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sabato, 5 Ottobre 2024

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La chiesa di Sala come l’araba fenice

di Monica Prati – Qualche anno fa, percorrendo la SR71 in direzione nord, tra Porrena e Pratovecchio, d’un tratto svoltando a sinistra la strada diventava dissestata e si era dentro un abitato deserto, degradato, fatiscente. Resti di case, della chiesa, neanche un cane o un gatto che si muovevano in quel cimitero. Non era successo un terremoto, ma un incendio che unito al tempo, lento e severo aveva rovinato tutto e l’abitato era rimasto solo con le case e la chiesa vuota, morta, diventata un fantasma.
Quell’abitato si chiama Sala e la chiesa è quella di San Lorenzo, ed è un bene di interesse storico-culturale di enorme valore. Testimonianza di civiltà, affetti e memoria, che costituiscono l’identità di un territorio e della sua popolazione. La tutela e la preservazione si erano così resi indispensabili per riportarlo in vita. Dopo anni di appelli, incontri, progetti, accordi, finalmente sono iniziati i lavori di ristrutturazione, recupero e riqualificazione del complesso monumentale composto dalla chiesa rinascimentale e dai locali annessi.
Abbiamo incontrato l’architetto Roberta Fabbrini, progettista e direttrice dei lavori per sapere come sta procedendo questo importante intervento di recupero.
Quando sono iniziati i lavori? «Circa due anni e mezzo fa. Ma quando si opera sul patrimonio esistente, ovviamente le tempistiche devono necessariamente seguire gli imprevisti, che in questo caso non sono stati banali. Anche soltanto nella fase di ricostruzione di porzione della copertura della chiesa, che era l’intervento più semplice, sono venute alla luce alcune travi “finte” o “scatolate” assolutamente inaffidabili e non visionabili in fase progettuale, che hanno comportato un importante rifacimento dell’orditura secondaria. Imprevisti di questa natura, ovviamente, oltre a ripetute sospensioni dei lavori, prevedono ogni volta la redazione di una perizia di variante, che consenta la necessaria copertura finanziaria. Comunque siamo nei tempi previsti dal contratto per la fine dei lavori.
Stiamo terminando la fase impiantistica, per poter poi procedere all’ultima mano di tinteggiatura interna della chiesa, alla pulizia profonda del pavimento, prima di rimettere gli arredi. Tra l’altro stiamo cercando di mettere a posto anche una parte degli arredi sacri, confessionale e sedute del coro, fortemente danneggiate dai crolli del tetto e dall’incuria cui sono state sottoposte per anni. Lo spirito che guida questi piani complessi di recupero è quello di riconsegnare un bene ad uso pubblico nella migliore condizione possibile, compatibilmente con le risorse che abbiamo a disposizione, sia strutturali, sia di decoro architettonico».
Quando la chiesa ha iniziato a dare segni di cedimento? «Nel lontano 2002 un corto circuito dell’impianto elettrico dell’ultimo piano causò un incendio alla copertura, con il conseguente crollo del tetto della canonica. La Diocesi di Fiesole si fece carico quindi di un primo lavoro per la realizzazione di una copertura provvisoria, per proteggere il resto dell’edificio, che poi fu definitivamente evacuato. Fummo quindi incaricati di un primo progetto di restauro del complesso sacro. Non riuscendo ad attivare risorse economiche adeguate la Diocesi di Fiesole decise di mettere in vendita il bene, vista l’entità economica non sostenibile dei lavori di recupero. Questa situazione è continuata per alcuni anni.
La soluzione possibile, la strada da poter percorrere ci fu suggerita da un importante intervento di restauro che stavamo conducendo nel vicino comune di Castel San Niccolò: il restauro dell’ex Collegio Dei Salesiani, grosso complesso monumentale sul quale la Regione Toscana aveva finanziato la realizzazione di alloggi e contemporaneamente il restauro delle parti monumentali (il piccolo teatro, la chiesa, il refettorio, oggi sala convegni, il piazzale storico con i suoi loggiati). Un intervento molto grande e complesso, che aveva messo in campo enti e istituzioni, attivando sinergie che avevano portato al restauro globale di un edificio enorme, che era in fase avanzata di degrado e di crolli scomposti. Ci venne l’idea di provare a riproporre su piccola scala quella esperienza. Iniziammo incontri, contatti e colloqui per verificarne la fattibilità. Se non ricordo male, già nel 2009 è iniziato tutto un percorso regionale di ipotesi di finanziamento e stralci dell’intervento. Un percorso lungo e complicato, supportato in itinere dalle risorse destinate alle