di Francesco Benucci – In fondo, la vita, è un po’ come un abito che qualcuno ci ha dato in dono e che noi, a seconda delle circostanze, possiamo modificare. E nello scegliere la foggia, le misure e i colori da conferire, di volta in volta, alla nostra quotidianità, vestiamo, anche di significato, le nostre esistenze. La suddetta riflessione assume un’accezione ancor più stimolante se la riferiamo a chi, con i tessuti e gli abiti, ha sempre avuto un rapporto di simbiosi, in senso metaforico e non.
È il caso di Gabriele Grisolini, fondatore dell’azienda nota come “Tessilnova”, alla cui memoria è stata promossa una mostra nei pressi del Museo dell’Arte della Lana, visitabile dal 10 marzo al 3 giugno. E se già nel nome del menzionato allestimento (“Gabriele Grisolini: ultimo Tessitore del Lanificio di Stia, primo Stilista del Panno Casentino”) si rintracciano brani di vita del piccolo grande uomo casentinese, tuttavia è solo recandosi nei locali di quel Lanificio che lo ha visto protagonista, percorrendone le stanze e i silenzi, respirandone gli umori, soffermandosi su capi, tessuti, foto e documenti ivi esposti, che si può avere un quadro completo di Gabriele e della sua arte. Sì, arte. Anche perché, forse, è proprio l’etichetta di artigiano quella che il nostro avrebbe indossato più volentieri, individuandovi la miglior rappresentazione del suo mestiere, del suo turbinio di intuizioni, del suo spirito creativo, del moto costante delle sue mani.
D’altronde, il “padre” della Tessilnova, sin da giovane, ha sempre “colorato” la sua vita, smussandone gli angoli grigi sia dovuti al dopoguerra, ma soprattutto alla lunga malattia del padre, ora partecipando alla fondazione della discoteca papianina “Little Club” (prima sorta di discoteca in Casentino) con tanto di giradischi a 45 giri e la celebre stanza del ghiaccio, ora spendendosi nelle iniziative paesane, Carnevale in primis, ora esibendosi nella quadriglia, ecc. Le tracce di questa mentalità frenetica, operativa, di questa sua voglia genuina di vestire la propria vita, si trovano (dischi compresi!) nei locali della mostra e nel proseguo del suo percorso. Infatti, dopo la scuola di avviamento professionale, già nel ’59, nel periodo della transizione dai Lombard ai Morelli, subaffitta un telaio e, pur non essendone dipendente, lavora nel noto opificio stiano, mentre nel ’61, a soli 21 anni, “brucia le tappe” fondando il primo embrione della Tessilnova: compra il telaio citato, ne affitta altri due e “esce dalla metafora” donando al proprio modus vivendi una nuova veste.
Nel successivo lasso di tempo produce tessuti cardati e pettinati, sciarpe e plaid finché, nel 1982, apre il primo spaccio nelle stanze dell’ex asilo nido della fabbrica (nel frattempo acquistate) e inizia a dare alla luce i primi capi e a partecipare, di concerto, a numerose fiere. È la cosiddetta metamorfosi di Gabriele che travasa il suo gusto personale e i suoi abbinamenti in un’attitudine diversa, più orientata sul fronte stilistico. Già negli esordi in questo ambito si annoverano peculiarità sue proprie come i nomi di amici e conoscenti con cui sono stati battezzati i primi cappotti e al contempo si notano, tra gli iniziali clienti, le N. D. Flaminia e N. D. Eleonora dei Conti Goretti de’ Flamini e la Sig.ra Simonetta Lombard Murray (conosciuta sin dai tempi del telaio acquisito nel ’61), testimoni di un legame, solido e duraturo, tra il nostro e ciò che rappresenta il Lanificio di Stia.
Il suddetto legame da lì si snoda per poi dipanarsi, come un gomitolo, tra sfilate, esibizioni e rassegne in tutta Italia, foriere dei nomi di Stia e del Panno Casentino, meritevoli di squarciare il velo di pessimismo circa un’attività che veniva percepita come rischiosa a fronte di varie tessiture locali decadute nel corso del tempo.
Il tempo, bisogna dirlo, è stato anche un po’ tiranno e, col contributo dell’alluvione del ’92, ha portato alla perdita di parte del materiale raccolto da Gabriele ma, di contro e per fortuna, molto, moltissimo è stato conservato come testimonia ampiamente la mostra e come conferma la figura del figlio Claudio (con Gabriele nella foto sotto) che, dagli anni ’90, comincia a seguire le orme paterne e colleziona instancabilmente tutto ciò che l’attività di famiglia genera.
Il resto è una storia, recente, che vede tanti sintomi di una crescita costante: l’acquisto della porzione di ingresso del Lanificio, comprendente l’ex abitazione del Direttore Cav. Sartori, gli uffici e le vecchie officine del Lanificio (oggi sede dell’azienda), l’organizzazione (in collaborazione con Piero Della Bordella) del primo embrione dell’attuale Museo, che non ha potuto vedere realizzato a causa della prematura scomparsa nel 2009, la creazione della Fondazione “Luigi e Simonetta Lombard”, le iniziative promosse con vari enti pubblici (scuole, università, CNR…), numerosi progetti tra cui “Panno blu”, “Alchimia” (la tuta da sci in Casentino), la vestizione del Manneken Pis a Bruxelles. Il filo del nostro tessitore affonda le radici nel passato ma si snoda altresì verso il futuro: dal 10 marzo, per chi vuole ripercorrere l’intero gomitolo, il Lanificio offre un’occasione da non perdere. Anche per ricordare un casentinese che, “vestendo” la sua vita, ha “vestito” le vite di molti di noi.
(tratto da CASENTINO2000 | n. 293 | Aprile 2018)