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lunedì, 4 Novembre 2024

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«Lei lo è un orso!»

Questa celebre frase indirizzata da Robert ad uno sciatore non proprio adeguato, ricorda perfettamente questo austriaco divenuto casentinese per amore, ma che con l’taliano ha sempre avuto problemi. Domenica scorsa il Casentino ha dato l’estremo saluto a Robert Nessmann, artefice negli anni ‘50 – insieme ad un gruppo di altri pionieri dell’epoca – della nascita e dello sviluppo del comprensorio sciistico di Fangacci-la Burraia, la montagna dove generazioni di casentinesi hanno imparato a sciare soprattutto grazie a lui. Nessmann, 94 anni ben portati fino agli ultimi giorni, era austriaco di nascita ma casentinese a tutti gli effetti. Tantissima gente, nonostante il tempo avverso, ha voluto omaggiarlo per l’ultima volta, e la sua bara è uscita dalla chiesa del cimitero di Stia sotto un arco fatto di sci, retti dai soci del CAI, dello Sci Club Stia, dell’Associazione Amici della Montagna, del gruppo sportivo dei Vigili del Fuoco di Pratovecchio, tutte quelle realtà che Nessmann aveva contribuito a far nascere e crescere. Mons. Corazzesi nell’omelia ha ricordato i tratti principali della sua personalità: il garbo e la signorilità, l’attaccamento agli amici, oltre alla profonda passione per uno sport che forse, senza di lui, in Casentino non ci sarebbe stato. Nato a Villach, Nessmann era nella nazionale tedesca quando Germania e Austria furono unificate sotto la bandiera del Reich. Venne in Italia nel 1941, per sfidare i nostri sciatori in una gara internazionale ad Asiago. Vinse slalom e discesa, ma poche settimane dopo fu chiamato in guerra e spedito nella tragica campagna di Russia; tornò dopo 5 anni, a piedi da Kiev. Erano sfumati gli anni migliori di un atleta, ma soprattutto le gambe, ferite e martoriate, non gli avrebbero più consentito di sciare ad alto livello. Per lavoro Nessmann finì a Genova, conobbe un altro casentinese dal nome straniero, Varraud, che con pochi pionieri si era messo in testa di costruire impianti di risalita dove c’erano i prati della Burraia, sotto il Falterona. Ci voleva uno specialista, nessuno come Nessmann poteva farlo. Collaborò con un altro “grande vecchio”, Fabio Clauser, che interpellò perché le piste si volevano sì realizzare, ma “Abbattendo meno alberi possibile”. I primi impianti vedono la luce nel ‘54. Da lì’ a poco, il comprensorio ospita tre piste e una fiorente attività giovanile, alla quale danno l’impulso i Vigili del Fuoco, che lo incaricano di fondare il gruppo sportivo. Arrivano anche i risultati. Il GS Vigili del Fuoco Pratovecchio giungerà 12. ai campionati nazionali, un po’ come se nel calcio, una squadra composta solo da atleti altocasentinesi, si guadagnasse la serie A. Il “gippone” e il camion dei pompieri partono per la Burraia ogni martedì e sabato, in inverno, pieni zeppi di ragazzi. Nasce la leggenda che “chi impara a sciare alla Burraia sa sciare dappertutto”. Nessmann sente che quella sua opera deve avere un seguito. Crea una generazione di maestri e istruttori, perché non vada perso quel patrimonio di conoscenze. Neanche lui può fare tutto da solo, e attorno gli gravitano figure come Giuseppe Bartolini (Beppe Sodo), Franco “Nardino” Vignali e tanti altri. Nessmann, sposatosi a Stia, non ha avuto figli, ma chiunque da queste parti sappia calzare un paio di sci porta ovunque un piccolo frutto di quel seme che lui gettò e fece crescere ormai più di 50 anni fa. Il Presidente dell’Ente Parco Luca Santini, suo allievo da ragazzo nel gruppo sportivo dei Vigili del Fuoco, ricorda che “Grazie a lui ed al suo lavoro con i giovani, in Casentino si è diffusa la pratica non solo dello sci, ma un nuovo e corretto approccio allo sport, alla montagna e all’ambiente. Il suo addio mi ha commosso profondamente, lascia un’eredità importantissima alla nostra terra”.

Nelle immagini: Robert Nessmann premiato recentemente dai Vigili del Fuoco Volontari di Pratovecchio, e sotto un gruppo di giovani allievi negli anni ’70. Nessmann è il primo a destra sugli sci.

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