Il 26 novembre 2023 al Teatro di Partina, Bibbiena alle ore 16.30: proiezione film “E tu come stai?” Racconto della resistenza degli operai della fabbrica ex GKN di Campi Bisenzio. A seguire dibattito con – Tiziana De Biasio, lavoratrice ex GKN, membra del Collettivo di Fabbrica. Silvia Ventura, avvocata giuslavorista, membra del gruppo di supporto legale del Collettivo di Fabbrica. Ore 20.30: aperitivo sociale
Dall’1° gennaio, dopo oltre 2 anni dalla comunicazione via email (!) della chiusura dello stabilimento, scatteranno nuovamente i licenziamenti dei lavoratori della ex GKN di Campi Bisenzio. Il momento, pensiamo, ci riguarda tuttə.
Questo è, quindi, anche un appello al territorio, per quanto possa valere se lanciato da un gruppo politico di vallata e di provincia.
L’ultima assemblea pubblica, fatta all’interno della fabbrica il 5 novembre, mentre centinaia di volontari partiti da qui erano nel territorio di Campi e dintorni a spalare il fango ed aiutare chi è stato maggiormente colpito, si chiudeva con questa frase: “è una questione di scelta”.
Aut aut. Ci sono fasi, momenti, situazioni in cui non è più possibile fare distinguo, sollevare interrogativi, porre condizioni ed avanzare i “si, ma”. O si sta dentro o si sta fuori. O si prende parte o non lo si fa. L’abbiamo capito bene con la situazione palestinese, ben più drammatica.
Il primo fine settimana di dicembre il Collettivo di Fabbrica ha chiamato a raccolta tuttə e noi non vogliamo farci trovare incerti nella posizione da prendere.
Sicuramente non sarà questo il tempo dell’affermazione di una società socialista e molto probabilmente gli operai perderanno il loro posto di lavoro, dobbiamo dircelo. Ma due cose sono certe: 1. il percorso fatto in questi 2 anni rimarrà scolpito in tuttə noi e da lì si ripartirà in ogni caso; 2. l’eventuale perdita di questo avanzamento politico, non nostro in termini di comunità politica (che c’è già stato), ma di società, non avverrà però senza inevitabili (a questo punto) contraccolpi.
Uno Stato che non ascolta e non dà risposte alle rivendicazioni di diritti non è democratico e decreta la sua fine o, comunque, ne mette gravemente in pericolo la sopravvivenza.
Uno Stato che non ascolta e non dà risposte alle rivendicazioni partecipate, di massa, di questi diritti vuole e cerca il conflitto, per poi magari giustificare la repressione ed il ripiegamento che ne deriva.
E questo è molto triste. Così come è triste doversi chiedere e imporre una scelta, per quanto possa rappresentare anche l’opportunità di (ri)trovarsi.
Dobbiamo dircelo: è un diritto sacrosanto che dei lavoratori non solo vogliano lavorare ma vogliano farlo in maniera etica, giusta. Che vogliano farlo tenendo in considerazione non solo il mercato (malato, malatissimo, non si discute) ma i diritti della persona, la salvaguardia dell’ambiente, l’attenzione per la comunità circostante.
Dobbiamo dircelo che è un diritto inviolabile quello di opporsi in tutti i modi possibili ad una speculazione immobiliare e finanziaria favorita da interessi economici e politici che mettono in stretta connessione un pezzo di imprenditoria (e di finanza) e figure di spicco del governo.
E che viceversa è un delitto di Stato non sostenere questo diritto, non prenderne le veci nell’opposizione ai fondi speculativi privati sfruttatori e opportunisti che sono all’origine di quest’operazione sprezzante e distruttiva.
Questo diritto rivendicato è semplicemente giusto, non può essere ignorato, se non minando la convivenza pacifica, come è giusto il diritto rivendicato di denunciare ed opporsi allo sfruttamento dei lavoratori, di opporsi ai Centri per il Rimpatrio ed ai respingimenti, di non volere in nessun modo la guerra e l’economia di guerra, di non volere altre basi militari, di non volere ulteriori attività estrattive e l’utilizzo intensivo dei territori e della natura, anche dal punto di vista agricolo, zootecnico o forestale.
