di Anselmo Fantoni – L’acquacotta può essere paragonata ai campanili, ogni paese ha il suo, anzi potremmo dire che ogni famiglia ha la sua ricetta. Mia nonna la faceva solo con le cipolle e un cucchiaio passata di pomodoro, di solito si faceva d’inverno alternandola alla minestra di pane, per cui si utilizzava cavolo nero, patate, fagioli, ceci e lenticchie, uniche verdure disponibili in inverno, quelle congelate sono arrivate molto dopo.
Lei veniva da Scansano, e le salsicce erano cose da ricchi, o meglio, si centellinavano perché durassero il più a lungo possibile. I piatti poveri di un tempo oggi sono diventati cibi da grandi gourmet, forse perché la cucina innovativa e tecnologica non riesce a toccare i ricordi profondi di un passato felice e spensierato di giovani che hanno elaborato soltanto in età adulta quanta fantasia dovevano avere le nostre nonne e mamme per sfamarci variando spesso il menù, ma soprattutto per tenere sotto controllo le spese alimentari, una volta importanti nelle famiglie numerose e dove si lavorava con tanta fatica, nei campi e non.
L’indicazione che l’acquacotta di Moggiona fosse un piatto invernale ce lo indica l’uso delle salsicce, anche se una volta si conservavano sott’olio o sotto strutto, ma che difficilmente superavano la primavera. Dall’8 dicembre alla quaresima c’era la mattanza dei maiali, non oltre perché l’innalzamento delle temperature poteva compromettere la salagione, cosi il primo prodotto consumato era la capaccia, poi le salsicce, salami, rigatini, spalla e infine il Prosciutto che arrivava in autunno. Quella di Moggiona è una variante che presentiamo questo mese.
Acquacotta di Moggiona Ingredienti Abbondante olio extravergine d’oliva 250 g cipolle rosse tritate grossolanamente 3 salsicce 400 g pomodori pelati o pomodori freschi maturi 1 pizzico di peperoncino Sale q.b. 250 g pane raffermo 100 g pecorino grattugiato per la versione storica 100 g di parmigiano grattugiato per la versione boomer. Preparazione In una padella larga scaldare l’olio e rosolare le cipolle fino a che non siano ben appassite. Nel frattempo incidere le salsicce in verticale con un taglio profondo, sbucciarle e cuocerle in una padellina ben calda su entrambi i lati. Farle intiepidire e poi tagliarle a fettine sottili. Aggiungere alle cipolle i pomodori pelati un po’ schiacciati, o i pomodori freschi a cubettini, il peperoncino e le salsicce a fettine. Mescolare bene il sugo e lasciarlo insaporire su fiamma bassa per il tempo necessario ne troppo ne poco, qui l’esperienza della massaia è fondamentale e deve essere presa in considerazione lo stato degli ingredienti: salsiccia freschissima o leggermente essiccata, cipolle di stagione o d’inverno, pomodori freschi o pelati. Tagliare il pane a fette sottili e disporne la metà in una pirofila bassa da forno. Versare sopra il pane metà del sugo e spolverizzare con 1/3 di pecorino. Distribuirvi il resto del pane, del sugo e spolverizzare l’ultimo strato col resto del pecorino. Infornare l’acquacotta di Moggiona per 10-15 minuti, fino a che il formaggio si sarà sciolto bene.
VINO CONSIGLIATO Raphael Rosato 2022 Rosato Lazio IGT Maria Ernesta Berucci I rosati oramai sono sempre più usati, a scapito spesso dei rossi più strutturati, più abbinabili a una cucina sempre meno pesante. L’acquacotta è un piatto semplice dalle tante sfaccettature, la base è la cipolla impreziosita in questa ricetta dalla salsiccia, ma è il pane che in toscana fa la differenza. Ha sfamato intere generazioni ma la produzione familiare nelle campagne faceva si che spesso lo si consumasse un po’ raffermo, allora si dette origine a piatti che lo vedevano protagonista zuppato o cotto, panzanelle, minestre di pane, acquecotte e pappa al pomodoro.
Una ricchezza di preparazioni in cui messer pane è il vero protagonista; piatti che stanno tornando alla ribalta in una ricerca culinaria innovativa ma saldamente radicata nella tradizione. Per la ricetta di questo mese abbiamo proprio scelto un rosato che viene da lontano, a sud della Capitale in una piccola zona vitivinicola fatto con un vitigno autoctono che sta cercando una sua nuova collocazione nel panorama enologico. Il Raphael rosato ha un colore invitante e fresco che introduce a profumi fruttati di ciliegia e arancia sanguinella con sfumature floreali di rosa. In bocca è fresco con sensazioni sapide bilanciate dall’alcool in un equilibrio piacevole, chiude con note agrumate. Ottimo l’abbinamento.
Entrare nel mondo di Maria Ernesta non è facile, la cura dei vigneti è maniacale e la tecnica di olo-omeopatia quanto mai singolare. Oramai nel vino si sente parlare sempre più di conduzioni biologiche, biodinamiche con decine di sfaccettature fino ad arrivare all’omeopatia applicata al mondo vegetale. La storia di Maria Ernesta va oltre l’apparenza, oltre la materia, essa è improntata a una profondità di sentimenti eterei, dove l’essere vale più dell’avere, dove il prodotto è un’opera d’arte maniacalmente creato da uve in armonia col loro ambiente.
Affascina la poesia dietro i vini di Maria, incantano le sue visioni razional-olistiche, stupiscono i suoi vini schietti e beverini. Non essendo lontano una gita nel Cesanese si può fare, magari scoprendo cose interessanti o quanto meno nuove, sia nel mondo del vino che in quello dell’enogastronomia. Come sempre moderazione per la vostra ed altrui salute e buon appetito con un’acquacotta particolare e un vino d’eccezione. Vis medicatrix naturae.
SAC A POCHE e MONDOVINO sono due rubriche a cura di Anselmo Fantoni