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venerdì, 8 Novembre 2024

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La pesca “alla casentinese”

Aldo Piccinotti, esperto pescatore del Casentino, ci racconta tutti i segreti della pesca casentinese, facendo un “tuffo” nei suoi ricordi… «Ricordo la prima volta che legai l’amo alla lenza. Un giorno mi feci coraggio, fermai “Legnata”, un vecchio pescatore di Stia, e gli chiesi se mi insegnava a legare l’amo. Mi rispose: “Ragazzo! Non ho tempo da perdere!” e io, che mi ero portato dietro tutto l’occorrente: “Via, fammi vedere come si fa almeno una volta!” Lui, sorridendo per la mia audacia, con pazienza mi svelò il mistero. Imitai subito i suoi gesti per una, due, tre volte e imparai a legare l’amo.

Comincia così la mia storia di pescatore. Da ragazzino pescavo le lasche con la bottiglia, poi con il tempo, provai tutti i tipi di pesca possibili e immaginabili e credo di essermi meritato per questo un po’ di considerazione. Infatti, adesso sono anche io un vecchio pescatore come Legnata, ma nessuno (e un po’ mi dispiace!) mi ha mai chiesto di insegnargli come legare l’amo. Con il passare degli anni, dopo tutti gli innumerevoli modi di pescare provati, sono ritornato alla tradizionale “pesca alla casentinese”, Cioè canna fissa, telescopica, di 5, 6 o 7 metri, a seconda dell’ampiezza del torrente. Filo verde 30, 40 centimetri attaccato al cimino, 1 metro circa di lenza, 2 o 3 piombini o anche più se l’acqua corre veloce, 1 amo del 4. É tutto quello che serve… Esche a parte. Sta poi al pescatore intuire il luogo dove si nasconde la trota e scovarla.

Infatti ogni stagione richiede una tecnica di pesca diversa: in inverno la trota sta nelle correnti di media intensità, o nelle pozze dove l’acqua non ribolle troppo; in primavera l’esca in movimento permette più catture. In estate invece, si pesca al “sasso”, perché con poca acqua la trota se ne sta ferma sotto la pietra e solo la sera, sul tardi o la mattina presto, è più attiva. Poi d’autunno la pesca si chiude. Dalla prima domenica di ottobre all’ultima di febbraio è infatti il tempo della frega e noi pescatori, volenti o nolenti, ce ne dobbiamo fregare (della pesca appunto!).

Nei nostri torrenti, e ne rammento qualcuno: l’Oia, l’Imposto, il Graina, il Vincena, l’Arno, la pesca alla casentinese è la più redditizia perché con la lenza corta si pesca ovunque e ovunque può stare una trota. È una pesca veloce, scorrevole, due o tre chilometri di fosso. È una questione di poche ore. Ricordo tanti anni fa, quando in Romagna si facevano pescate da non credere. Di trote ce n’erano molte più di ora e i romagnoli con le loro “bolognesi” pescavano esclusivamente nelle pozze più grandi. In pratica le trote le lasciavano tutte a noi “incivili predatori”.

Va detto che noi pescatori casentinesi ci dedicavamo con molta assiduità al ripopolamento, cosa che non succede oggi. Si seminavano le trote (quelle giovani, dette avannotti) dovunque ci fosse un filo d’acqua e non solo in Casentino, ma anche in Mugello e in Romagna. Non so spiegarmi come sia potuto accadere che i nostri torrenti, oltre che ad essere scarsamente ripopolati, siano anche così ridotti male. Tronchi di ogni misura, accatastati sul letto dei torrenti, aggrovigliati al punto da scoraggiare il proseguire dell’acqua. Forse, quando ero più giovane e aitante, non ci facevo caso! Ma al di là dell’ironia, devo dire che tutta quella legna nei corsi d’acqua è potenzialmente pericolosa nell’eventualità che si formino grosse piene. Ma la passione per la pesca mi spinge ad andare avanti in questa passione costi quel che costi; un po’ come “fin che morte non ci separi”, proprio perché, chissà, forse questo è vero amore!»

(tratto da CASENTINO2000 | n. 270 | Maggio 2016)

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