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venerdì, 26 Aprile 2024

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La macelleria sociale nella sanità toscana

di Fausto Tenti – Anche la Toscana, sulla Sanità, è stata regione felix, ma è da diverso tempo che è INfelix… Infatti, l’esperienza quotidiana di molti cittadini che si rivolgono al servizio pubblico, accedono ai suoi servizi, usufruiscono delle sue prestazioni sanitarie, racconta una realtà drammatica. Persone che si trovano a fronteggiare lunghe liste di attesa per una visita specialistica, un intervento chirurgico programmato, un esame diagnostico, che si trovano ad avere un sistema di compartecipazione alla spesa (ticket, tariffario, ecc.) tra i mediamente più alti del Paese. Combinati disposti che spesso spingono a rivolgersi fuori del servizio pubblico, nel privato, e a pagare di tasca propria esami, prestazioni diagnostiche, visite specialistiche, a prezzi più o meno uguali del pubblico e con tempi di attesa molto inferiori: solo chi se lo può permettere, però…
Perché, sempre con più frequenza, anche nella nostra regione, ci sono persone, le più fragili, deboli e povere, che sono costrette a rinunciare alle cure sanitarie. Avendo indubbiamente perso, la Sanità toscana, quel ruolo di primo piano nella coesione sociale che aveva…

Da tempo, dicevo, la nostra regione ha subito un’involuzione profonda della natura del suo sistema sanitario, involuzione che ha investito lo stesso modello, non più, nei fatti, pubblico e universalistico, ma caratterizzato da una sanità integrata a più livelli nei quali il privato, ed in particolare il terzo settore (la cd. “impresa sociale”) ha assunto un ruolo fortemente sostitutivo del servizio pubblico, spingendo con forza le persone verso le forme assicurative della sanità integrativa o il lavoratore a considerare positivamente i benefit erogati dal “welfare aziendale”. Si privilegia un terzo settore (laico in Toscana con Rossi, clericale nel Lazio con Zingaretti, entrambi del PD) facendone il naturale sostituto per l’erogazione di Livelli Essenziali di Assistenza; si pensi alla diagnostica e alla specialistica, di cui grossi pacchetti, in termini di milioni di euro, sono stati ceduti alla cd. impresa “sociale”. La scelta è stata quella – con le note ragioni delle risorse mancanti, della coperta stretta, del “ce lo chiede l’Europa” – di aver sancito la dismissione della Sanità pubblica quale diritto universale e garantito a tutti. Cosa che ha portato, nel tempo, queste fasce di popolazione fuori dal sistema pubblico, alimentando i processi di privatizzazione della sanità toscana.

Vieppiù, la Riforma Sanitaria del 2015 con le “ASLONE” – tra accentramento organizzativo e disuguaglianze – ha attuato un’idea di accentramento istituzionale (tre sole aziende di area vasta al posto delle precedenti aziende provinciali e sub provinciali) che ha ottenuto il risultato fortemente negativo di penalizzare i territori, soprattutto quelli più periferici (zone montane, isole) che non contano più nulla all’interno del governo e della programmazione sanitaria. Ma la ricaduta più grave è che la nostra regione, con questa riforma, è diventata più diseguale. Una Toscana diseguale in cui il tante volte richiamato principio di equità si scontra con la realtà di periferie che si sono viste assegnare risorse sempre più scarse, sottrarre servizi, tagliare prestazioni sanitarie e sociali, depauperare il proprio sistema locale di protezione sociale. Una Toscana appunto insulare, montana, geograficamente marginale, che si è vista sottrarre una sanità territoriale, laddove – per lungo tempo – questa aveva rivestito un ruolo di volano per un’economia sempre più povera e svuotata degli storici presidi produttivi scontando, in termini di salute, un evidente peggioramento delle condizioni. Una Toscana diseguale, dicevo, dove non a tutti è garantita un’uguale capacità di accesso ai servizi e con una riduzione sistematica della quantità dei medesimi, delle prestazioni e della qualità delle cure. Anche il lavoro in sanità è sempre più precario, perche segue sistematicamente i processi di esternalizzazione avvenuti in questi anni che hanno riguardato prima i servizi cd non sanitari (pulizie, mense, manutenzione, ecc), sino a toccare una fetta consistente del cd “core” dei servizi sanitari. Appalti con gare al ribasso che spesso comportano, nello stesso posto di lavoro, con mansioni sovrapponibili, la coesistenza di lavoratori con contratti sensibilmente differenti in termini di salario ma anche di carichi lavorativi e di tutele. Il tutto si riflette drammaticamente sulla qualità e la sicurezza delle prestazioni, ripercuotendosi negativamente sulla sua capacità – che è anche un suo importantissimo valore intrinseco – di generare salute.

Compito di noi Comunisti è non solo e non tanto di resistere a questa macelleria sociale, ma di assumersi la responsabilità storica di abbattere (anche) questa sciagurata riforma regionale, attraverso un pensiero lungo, una visione strategica: quella cioè di riportare il servizio sanitario regionale pubblico ad un modello a carattere – veramente, sul serio – universale, garante di diritti, dismettendo il carattere selettivo che la Sanità toscana ha ormai assunto; considerare la sanità (e il sociale) come settori di investimento per garantire diritti fondamentali (alla salute e alla protezione sociale) e farne nuovamente un volano economico; investire in prevenzione e in territorio; creare buon lavoro e sana occupazione.

Con estrema urgenza, occorre contrastare con forza scelte come il regionalismo differenziato (che persegue con ostinazione anche Bonaccini, sempre del PD, in Emilia Romagna) bloccare lo sviluppo della sanità integrativa e del welfare aziendale, tramite collegate proposte di rifinanziamento della sanità pubblica. Lo strumento più efficace, equo ed economicamente sostenibile per finanziare la copertura sanitaria universale, è quello di avvalersi della cd “fiscalità generale”.

Occorre anche dare la priorità alla prevenzione collettiva, che include strategie che riguardano, oltre l’attenzione individuale, politiche generali messe in campo su più settori che rappresentano i cd “determinanti” non strettamente sanitari. Con ciò riprendendo – con maggior vigore – gli interventi sui “determinanti” ambientali: qualità dell’aria, qualità delle acque, il campo della mobilità, siti inquinanti ed inquinati, rifiuti-discariche-inceneritori (ancora ce ne sono troppi in Toscana), luoghi di lavoro, ecc.. E agendo – attraverso il perseguimento di specifici “obiettivi di salute” territoriali, orientati alla riduzione delle diseguaglianze – sui “determinanti” sociali, ormai riconosciuti come quelli che più influenzano lo stato di salute delle persone: l’esclusione sociale, il gradiente sociale, le condizioni di lavoro, lo stato di disoccupazione.

Tra le principali cose da fare, oltre ad una forte e decisa riduzione delle liste d’attesa, c’è da potenziare rapidamente le Reti dei Consultori e rivedere, con una profonda rivisitazione, l’intramoenia.

MAIL: partitocomunista.arezzo@gmail.com

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