di Anselmo Fantoni – Ricordo al tempo delle medie, quindi quasi mezzo secolo fa, una mattina venne in classe un piccolo francescano, in verità di statura esigua, ma ricordo il suo discorso ancora oggi, parlava dell’eventualità che uno di noi ragazzi avesse avuto un incidente, fosse improvvisamente deceduto. In verità all’inizio la cosa mi sembrò un po’ assurda, un’eventualità remota, allora non c’erano ancora le stragi del sabato sera.
Poi cominciò a raccontarci di tante persone aggrappate ad un filo, a una remota speranza di sopravvivere sostituendo un loro organo con quello di qualcuno morto improvvisamente. Fu chiaro cosa avrei dovuto fare: diventare socio AIDO. Oggi con il testamento biologico la cosa è ancora più semplice e completa potendo dare indicazioni su come vorremmo fossero gestite le nostre ultime giornate in caso non fossimo coscienti per dare il nostro consenso o diniego all’espianto dei nostri organi o ad alcune pratiche terapeutiche.
Dopo qualche tempo non avrei mai creduto che Federico Cherubini diventasse donatore di organi. Il 10 luglio 2004 il sorriso di Fede si interruppe a causa di un incidente e quattro giorni dopo a Siena, di prima mattina fu dichiarato non più tra noi. I familiari autorizzarono l’espianto: «Non fu semplice prendere la decisione, ma ci chiedemmo, cosa avrebbe fatto Fede? Da generoso qual era non avrebbe esitato e quindi dicemmo di si – ci racconta la sorella Gloria, – ricordo che mio padre si raccomandò di fare per bene perché avevano chiesto di poter prelevare anche la pelle per aiutare i bambini ustionati. Alle 14,00 iniziò l’espianto e alle 20,30 il cuore partì per la sua nuova destinazione».
Così grazie al sacrificio di Fede alcune persone, tra cui bambini, hanno avuto la speranza di tornare a una vita “normale”, se normale si può chiamare la vita di un trapiantato. «Quello che mi manca è sapere che storie hanno vissuto gli organi trapiantati di mio fratello, non tanto conoscere il trapiantato, quanto sapere come ha vissuto col cuore di Fede, con i suoi reni o i suoi polmoni, se la sua pelle ha permesso a qualche bambino di tornare a sorridere, se le sue cornee hanno riacceso il sole per qualcuno. Comprendo che il legislatore abbia pensato a difendere persone fragili che devono risolvere tanti problemi e non possono e non devono essere disturbati da possibili complicazioni. Magari anche il ricevente ha avuto voglia di conoscere qualcosa di più del suo donatore, per questo nel rispetto della norma sarebbe bello poter conoscere le storie, anche senza incontrarsi. Dai giornali del tempo sappiamo solo che il cuore di Fede batteva in un cinquantenne di Empoli e i suoi polmoni in un uomo di 65 anni di Viterbo, nulla di più. Non sappiamo se i trapianti hanno avuto successo, quanto tempo ancora hanno lavorato per il bene dei riceventi. Fede era uno sportivo, era nel pieno della giovinezza e l’incidente non è stato violentissimo e aveva una grande gioia di vivere, chi sa se ha trasferito insieme ai suoi organi efficienti anche un po’ di voglia di vivere, il voler essere un gladiatore».
Gli occhi di Gloria si velano un attimo, riviviamo i momenti di quando suonavamo insieme, lui con la sua tromba squillante che annunciava l’ingresso dei gladiatori ed io col mio clarinetto serioso, mai triste, sempre sorridente, così felice da esserlo anche dopo il trapasso, donando tutto il possibile perché altri potessero vivere un giorno felice ancora. Chi sa se Gloria riuscirà a sapere qualche storia in cui Fede è stato in qualche modo presente, a noi rimane il ricordo e la gratitudine per un grande ragazzo, un esempio per tutti noi, da seguire se possiamo, perché anche se il suo sorriso non c’è più rimangono tanti giovani e non che aspettano un atto generoso per poter ancora sperare.
Tra terra e cielo c’è un filo sottile che collega le belle persone con la nostra storia quotidiana, ma dobbiamo avere il coraggio di fermarci, di guardarsi negli occhi, di ricordare una cosa triste ma che ha donato felicità a tante persone. Donare è un grande gesto, pensiamoci per tempo, anche se può non sembrare importante e a volte si è un po’ scaramantici su questi temi, se non avete voglia di fare testamento biologico, lasciatelo detto ai vostri genitori, e voi genitori ai vostri figli, così che, se necessario, nessuno si trovi in imbarazzo nel prendere una decisione importante.