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giovedì, 3 Luglio 2025

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Un casentinese a Londra

di Cristina Li – Cosa farò? Dove andrò? Come sarò? Certe domande non prevedono sempre una risposta esatta. O, meglio, alcune persone non programmano sempre l’avvenire in maniera così esatta. E, allora, capita che le occasioni giungano inaspettate, che le esperienze migliori nascano da casualità, che i tentativi di prestabilire un piano prima della partenza si ribaltino completamente all’arrivo. Quella che segue è la storia di Michael Agnelli, casentinese volato via dalla nostra vallata che, attualmente, vive e lavora a Londra.
Quali sono stati i pensieri, i passi e, soprattutto, le ragioni che ti hanno portato a lasciare il Casentino? «Come molti ragazzi della mia età e non solo, ho sentito il bisogno di partire alla ricerca di maggiori opportunità lavorative. L’Italia e soprattutto il Casentino, purtroppo, sembravano offrirmi soltanto un dilagante pessimismo circa la vita che stavo conducendo e il futuro che avrei potuto vivere. Così, il due novembre di due anni fa, ho scelto come mia nuova meta Londra. Perché proprio Londra? La ritenevo un primo passo possibile da affrontare, una destinazione non troppo lontana, così da riuscire facilmente a tornare a casa, nel caso in cui le cose non fossero andate bene. Mi sembrava la scelta migliore, la più affine alle mie corde, non solo per migliorare la lingua inglese, ma come un vero e proprio trampolino di lancio verso il resto del mondo.»
Hai parlato di “nuova meta”. Possiamo pensare che ve ne siano state altre, precedentemente, nella tua vita? «In un certo senso, sì. Ho lavorato come animatore turistico per cinque anni, prima di partire per Londra, per un totale di nove stagioni tra Puglia, Sharm el-Sheikh, Trentino, Grecia, Marsa Alam e Orbetello. È stata una casualità, a dire il vero. O, meglio, ho ottenuto il lavoro in seguito ad uno sbaglio: una volta terminati gli studi presso la Scuola Alberghiera, l’intenzione era quella di cercare un lavoro in qualità di cameriere; mi sono ritrovato, invece, a fare un provino per animatori turistici presso l’agenzia che ho ancora oggi nel cuore. È stata, senza alcun dubbio, una grande esperienza. Ogni stagione è stata una vera gioia, lasciandomi un mare di ricordi. Tuttavia, mi son reso conto di come sia, in realtà, una “vita fasulla”, se così la possiamo chiamare. Lavorare e vivere dentro un villaggio turistico è come vivere in una realtà altra, in una sorta di microcosmo a sé, in cui mi sembrava di avere tutto quello che avrei potuto desiderare: dalle ragazze al vivere quotidianamente in vacanza e in contatto con gli ospiti, divertimento e soddisfazione, nonostante la stanchezza. Al termine della stagione, però, non restano che i ricordi e qualche altrettanta fasulla amicizia su Facebook: una sorta di perenne temporaneità e nessuna continuità, né interpersonale né occupazionale. È, comunque, un’esperienza che mi sento di consigliare ai più giovani, almeno una volta nella vita.»
Hai cominciato a cercare, dunque, una stabilità quotidiana e hai scelto, infine, Londra. Come hai vissuto il procedere lungo questo “trampolino di lancio verso il resto del mondo”? «Uscire dal Casentino e ritrovarsi in una città così grande è stato strano, confuso, ma allo stesso tempo eccitante. Armato soltanto di recapito telefonico e indirizzo dell’agenzia che avevo pagato per aiutarmi a trovare un alloggio e un lavoro, sono partito. Da quel momento in poi, però, penso di aver commesso tutti – o quasi – gli errori che un pivellino italiano, come lo ero io, può fare in un’esperienza del genere. Il fatto è che Londra è dinamica, ben organizzata, funzionale, ma è incredibilmente costosa e piena di persone che vogliono approfittarsi dell’ingenuità iniziale dei tantissimi giovani che vi si recano in cerca di lavoro. L’agenzia a cui mi ero rivolto mi ha aiutato a trovare un letto (in un ostello le cui stanze ospitavano ben quindici persone l’una) e mi teneva, nel frattempo, appeso alla speranza di trovare anche un lavoro. Adesso so che, a Londra, trovare lavoro è estremamente facile, basta soltanto un pizzico d’impegno; appena arrivato, però, non lo sapevo. L’agenzia si è, poi, rivelata come molte altre agenzie italiane che operano a Londra, lucrando sugli ingenui e non garantendo quanto promesso. A quel punto, l’aiuto di un mio caro amico – anche lui casentinese e anche lui qui a Londra, ma da molto più tempo di me – è stato per me una grande fortuna: grazie a lui, ho trovato una sistemazione nelle vicinanze del ristorante in cui, nel frattempo, avevo cominciato a lavorare. In questo modo, ho potuto iniziare ad ambientarmi, a gestire la mia quotidianità e i miei impegni. In due anni, ho cambiato sei volte alloggio e tre volte lavoro. Come potrete ben capire, non avevo ancora trovato una stabilità. Non sono stati due anni facili, ma sempre affrontabili; basta sapersi arrangiare e, soprattutto, saper decorare il tunnel mentre si è dentro, invece di aspettare soltanto di vedere l’uscita.»
Due anni movimentati, eppure sei rimasto lì, non hai sentito il bisogno di tornare a casa. Vuol forse dire che, alla fine, una certa stabilità si è consolidata? «Quando sono arrivato, due anni fa, il mio obiettivo principale era quello di migliorare la lingua inglese e fare qualche esperienza lavorativa, in maniera tale da poter tornare in Italia con un CV più ampio e vario e avere, magari, così, più opportunità di lavoro. A pensarci adesso, se avessi davvero seguito quel piano iniziale, forse sarebbe stato solo un accontentarsi e non un guardare verso altri orizzonti. In questi due anni, ho conosciuto tantissime persone di lingue, culture e religioni diverse, ma l’incontro che mi ha cambiato la vita è avvenuto, sette mesi fa, con Eleonora, la donna che ho imparato ad amare e grazie alla quale costruire una vita degna di essere vissuta non mi sembra più un sogno lontano. Il Casentino è dove sono nato e dove vorrò sempre tornare, ma non è il luogo in cui vivrei felicemente. Londra mi piace e, per il momento, sto bene qui. Voglio ancora lanciarmi da questo trampolino, certo, ma non più girovagando senza una meta precisa, bensì impegnandomi per rendere quanto più stabile e migliore il mio mondo.»

(tratto da CASENTINO2000 | n. 289 | Dicembre 2017)

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