Come sono giusti tutti i diritti rivendicati che tendono non agli interessi di pochi, ma a quelli comuni e della collettività (e di ciò che la circonda), e che ne chiedono l’attuazione ora, in maniera verificabile e anche criticabile, non in un futuro incerto immaginato in maniera patriarcale o messianica.
Dei 300 lavoratori ne sono magari rimasti 180, la lotta sarà forse coordinata da un gruppo di operai specializzati, la stessa forma cooperativa scelta per proporre un progetto alternativo di reindustrializzazione entra nella mischia del sistema capitalistico, a voler essere conseguenti la stessa scelta dell’economia di produzione potrebbe non essere idonea ad opporsi a tale sistema.
Comprendiamo gli argomenti, noi che forse facciamo del recupero di un modo di vivere locale, rurale, agricolo la nostra bussola politica. Ma ancor più per questo riteniamo straordinario il percorso fatto in questi 2 anni.
Il tentativo di opporci al sistema capitalistico praticando – coi nostri limiti certo, ma anche con le possibilità e la forte volontà di crescita – l’alternativa, nella ricerca di una sempre migliore armonia con le elaborazioni che ci guidano, è anche il nostro tentativo, come lo è, crediamo, di tutte quelle realtà che abbiamo avuto modo di ascoltare ed incontrare nelle decine di manifestazioni ed iniziative a cui abbiamo partecipato in questi anni.
Contro lo sfruttamento dei lavoratori delle aziende tessili di Prato, negli scioperi femministi e transfemministi contro la violenza maschile, contro la realizzazione delle ennesime basi militari, negli scioperi globali per il clima, mentre raccoglievamo firme per leggi di iniziativa popolare, lanciavamo iniziative contro lo spreco alimentare, per discutere di salute mentale ricordando che da vicino nessuna persona è normale, per opporci ad ogni forma di schiavitù di questa vita, per ricordarci di disertare la guerra, ora per la Palestina.
Ed è un tentativo maledettamente difficile, lo sappiamo, ancor più, forse, quando si pone in termini collettivi e, sicuramente, quando assume dimensioni estese.
In questo senso, il percorso fatto in questi 2 anni e sospinto dai lavoratori della ex GKN (ma condotto anche dalle tante altre realtà come loro già pratiche da anni) è stato un percorso politico straordinario e ne sono derivati punti di rottura del sistema incontestabili, sentiti e portati avanti in maniera condivisa da una larga comunità di persone, anche tra coloro magari non abituati a quelle altitudini e che solo grazie a questa condivisione hanno potuto affrontare la salita con più naturalezza.
Uno scoperchiamento delle enormi contraddizioni e della spietatezza che caratterizzano il sistema capitalistico, un’opposizione efficace con mezzi grandemente inferiori e, allo stesso tempo, la concretizzazione di una diversa idea che si vede, che ha dei contorni, dei volti, dei nomi, delle pratiche, una coerenza.
Questa diversa idea, è evidente, ove dovesse giungere a realizzazione, considerata la dimensione e la portata, avrebbe effetti per niente trascurabili e non può che essere contrastata da molti.
Accontentarsi, quindi, oggi – di fronte all’ennesima ora x delle nostre vite – di quei punti di rottura, senza contribuire a consolidarli definitivamente ed a costruirci intorno un esperimento di alternativa, pensando di poter poi tranquillamente proseguire i diversi percorsi intrapresi o da intraprendere come se nulla fosse successo, crediamo sarebbe un grave errore, che noi non vorremmo fare.
Per questo e per tutto vi chiediamo di partecipare il 26 novembre, per capire insieme dove e con che spirito ci troviamo ad affrontare il momento in cui quei licenziamenti stanno per diventare realtà e, con essi, l’ennesima prevaricazione di un sistema economico e politico contro cui quotidianamente resistiamo e costruiamo la nostra ribellione.
Per eventuali adesioni scrivere a: casentinoantifascista@protonmail.com