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martedì, 19 Marzo 2024

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L’Uovo del Casentino

di Melissa Frulloni – Quando siamo al supermercato, sono molte le domande che ci poniamo prima di scegliere un prodotto: “Sarà di qualità? Sarà fresco? Quanto costa? Da dove viene?” Lo facciamo con molte delle cose che acquistiamo, ma sicuramente a tutti sarà capitato di fare questi ed altri ragionamenti prima di scegliere le uova. Un alimento povero, ma allo stesso tempo essenziale per molte delle nostre ricette casentinesi della tradizione. Nei confronti delle uova siamo sempre molto esigenti per freschezza e provenienza.

Nella nostra vallata c’è un’azienda agricola che le produce da oltre 30 anni, puntando da sempre su qualità del prodotto e benessere animale. Stiamo parlando de “Le Pescine”, situata nel territorio di Poppi e produttrice dell’”Uovo del Casentino”, divenuto ormai un marchio conosciuto in tutto il centro Italia.
Fondata nel 1987 da Agostino, Bruno ed Enrico Lelli, oggi è gestita da quest’ultimo (nella foto sotto), che porta avanti l’azienda di famiglia seguendo la tradizione, ma puntando anche sulla modernità di metodi avanzati di produzione. Lo abbiamo incontrato proprio nell’azienda agricola per conoscere meglio la realtà della produzione di uova fresche del Casentino.

Enrico perché e quando ha scelto di avvicinarsi a questo settore?
«In realtà avrei dovuto fare tutt’altro. La mia è una formazione tecnica, ma mio padre Agostino e mio zio Bruno tenevano molto che io portassi avanti questa attività insieme a loro. Sono loro che mi hanno convinto ad intraprendere questa strada e da quando l’ho imboccata ci ho messo molta passione, impegno e tanta volontà che sono state alla base del mio percorso imprenditoriale e, aiutato da un po’ di fortuna, sono riuscito a far crescere l’azienda nel tempo. All’inizio non avevo molte conoscenze di questo settore, sono stato un autodidatta. Il mio lavoro era principalmente quello della vendita delle nostre uova alle botteghe, ai piccoli supermercati, ma anche ai ristoranti e alle pasticcerie di tutta la vallata e anche nelle località più distanti che vanno dalla Consuma a Badia Prataglia, Rimbocchi, Corezzo, Chiusi della Verna etc. Continuiamo a farlo ancora oggi, perché crediamo che sia fondamentale non dimenticare quali sono le nostre origini, da dove siamo partiti. Quindi offriamo questo servizio anche nei piccoli paesi casentinesi, nonostante il marchio sia cresciuto e adesso sia presente nella grande distribuzione.»
Oggi l’”Uovo del Casentino” è un prodotto ben posizionato nel mercato di Toscana, Umbria e alto Lazio. Il nome conferisce a queste uova una connotazione geografica ben definita e l’intento dell’azienda è sempre stato quello di far conoscere il Casentino nel centro Italia. L’idea che sta alla base del prodotto è quella di esportare il nome della vallata fuori dai confini casentinesi, proprio per rilanciare, anche a livello regionale, il nostro territorio. Lo slogan: “Dal cuore della Toscana”, è stato scelto proprio per questo motivo.

Da quanti anni fate parte del circuito della GDO? E in che modo si è evoluta l’azienda nel tempo?
«Sono più di 20 anni che siamo all’interno della grande distribuzione. Da sempre abbiamo voluto dare molta importanza al benessere dei nostri animali; prima ancora che questo diventasse un trend molto forte del mercato.
Sono originario di Rimbocchi e ho sempre visto le galline libere di razzolare all’aperto; per questo mi sembrava naturale che dovessero stare fuori e non nelle gabbie.
Siamo stati tra i primi in Toscana (era il ’99) ad intraprendere il percorso per far evolvere la nostra azienda, riducendo il numero di animali in gabbia e prediligendo l’allevamento a terra e soprattutto all’aperto. Inizialmente credevo che il mercato non avrebbe apprezzato questa scelta; i consumatori non capivano la differenza di prezzo e benché tutti fossero concordi che benessere animale e qualità del prodotto sono fondamentali, non erano disposti a pagare di più per quelle uova. Alla fine, però, il mercato ci ha dato ragione e oggi questo è un andamento in continua crescita. Ovviamente, il prezzo è sempre una discriminante importante, ma sono davvero molte le catene di supermercati che puntano su una produzione di valore, che rispetta il benessere degli animali e il loro prodotto. Nel nostro allevamento abbiamo circa 55 mila galline; 27 mila vivono all’aperto, mentre 20 mila a terra e, una piccola parte, è rimasta ancora in gabbia per esigenze di mercato.»

Come avete affrontato il periodo della pandemia?
«Come potete immaginare, durante il periodo del lockdown, il nostro è stato un prodotto molto richiesto. Pasta fatta in casa, dolci, erano all’ordine del giorno nelle case di tutti noi. C’è stata soprattutto un’impennata delle vendite dirette, al consumatore finale. In realtà ci siamo trovati un po’ in difficoltà perché non riuscivamo a soddisfare tutte le richieste. Contemporaneamente però c’è stata una flessione delle vendite a ristoranti, panifici e pasticcieri, purtroppo chiusi in quel periodo. Oggi le cose si stanno “normalizzando”; le persone hanno voglia di uscire, di riprendere le loro abitudini e a tutti è venuto un po’ a noia di fare la pasta fatta in casa, quindi si sta registrando una lieve contrazione, in tutta Italia, sul prodotto uovo.»

Quanto contano per voi benessere animale e qualità del prodotto?
«Direi che sono alla base della nostra azienda. Da sempre abbiamo lavorato seguendo queste due direttrici e oggi ancora di più visto che è il mercato stesso e i consumatori a chiederci maggiori attenzioni. Le differenze tra gabbia e allevamento all’aperto sono evidenti per tutti; riteniamo che la qualità di vita sia superiore per l’animale allevato all’aperto.
L’idea è quella di migliorarci sempre di più e spesso abbiamo pensato di diventare un’azienda agricola biologica.
Crediamo però che sia impossibile farlo con i grandi numeri, dovendo gestire un allevamento di dimensioni importanti come il nostro. Il biologico va fatto con grande attenzione, seguendo tutte le regole imposte dai disciplinari. Per questo ci piacerebbe provare partendo da un numero ridotto di animali, 3000 galline al massimo, in cui poter veramente applicare tutte quelle che sono le direttive bio.

Sicuramente ci avrete fatto caso anche voi; spesso nella grande distribuzione i prodotti biologici costano anche meno di quelli tradizionali non biologici… Ma come è possibile? I prodotti biologici dovrebbero avere un prezzo maggiore rispetto a quelli non bio perché devono rispettare elevati standard di qualità e controlli rigidi e severi. Come si dice, la qualità va apprezzata e riconosciuta. Per questo è importante che i consumatori comprendano il valore di questo tipo di produzione e siano disposti a pagare qualcosa in più per freschezza, qualità, benessere e rispetto degli animali.

Nella nostra azienda agricola coltiviamo anche mais, girasole, orzo e grano, in circa 110 ettari di terreni. Tutto ciò che produciamo lo forniamo al nostro fornitore di mangime. Questo per noi è molto importante perché crediamo che la qualità di quello che mangiano i nostri animali sia alla base della qualità delle uova che producono. Tutto ciò per dare al consumatore finale un prodotto veramente fresco e genuino. Infatti, la freschezza delle nostre uova è un altro aspetto fondamentale sul quale puntiamo molto per dare una risposta di massima qualità al consumatore.»

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