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lunedì, 29 Aprile 2024

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Gli Amanti di Piazza Tarlati. Puntata 13

Il futuro dentro il mare Quando Paride aprì la mail vide l’inconfondibile pineta del Parco dell’Uccellina e la spiaggia che, a perdita d’occhio, si sviluppa verso l’Argentario.
Pensieri di lei, di loro, lo colsero avviluppandolo in un vortice di sensazioni. La guardò da sopra il monitor.
I suoi occhi erano la prosecuzione della marina. Meravigliose ametiste, profonde come un abisso oceanico, parlavano la stessa lingua, comunicavano lo stesso desiderio.
Si dice che il diavolo faccia le pentole e non i coperchi tuttavia, a volte, riesce a fare le une e gli altri.
In capo ad un paio di giorni si rese necessaria una trasferta per un sopralluogo nel grossetano. Un agriturismo importante. Tradotto in pratica, almeno una giornata da mattina a sera ma chissà.
– Ci sarebbe da fare un viaggio. Chi può andare? Chiese uno dei soci.
– Io non ho grossi impegni questi giorni. Tu come sei messa? Chiese lui.
– Potrei accompagnarti, certo, disse Elena.
– Bene, allora è fatta, andate voi, chiosò l’altro.
Il loro viso avrebbe potuto illuminare una notte senza luna e le loro bocche – se fosse stato possibile – avrebbero potuto girare intorno alla testa completamente.
La mattina dopo Franca gli servì la colazione al Podestà. Cappuccino e brioche buonissimi. Presero l’auto di lui, lei la lasciò all’oratorio.
Fino ad Arezzo ognuno restò precisamente al proprio posto poi, verso San Zeno, imboccata la quattro corsie, si abbracciarono in barba al codice della strada.
Lei amava il suo petto largo. Ci si appoggiava con il viso e si sentiva sazia di tutto. Le piaceva ascoltare il battito cardiaco di un cuore grande, molto più di quello che aveva sposato e che stava dentro spalle strette, incapaci di essere rassicuranti.
Quelle che gustava, invece, erano ampie, come se fossero state fatte a bella posta per accogliere un volto. Lei sapeva di non poterne fare a meno.
Non parlarono quasi fino a Siena. Appoggiò la mano sulla sua coscia e non ci fu bisogno che si spostasse ulteriormente per sentire la sua virilità che era anche assai evidente.
Il suo vestito estivo lasciava vedere fin troppo e desiderare di più. La mano di lui la sfiorò appena ma percepì bene l’epidermide elettrizzata. L’asfalto caldo correva sotto le ruote e le provocazioni aumentavano di minuto in minuto fino a che non gliela fecero più.
L’auto si infilò in una sterrata, tra ginestre fiorite e corbezzolo alto, tipica formazione mediterranea. La strada campestre pareva abbandonata perché la vegetazione la copriva quasi completamente. Non che gli importasse qualcosa, l’avrebbero fatto anche nel parcheggio di un’area di servizio.
La sua testa infilò nel delta di Venere e ci rimase a lungo, giocando con le sue asperità, fino a quando non assaporò tutto il suo orgasmo. La sua lingua iniziò ad esplorare dai testicoli per poi seguire i percorsi venosi in modo da apprezzarne la pressione elevatissima. Un attimo dopo gli fu sopra. Lui afferrò i suoi seni umidi quindi il volante, per amplificare la spinta pelvica. Lei aveva affondato una mano sulla schiena mentre con l’altra quasi rompeva il poggiatesta.
I decibel del piacere si elevarono così tanto che, ad un certo punto, le mise una mano davanti al viso.
Ma fu solo l’ennesimo modo di evocare lussuria perché cominciò a leccargliela e ad infilarsela in bocca.
La sua testa colpì il tettuccio diverse volte in una foga selvaggia, quasi belluina. I loro corpi sudati provocavano la saldatura delle pelli salate che leccavano senza dar tregua alle loro lingue abrasive.
Il clima era già torrido tanto che nell’abitacolo avevano divorato tutto l’ossigeno; allora qualcuno aprì lo sportello e caddero a terra. Subito si rialzarono, mancava ancora qualcosa alla libagione estatica.
La mise a pancia sotto, appoggiata al cofano e la prese da dietro. Le cinse i fianchi sbattendola con piacevole violenza. Ancora. E ancora. E ancora.
Rimasero così, l’uno sull’altra, per una decina di minuti, sfiniti ed appagati come non mai. Poi, lentamente, si ricomposero alla meglio e ripartirono. Lei terminò di sistemarsi mentre lui guidava. Mise su un poco di lucidalabbra e sistemò i capelli, quindi aggiustò anche i suoi passandoci le mani.
Prima di Grosseto si fermarono in una stazione di rifornimento per andare alla toilette.
Presero un caffè, telefonarono a casa e ripartirono. Quando arrivarono a destinazione era quasi ora di pranzo.

(Fine puntata 13)

Marco Roselli, Gli Amanti di Piazza Tarlati, Fruska

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