di Francesca Maggini – Attore e regista, una personalità forte e sensibile allo stesso tempo, capace di dar voce al corpo e far danzare l’anima. Piero Baracchi, nato a Bibbiena nel 1962, inizia la carriera di attore alla scuola di Carlo Cirri in Firenze, poi entra al Piccolo Teatro di Arezzo dove si diploma.
Nella sua lunga carriera teatrale ha lavorato e collaborato con molti registri teatrali e cinematografici, non abbandonando mai, negli anni, la sua grande passione per il poeta Dino Campana del quale anche recentemente ha interpretato, in filodiffusione nei borghi di Bibbiena, le sue poesie regalando con la sua vibrante voce momenti magici anche a chi solitamente non frequenta il teatro.
Non in una convenzionale intervista ma in una singolare e interessante chiacchierata Piero ci racconta il suo teatro.
«Mi sono avvicinato a quest’arte in età adulta. Avevo circa 20 anni e scrivevo poesie, ne ho scritte tante, due libri, poi un giorno un caro amico mi convinse a leggerle in pubblico ed è stato allora che ho compreso quanto la mia voce potesse emozionare, permettendomi di diventare quel tramite fra le parole scritte, il semplice sentire e il vero ascoltare con la testa e con il cuore. Il teatro è stato dunque una scoperta coltivata negli anni e cresciuta nel tempo.
Cinque anni fa durante una meditazione ho capito che, in quel momento, il teatro stava diventando un peso, una sorta di fardello. Così decisi di fermarmi perché compresi che se pesava a me stesso sicuramente non riuscivo più a trasmettere agli altri ciò che avrei voluto. Adesso sono tornato consapevole di poter regalare emozioni. Ho ripreso la mia passione, del resto il teatro è qualcosa che mi appartiene.
È una preziosa forma artistica prima di tutto ma è anche una forma narcistica. Mi spiego meglio, inizialmente è servito a me stesso per una mia gratificazione personale, per dimostrare che valevo permettendomi anche di acquistare fiducia in me. Finita questa funzione, coperto questo bisogno mi sono accorto che, salendo sul palco, riuscivo a trasmettere emozioni, sorrisi, spunti di riflessione al mio pubblico. In ciò che sento oggi comprendo che il teatro ha assunto un valore molto diverso. Sono anche regista, scrivevo e scrivo per dare un senso attraverso l’arte all’esistenza, soprattutto nei momenti in cui la vita sembra perdere il suo senso. Ci sono state occasioni nella mia stessa vita nelle quali l’arte mi ha permesso di prendere consapevolezza del dolore e della sofferenza, mi ha concesso di elaborare un lutto e mi ha spinto, in qualche modo, a fargli assumere una valenza positiva. Il dolore, quello forte che colpisce il cuore, è diventato energia, impulso positivo per creare qualcosa di bello che potesse comunicare agli altri, emozionare e lasciare incanto nel cuore attraverso una voce narrante che deve arrivare agli orecchi e soprattutto al cuore. Del resto non basta la sola voce. Il teatro spesso viene scambiato come il lavoro più facile del mondo perché si crede il più facile. In realtà imparato timbro, tecnica, apprese le modulazioni delle voce, le molteplici intonazioni occorre testa per scegliere brani o poesie e quando si recita si deve dimenticare ciò che si è imparato, la tecnica deve scomparire e tutto deve apparire naturale agli occhi e agli orecchi di chi ascolta».
Il teatro non è, quindi, per tutti, ci vuole capacità e una straordinaria sensibilità quella che Piero ha dentro di se, quella che lascia scorrere, quella che scuote la sua emotività per restituire al pubblico un’emozione vera che rimane impressa nel cuore, a lungo.
«Il teatro per me non è più solo esibizione, è teatro impegnato: se in una rappresentazione quando si parla di vecchi tu non conosci la capacità di saper soffrire, la solitudine e a volte il dolore non si può regalare nulla a chi ascolta: il grande impatto sentimentale nasce dall’empatia e dalla comprensione di se stesso e soprattutto dell’altro. Il teatro è vita, è quella capacità di stupirsi non dando nulla per scontato, mantenendo vivo il nostro lato creativo».
Piero, prima che attore e regista, è un uomo del nostro tempo, in continua evoluzione, alla ricerca di se stesso, di un senso più alto della vita e delle parole, quelle parole che il teatro, opera d’arte vivente, antico ma eterno, sa regalare a chi ascolta con l’anima e con il cuore.
(tratto da CASENTINO2000 | n. 292 | Marzo 2018)