di Melissa Frulloni – “Ma culo è ancora una parola tabù? A stare alle definizioni degli odierni dizionari, che lo definiscono quale vocabolo colloquiale o popolare, e all’uso quasi ‘innocente’ che noi italiani ne facciamo e facciamo quotidianamente dei suoi derivati, sembrerebbe di no. Eppure non è sempre facile tracciare un confine netto fra un’espressione colloquiale ed una decisamente volgare; tanto meno lo è per un termine come culo che solo nel panorama linguistico italiano riesce a combinare in sé decenza e indecenza o, per meglio dire, parola e parolaccia con tutta una serie di sfumature che intercorrono fra i due estremi.”
È con queste parole che Vito Tartamella, autore del libro “Parolacce”, introduce un altro libro che come avrete capito dalla prefazione, tratta un argomento molto singolare…
Si intitola “Questioni di culo – Guida ragionata all’uso di un vecchio tabù nel linguaggio figurato”, scritto da Samuel Ghelli, casentinese di origine che oggi vive e lavora a New York.
Samuel, partiamo da qualche anno fa; da quanto tempo vivi negli USA?
«Sono arrivato in America nel ’94, poco dopo la laurea. Mi sono trasferito per ragioni familiari. Prima di partire ero riuscito ad avere un contatto con l’unico liceo italiano degli Stati Uniti. Sono partito con questa promessa di lavoro e una volta arrivato ho iniziato ad insegnare. Per ben 13 anni ho insegnato italiano e latino al liceo scientifico. Poi però volevo proseguire il percorso accademico; l’idea era quella di entrare all’università. Ho preso un dottorato e dopo vari spostamenti, dal 2008 insegno italiano e letteratura comparta in uno dei college dell’università di New York, città in cui attualmente vivo.
Quando sono partito avevo una gran paura. Non conoscevo la lingua; nel mio percorso scolastico, prima in Casentino e poi all’università di Firenze, non avevo mai studiato l’inglese.
Ho iniziato ad approcciarlo da solo, come autodidatta, ma il trasferimento è stato un salto nel buio, anche per la barriera culturale che mi divideva dall’America.
Non ci avevo mai pensato; da giovane vedevo Firenze come l’occasione per uscire dalla vallata, era il mondo fuori dal Casentino che cercavo, poi però mi sono ritrovato negli USA, a New York, una città che sa offrirti davvero moltissimo!
Ti lascia libero di provarla, di sperimentare, di lasciarla e poi tornarci, è come se ti dicesse: “Vai, fai quello che vuoi…” Ma alla fine te ne innamori e non ce la fai a rinunciare a viverci.»
Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro che parla di un argomento così particolare? E di che cosa tratta “Questioni di culo”?
«Il libro è una raccolta, un’indagine, una rassegna, uno studio, una guida, una collezione di espressioni in cui la parola culo è centrale. L’idea è nata per ragioni di lavoro; come docente e accademico ho l’obbligo di produrre articoli e pubblicazioni varie e tra le mille cose che ogni giorno mi frullano per la testa è venuta fuori anche questa. Da lì ho iniziato ad indagare questa parola, sui suoi significati e sul linguaggio figurato di certe espressioni che la contengono.
Me ne venivano in mente moltissime! Inizialmente avevo pensato di scrivere un articolo, ma poi erano davvero troppe ed è nato il libro “Questioni di culo”. Lo collocherei tra una lettura divertente e uno scritto accademico, perché comunque dietro c’è davvero tanto studio e ricerca. È stato sicuramente un esercizio di scrittura per me, in cui mi sono divertito molto.
È stato lo stesso Tartamella, che ha scritto la prefazione del libro, a consigliarmi di articolarlo in aree tematiche; ne sono venute fuori ben 35! Un numero davvero alto che neppure io mi immaginavo si potesse raggiungere. La cosa interessante è stata scoprire che ci sono veramente molte frasi abusate che contengono la parola culo, di cui soprattutto si è perso il valore e che oggi vengono usate in maniera decontestualizzata rispetto al significato originale.»
Leggendo ancora dalla prefazione: “Pare proprio che non esista nel nostro vocabolario voce capace di caricarsi di così tanti significati come culo. Il termine non è solo naturalmente facondo e a suo modo loquace, ma persino eloquente, nel senso che è in grado di esprimere con chiarezza ed evidenza immediata una grande quantità di contenuti, spesso fra loro contrastanti, se non addirittura antitetici. Al culo ci si affida per offendere e ingiuriare, per approvare e lodare; sul culo si punta per esprimere paura o palesare gioia, come per indicare impellenza o sottolineare inerzia. (…) Insomma, certe cose pare proprio non si possano dire che tirando in ballo il nostro sedere nella forma più plebea dell’espressione o almeno non dire altrimenti con la stessa efficacia, immediatezza e precisione.”
Quali sono le espressioni o gli usi della parola che ti hanno colpito e incuriosito di più?
«Premetto che culo oggi non è più una parolaccia, è solo una parola colorita che diciamo con un sorriso; i vocabolari la indicano come espressione colloquiale e non volgare. Resta il fatto che viene pronunciata ancora con qualche censura, questo perché è associata a delle azioni ancora considerate “deprecabili”, come la sodomia e la defecazione.
Una delle parole che più mi ha incuriosito è stata sicuramente “paraculo”. L’origine è denigratoria, è un’offesa nei confronti degli omosessuali. “Paraculo” è colui che para, quindi offre, “apparecchia” il proprio posteriore. Però, nel tempo la parola ha assunto un significato opposto; il “paraculo” è una persona talmente forte, furba, che sa cavarsela in ogni situazione, che è capace di non farsi fregare.
Molto simpatico anche il detto “siamo culo e camicia”.
Fino al ‘500 era uso portare la camicia dentro ai pantaloni, direttamente a contatto con le natiche, dato che le mutande ancora non esistevano. Da lì l’idea di essere molto vicini, a stretto contatto, quindi molto amici e in affinità.
Un altro modo di dire che ho apprezzato molto è stato “mangiare l’uovo in culo alla gallina”. Riporta alla vita rurale, descrive un quadretto agreste ed è sicuramente l’espressione che precede il famoso “è nato prima l’uovo o la gallina?” Ci dice tantissimo sulla vita grama dei contadini, ma mostra anche la capacità di invettiva che avevano, quella di sorridere per alleviare i morsi della fame. Significa proprio questo, mangiare l’uovo ancor prima che la gallina lo faccia; dà l’idea di fretta, di impellenza, perché la fame è talmente tanta che non si può aspettare e l’uovo va mangiato non oggi, non domani, ma subito.»
Il libro di Samuel Ghelli è già disponibile online sulle piattaforme delle maggiori librerie e su ibs.it. Il consiglio dell’autore è quello di leggerlo in maniera non ortodossa; sentitevi liberi di consultarlo come si fa con una guida, spaziando da una pagina all’altra, iniziando dalla fine, per poi tornare all’inizio, oppure pescando qua e là, random, espressioni, frasi, che più vi incuriosiscono. Proprio la curiosità e l’istinto devono guidarvi nella consultazione di questa raccolta.
Vi sorprenderete di quanti significati esprime questa parola e riscoprirete il valore autentico di molte espressioni che usiamo (impropriamente) ogni giorno. Quindi correte a leggervi il libro e lasciatevi andare alle “Questioni di culo”.