abitazioni a canone agevolato della Regione Toscana. C’è da dire, che negli ultimi anni la Regione e Arezzo Casa s.p.a. hanno attivato un meccanismo virtuoso di previsione di risorse anche nel restauro di beni simili, che sebbene più oneroso, non comporta nuovo consumo di suolo e restituisce alla collettività beni che, oltre ad essere patrimonio storico-monumentale, sono caratterizzati da un forte legame affettivo da parte della popolazione del luogo. Ad un primo step di finanziamento non sufficiente a realizzare tutti i sei alloggi del progetto, che ci ha costretti a procedere per stralci successivi, si sono aggiunti di volta in volta risorse in parte anche dallo stesso comune di Poppi. Ad oggi possiamo finalmente dire di avere la copertura anche per la realizzazione dell’ultimo alloggio e per la sistemazione delle parti esterne del complesso (il piazzale in pietra della chiesa, il restauro di alcuni elementi interni alla parte ad uso pubblico, il forno comune, solo per fare alcuni esempi). Questo grazie all’intervento diretto di Arezzo Casa s.p.a. e del comune di Poppi, che devo dire, come tutti noi, hanno messo un po’ il cuore nel complesso di San Lorenzo a Sala».
L’architetto Fabbrini ci mostra tutti gli appartamenti. Ce ne sono di grandi e più piccoli con soggiorno, camera, bagno. Ce n’è anche uno al piano terra per disabili. Subito salta all’occhio che sono molto belli, di valore storico anche importante e ci sembra strano che saranno destinati all’edilizia residenziale pubblica agevolata. Per avere questi appartamenti, infatti, verranno fatti dei bandi pubblici ai quali accederanno solo famiglie con reddito basso.
Questi appartamenti hanno poco di “popolare”… «Il fatto è che quando si recuperano beni monumentali quindi comunque di importante valore storico-culturale esiste una sola e auspicabile modalità di intervento, quella cioè del restauro e risanamento conservativo. Questo prescinde dalla tipologia di utente finale, ammesso e non concesso che possano essere fatti distinguo di questa natura. Del resto, il complesso è sempre stato utilizzato con finalità sociale dai parroci (come non ricordare Don Enzo Ghirelli, n.d.r.) per accogliere famiglie, immagino con richieste economiche sostenibili.
Ed è proprio per la finalità sociale dell’utilizzo del complesso, credo, che la Diocesi di Fiesole ha accettato di buon grado di far parte di questo programma di recupero, cedendo al comune di Poppi la porzione dove si trovano gli alloggi, condizione essenziale per l’intervento, in cambio del restauro totale del complesso e delle sue pertinenze e riservandosi comunque, oltre all’edificio sacro, un’ampia sala parrocchiale, lo studiolo, la sagrestia e tutti gli spazi accessori del piano terra. Oltre che il resede circostante la chiesa e il giardino anteriore. Che ovviamente resta tutto in proprietà della Parrocchia di San Lorenzo».
Parliamo di costi. «I lavori sono stati aggiudicati alla Ditta Nigro & C. Costruzioni di Prato per un importo a base d’asta di 586,666,23 Euro. I successivi finanziamenti che ammontano all’incirca ad altri 100.000,00 euro terminano e completano l’intervento nelle parti stralciate nella fase iniziale dei lavori. Devo riconoscere che anche in questa seconda operazione, che abbiamo avuto modo di seguire, sebbene su scala molto più ridotta rispetto al su citato esempio di restauro dell’ex Collegio Dei Salesiani, ossia di un piano integrato di intervento, una serie di persone, enti, istituzioni hanno trovato la giusta sinergia per fare ciascuno la propria parte, cosa che in meccanismi così complessi non è sempre scontato. Possiamo dire, per richiamarci alla mitologia, che la chiesa è rinata dalle proprie ceneri, come l’Araba Fenice. Diversamente l’immobile sarebbe crollato.
C’è da sottolineare che per la Regione sarebbe stato più semplice dire: “prendete i soldi e costruite ex novo cinque casette”, invece, nonostante un complesso monumentale come questo, che implica problematiche maggiori, a livello di vincolo di tutela del bene e a livello di accordi che è stato necessario trovare, ha voluto procedere al recupero. In tutto questo è stata fondamentale la Diocesi di Fiesole, che ha chiesto semplicemente il risanamento e la rimessa in funzione degli spazi destinati all’esercizio del culto cattolico. È stata eccezionale la Ditta costruttrice Nigro & C. che ha eseguito i lavori con diligenza. Naturalmente, tutto ciò ha richiesto tempo, ma a questo punto l’obiettivo è quello di consegnare l’opera compiuta entro la fine del 2018».

(tratto da CASENTINO2000 | n. 299 | Ottobre 2018)

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