di Francesca Corsetti – l futuro dei giovani del Casentino è un tema sempre attuale e di grande rilevanza per la comunità locale. Molti di loro si trovano di fronte a una scelta cruciale una volta terminati gli studi superiori: proseguire con l’università o entrare nel mondo del lavoro? Ma soprattutto, che cosa offre ai nostri giovani la realtà casentinese?
Abbiamo esplorato la questione e le esperienze dei giovani casentinesi, parlando direttamente con loro, per comprendere meglio le loro scelte e le loro sfide.
Nel cuore della Toscana, il Casentino offre un ambiente tranquillo e affascinante per la crescita dei giovani. L’istituto tecnico del territorio è stato spesso considerato una solida rampa di lancio per chi vuole entrare rapidamente nel mondo del lavoro. Gli studenti che escono da scuole come questa trovano spesso occupazione nel territorio, grazie alla stretta connessione tra l’istruzione tecnica e l’industria casentinese. È una prospettiva attraente per molti giovani, che vedono nel lavoro locale un’opportunità per rimanere vicini alla famiglia e agli amici.
Di questo parere è anche Ruben Montaini, 2002, che dopo aver frequentato l’Istituto Tecnico Superiore con specializzazione in elettronica a Bibbiena, si è iscritto all’Università di Firenze, con indirizzo Elettronica Generale, perché «mi piaceva e mi piace tutt’ora quello che riguarda la circuitazione e i suoi fenomeni elettrici. Ho scelto un percorso universitario anche per il maggior livello formativo e per il titolo di studio più prestigioso rispetto al diploma delle superiori».
Secondo Ruben, il Casentino è la realtà ideale per vivere e per lavorare, e rimanere anche dopo l’università sarebbe tanto piacevole quanto conveniente: «ciò che offre il Casentino è davvero unico: piccoli paesi sparsi per una grande valle i cui cittadini si contraddistinguono per la loro dedizione e voglia di fare. Ci sono moltissime aziende, sia grandi che piccole, in cui si può trovare lavoro in modo quasi immediato, perché le aziende ne cercano di nuovi ragazzi. Gli istituti tecnici come quello che ho frequentato, alla fine della carriera scolastica superiore, ci spianano la strada nel mondo del lavoro, mettendoci in contatto con le aziende. Le iniziative promosse dalla scuola riguardano il progetto di alternanza scuola-lavoro e, al termine del percorso scolastico, con la compilazione di un curriculum studentesco che sarà consultabile dalle aziende, siamo subito reperibili per un possibile lavoro. Oltre a questo, vengono promossi i corsi sulla sicurezza in modo tale da avere le basi che ci renderanno poi operativi e formati. Proprio per questo inizialmente ho scelto l’istituto tecnico di Bibbiena: per la sua vicinanza alle aziende casentinesi, con il pensiero che, una volta uscito da lì, avrei sicuramente trovato lavoro nella vallata. Anche se con il passare degli anni ho maturato la decisione di continuare gli studi, finite le superiori mi sono arrivate decine di proposte lavorative, soprattutto da aziende casentinesi, ma non solo… questo per dire che il lavoro qui è assicurato. Sono comunque sicuro che l’università influenzerà il mio futuro e le mie prospettive, e spero che al termine del mio percorso ci sia richiesta di ingegneri».
Per i giovani casentinesi provenienti dal liceo, si prospetta spesso un panorama diverso. Molti di loro intraprendono carriere universitarie, inevitabilmente cercando opportunità di studio fuori dal territorio, in altre città o all’estero. Questa scelta è spesso motivata dalla voglia di acquisire una formazione diversificata e di allargare i propri orizzonti, senza contare un’offerta formativa sempre crescente che viene proposta dalle università per soddisfare ogni esigenza. Una volta laureati, i giovani si scontrano spesso con la realtà circoscritta del territorio. Attratti da nuove opportunità di carriera, le offerte di lavoro all’interno delle industrie locali possono risultare limitate, spingendo i giovani laureati a cercare e rimanere altrove. Non solo: spesso, trovare lavoro in linea con la loro formazione e le loro competenze può essere un’ardua impresa.
È il caso di Elia Lattari, 1999, che ci ha raccontato il suo percorso. «Ho fatto la triennale in Statistica, Finanza e Assicurazioni a Rimini. L’avevo scelta perché volevo fare lo statistico attuario che, nell’ambito assicurativo, si occupa di andare a delineare il prezzo delle assicurazioni. Poi ho deciso di cambiare strada. In particolare, alla fine dell’ultimo anno, ho seguito un corso di statistica aziendale. Mi è piaciuto molto e quindi ho deciso di continuare il mio percorso nella statistica. Ho scelto Statistica, Economia e Impresa a Bologna in magistrale, poi uno dei corsi che mi ha interessato veramente è stato sulla valutazione d’impatto. Ho quindi fatto il tirocinio all’ISTAT e nello stesso anno dovevo anche andare in Erasmus, ma non sono riuscito per una questione di tempi e di alloggio. Tutto questo per arrivare a gennaio, quando mi contatta il mio tutor dall’ISTAT dicendomi che si era liberata una posizione di assistente alla ricerca a Trento. Ho fatto domanda, ho fatto le selezioni e alla fine mi hanno preso. Ho iniziato ad aprile, prevalentemente da remoto e in part-time, nell’attesa di laurearmi, e tutt’ora lavoro qui, pressoché nell’ambito in cui volevo lavorare. In Casentino ho studiato al liceo scientifico e, a livello di preparazione, dato che volevo fare l’università, secondo me è stata la scelta ideale. Per il resto, ho visto cosa poteva offrirmi il Casentino, ma non mi interessava, così come Arezzo».
Se dunque le scuole superiori sembrano soddisfare le richieste e le aspettative degli studenti in termini di preparazione sia per il lavoro, che per l’università, d’altra parte anche le dimensioni della comunità giocano un ruolo fondamentale: la città può offrire un contesto sociale e culturale più ricco e una vitalità nuova e più attraente per i giovani della vallata.
«No, io non ci volevo stare assolutamente in Casentino, il messaggio penso sia stato chiaro – continua Elia Lattari. – In effetti, lo dicevo fin dai tempi delle superiori che non mi piaceva l’ambiente casentinese. Non che io sia una persona che esce in continuazione, ma ci sono delle piccole cose che, secondo me, in Casentino non puoi fare. In molti dicono che ha il verde, la tranquillità e che i prezzi non sono alti come la città: sono perfettamente d’accordo, ma, per come sono fatto io, preferisco la città. Naturalmente mi piace anche tornare in Casentino per qualche settimana, mi piace andare a cercare i funghi, ma non fa per me per tutta la vita».
Nel ricco mosaico delle esperienze dei giovani casentinesi, ci sono anche quei ragazzi e ragazze che, pur sapendo che le opportunità lavorative si presentano altrove, nutrono un profondo amore per la loro terra. Pur consapevoli che il loro futuro professionale potrebbe essere altrove, magari nelle grandi città o all’estero, il legame con il Casentino, la loro casa, è indissolubile. Ecco perché, mentre guardano a nuovi orizzonti, il pensiero di poter tornare non tramonta mai e sono pronti a contribuire a rinnovare e arricchire il territorio con il loro bagaglio di esperienza e competenze acquisite in giro per il mondo.
In ogni caso, il futuro del Casentino dipende in gran parte dalle scelte dei suoi giovani, che porteranno con sé la loro formazione e il loro entusiasmo, contribuendo a determinare il destino della zona. È quindi fondamentale che seguano con dedizione le loro passioni.