contempo dal 2011, in un’epoca sempre più multimediale, Tessilnova non si fa trovare impreparata, come testimoniano le apparizioni di suoi capi e tessuti, nel lungometraggio La meglio gioventù, con tanto di varie visite del suo regista a Stia, nella serie RAI de I Medici e in ben tre film a breve in uscita. In tale quadro positivo e propositivo perfino le problematiche dovute al Covid sono vissute come un’opportunità, in questo 2021, infatti, la pandemia provoca delle contrazioni nelle vendite e nel lavorio ma concede spazi di tempo che consentono a Claudio di mettere in cantiere un progetto ambizioso: l’idea, anzi, il sogno, cullato da sempre, palesato anche pubblicamente in molti video del passato, sperimentato con prove atte a concretizzarlo, è di tornare ad utilizzare lane casentinesi o perlomeno italiane, in luogo di quelle odierne, di importazione; la ricerca o il caso produce l’incontro con un allevatore di razze di pecore italiane da cui ottiene le prime lane, i primi filati, per la ri-realizzazione del panno Casentino cento per cento nostrano. D’altronde, prima del panno suddetto, era celebre la lana casentinese, quindi si tratterebbe di un ritorno alle origini, proprio in un periodo in cui il trend della globalizzazione, con la pandemia Covid, ha messo a nudo delle falle da cui ci potremmo salvaguardare solo valorizzando la nostra vera produzione locale.

E in fondo, se seguite bene quella fibra arancione, se andate oltre quella spola, se scavalcate i 60 anni dell’azienda, troverete una storia ancor più antica ed una tradizione ancor più corposa, che tesse le sue trame tra lanaioli, pastori, transumanza, gualchiere e mulini, arti e mestieri, e che oggi, coniugando eredità del passato e un aspetto moderno e funzionale, ci restituisce il lungo filo delle emozioni.
È Casentino, baby!

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