di Francesco Benucci – Gli abiti dicono molto di noi: ci stanno addosso, in tutti i sensi, ci respirano, ci vivono. Se potessero esprimersi, chissà quanto potrebbero raccontare di loro stessi e, conseguentemente, di chi li indossa… qualora il filo che è diventato tessuto, in un processo inverso, tornasse alla sua natura primigenia, sfibrandosi, dove ci condurrebbe?
Se questo gioco di immaginazione lo proponessimo alla Premiata Tessitura TACS di Stia, il percorso del nostro vestito che “si spoglia” parlandoci di sé risulterebbe particolarmente affascinante, dipanandosi tra storia, tradizioni ed emozioni. La storia è quella di una terra, il Casentino, che serba, in quel vero e proprio scrigno che è la sua valle incorniciata dai circostanti monti, innumerevoli tesori; la tradizione è quella laniera, che vive la propria ascesa a partire dall’epoca medievale; e le emozioni sono quelle derivanti dal connubio tra gli aspetti appena citati, esaltati in quel vero e proprio status symbol che è il Panno Casentino.
Proprio da un capo in Panno Casentino pare essere partito quel filo che, a ritroso, ora ci conduce nel 1962 quando Bruno Savelli, precedentemente uno dei responsabili di produzione dello storico Lanificio di Stia, decide di mettersi in proprio fondando un’azienda che, attraverso una produzione d’eccellenza, basata sul più ferreo rispetto di secolari fasi di lavorazione, tiene alto il nome della vallata. Il testimone passa quindi al figlio Massimo, che conferisce un’anima imprenditoriale alla TACS, portandola a ottimi livelli (come testimoniano il titolo di Maestro Artigiano di cui è stato insignito nel 2016 e la nomina a Cavaliere del Lavoro), avvalendosi di una squadra affiatata, in virtù dell’apporto di David, terza generazione di una discendenza focalizzata sulla tradizione, e di Paolo Ugolini, ormai uno di famiglia.
Il nostro filamento, dopo un salto nella storia, è tornato nel tempo presente e ora si aggira tra i suoi “simili”, in un contesto vivo e vitale dove l’attività principale è la produzione di quel Panno Casentino che, oltre alla vendita interna, è esportato ed apprezzato in diversi mercati mondiali. Parallelamente la produzione di capi confezionati nello stesso Panno e fustagno si è sviluppata nei loro punti vendita diretti e negli eventi esterni ai quali partecipano, il tutto all’insegna di un fiore all’occhiello che consiste nel rapporto qualità prezzo e che si esprime, di conseguenza, anche nel vedere le persone che tornano, dopo anni, soddisfatte e che con il passaparola pubblicizzano i prodotti dell’azienda. E allora non ci si deve stupire se tante grandi firme si forniscono da loro di tessuto; al contempo tanti personaggi della cultura, del cinema, dello sport sono andati a trovarli indossandone i capi (realizzati appositamente anche per produzioni cinematografiche).
L’orgoglio di far conoscere un prodotto unico al mondo va di pari passo con la soddisfazione di pubblicizzare, tramite la suddetta attività, la valle del Casentino, tanto che, soprattutto al negozio di Firenze, moltissime persone (in particolare stranieri), hanno scoperto che la Toscana non finisce al Chianti! Ve lo state immaginando anche voi? Se potesse restare a bocca aperta il nostro filo così paleserebbe la sua meraviglia, il suo entusiasmo, vedendo scorrere vari volti noti, ancor più “luminosi”, incastonati nei colori “corposi” da lui ben conosciuti. Tuttavia, sempre la fibra che ci sta accompagnando in questo viaggio, si intristisce repentina, quando sente parlare della pandemia e della crisi del Lanificio di Soci: per quanto riguarda la prima questione, l’impatto dell’emergenza dovuta al Coronavirus è stato molto forte, c’è stato un forte decremento del fatturato, ma di fronte a ciò che è successo nel mondo poco potevano fare di diverso. Ha acquisito più importanza il reparto online, promosso, in quei mesi, in maniera intelligente attraverso i canali social Facebook e Instagram, con delle promozioni ad hoc, che hanno permesso ai nostri di rimanere in contatto con le persone e di confermarsi nella veste di un’impresa in salute, come testimonia, anche recentemente, l’assunzione di tre persone, di cui due donne.
Per quel che concerne invece le problematiche del lanificio citato sopra, l’azienda stiana è al fianco degli amici impegnati in tale attività, ai quali hanno dato massimo sostegno, sempre sperando che tutto rientrasse e andasse a buon fine, come sembra ad oggi. D’altronde, a conferma del clima solidale presente in questo contesto, in tempi non sospetti la TACS ha promosso una rete di impresa (la rete dei produttori del Panno Casentino, con loro e la Krima S.r.l. di Massimo Dattile) e oggi quella rete di impresa è fondamentale per il presente ma anche per il futuro (vedi situazione energetica).
A sentir parlare di futuro, in cui i casentinesi credono fortemente, il nostro filo ha ritrovato sorriso, colore e vigore, forse perché vede le tracce segnanti di quel passato, nella cui spola lui stesso ama raggomitolarsi, impresse altresì negli obiettivi del domani: proseguire la produzione del Panno Casentino rispettandone la tradizione e le fasi produttive, per il reparto capi confezionati, continuare a migliorarsi costantemente, mantenendo quel rapporto qualità prezzo, che da sempre è la forza della ditta nostrana, farsi conoscere e far conoscere, nel loro piccolo, la bellissima valle in cui tutto è iniziato.
L’esile tessuto che ci ha narrato le vicende di uomini, idee e successi, che ci ha dimostrato quante storie si possano trovare dentro un abito e di quanto ciò che vestiamo dica di noi, è ormai stanco e si congeda “rientrando nei ranghi”, tornando in un capo d’abbigliamento che, indossato da qualcuno, ne racconterà le gesta e le passioni. E noi lo ringraziamo, per averci condotto in un viaggio sulle ali delle emozioni, anzi… sul filo delle tradizioni.