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martedì, 10 Dicembre 2024

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“Turbomercatini” di Natale

di Matteo Bocca – Manca poco al Natale. Mancava già pochissimo subito dopo ferragosto, secondo i messaggi compulsivi dello Shopping a tutti i costi; ma ora ci siamo davvero perché lo dice il calendario, e almeno di quello possiamo ancora fidarci. Torna il Natale con le sue feste, la liturgia religiosa e i suoi mercatini, e quest’anno sarà una celebrazione felicemente austera, felicemente povera, e felicemente calda, per via delle temperature da Natale californiano.

All’austerità e alla povertà oramai il popolo italiano si è rassegnato come a un flagello inevitabile della patria storia, ma nel giro di pochi anni, con l’inesorabile surriscaldamento globale, gli italiani rischiano anche di doversi abituare ai mercatini di Natale in pantaloncini e infradito. Ciò che però è davvero importante per Natale è sorridere, perché saremo anche tutti più o meno nella m…., ma per definizione, a Natale siamo tutti più felici.

Nella speranza dunque che il Natale porti con sé un po’ di freddo e magari un po’ di neve, si è scatenata nel frattempo la corsa al mercatino più Cool: Villaggi Tirolesi, Christmas Market, Santa Klaus Village, Paese delle Renne, Mondo di Babbo Natale, e giù con la pubblicità immanente per attrarre frotte di turisti provenienti da ogni dove.

Qualche mercatino in Casentino ci sarà: domenica 4 dicembre a Quota, a Moggiona l’8 dicembre con lo street food a kilometro zero, il 10 dicembre nel centro storico di Poppi, domenica 11 a Bibbiena Stazione e a Strada (dove torna il mitico “Tiro al Panforte”), sabato 17 il “Mercato contadino” a Ponte a Poppi e domenica 18 a Subbiano.

Nel resto del Paese e della Toscana hanno già aperto i battenti i più svariati mercatini con programmi da esposizione internazionale e quello di Arezzo è sicuramente uno dei più visitati. Ruote panoramiche, spettacoli di luci e fuochi, renne in carne/corna e ossa, Igloo fatti di ghiaccio vero, gonfiabili di Babbo Natale altezza David di Michelangelo, e, ovviamente, la macchina bellica della ristorazione all’insegna della viziosa sospensione temporanea dei doveri dietetici: È Natale, non ci rompete…

La tradizione dei mercatini natalizi affonda le sue radici fino al remoto 1296, quando il Duca Alberto 1° d’Asburgo autorizzò il primo “Krippenmarket” a Vienna, con lo scopo di permettere agli abitanti di fare scorte per l’inverno a buon mercato. La consuetudine di questi primi “Protomercatini” si è poi evoluta perlopiù nella zona compresa fra la Germania, l’Austria e l’Alsazia, e alcuni di questi risalgono ancora a quella remota epoca.

Durante i secoli, i mercati natalizi si sono sparsi nei paesi nordici, e sull’onda della moda erano nati nelle grandi città mercati raffinati, ricchi di souvenir accessibili alle tasche gonfie, mentre nelle periferie e nei paesi continuavano a celebrarsi i tradizionali mercatini proletari. In Italia, il più antico mercatino di Natale è datato al diciottesimo secolo, presso la Fiera di Santa Lucia a Bologna, ma poi le tracce di questa tradizione si perdono nel tempo, almeno fino all’avvento del turbo consumismo.

Nel 1990 il primo mercatino di turbo Natale nasce a Bolzano, e nel giro di pochi anni si scatena l’inferno nei centri storici di tutte le latitudini del Paese. Il successo si allarga prima alle vicine località che possano almeno offrire un paesaggio tirolese, poi dilaga fino in pianura dove i tirolesi non si vedevano dai tempi di Andreas Hofer, il rivoluzionario morto a Mantova nel 1810 nella guerra contro i francesi. Da quel momento in poi, il meccanismo replicante della formula di successo ha trasformato i mercatini di Natale nella più grande rincorsa al business delle strenne.

Oramai, i mercatini sono divenute vere e proprie industrie che danno lavoro permanente a organismi che pianificano i numerosi eventi che si susseguono durante il periodo di Natale, e attraggono risorse. Tante risorse. Per i commercianti i mercatini di Natale rappresentano la possibilità di raddrizzare qualche osso rotto dalle bollette, e per la popolazione, un grande circo a cielo aperto dove lenire le ossa rotte per lo stesso motivo. Programmi per bambini, per adulti, per anziani e geriatrici. Leccornie adatte a ogni dentiera e intolleranza, ad ogni gusto o capriccio alcolico. Immancabili i pilastri di ogni villaggio tirolese degno di tal nome: i Brezel, fragranti intrecci di pane croccante fuori e morbido dentro, i Wurstel di ogni forma e tipo, le grappe di tutte le erbe dell’arco alpino, e poi i canederli, gli strangolapreti, le birre a caduta, il Bombardino, e per le signore, la grappa al cioccolato fondente caldo (una squisitezza da sbornia a lenta deflagrazione).

Le vie e i vicoli di città e paesi, si riempiono di casette di legno addobbate con rami di abete e agrifoglio, catene di luci lampeggianti dai mille colori, neve sempre più necessariamente finta, e fin dal mattino la gente brulica per le strade a caccia di qualche formaggio alpino, dello speck di malga, di qualche souvenir da regalare, o per gustare qualche piatto tipico della tradizione nordica. Nel fine settimana i programmi diventano serrati, e spettacoli e attrazioni di ogni genere si alternano nelle piazze e piazzette dove la gente si accalca per salire sulla ruota panoramica, le madri si sgolano rincorrendo marmocchi fradici a furia di salire e scendere dai gonfiabili, e i più arditi, dopo una cena luculliana e svariati brindisi, si lanciano sui pattini nelle piste di ghiaccio, per la gioia immensa degli ortopedici del San Donato. Se solo il Boccaccio fosse ancora vivo…

In ogni modo, i mercatini di Natale rappresentano un buon modo per veicolare turismo, fare cassa, e portare a casa voti. Lo sanno bene oramai le amministrazioni che hanno puntato molto su questo business natalizio, come quella di Arezzo: i mercatini con le mille luci, le melodie tipiche perpetuate nell’aria e i mille colori che si accendono, sono il nettare che attira frotte di api acciaccate a curare almeno l’anima, a dimenticare almeno per un po’ che questi ultimi tre anni non ci siano mai stati, a pensare che saremo anche tutti più o meno nella m…., ma c’è ancora margine per alzarsi in punta di piedi.

Camminando per le strade e le piazze di questi villaggi nordici, ci sentiamo però affrancati dal tempo che scorre e ci lasciamo consolare dalle bellezze di quei luoghi dove magari questi mercatini ci starebbero proprio bene: per l’ambientazione, la scenografia forestale che li caratterizza nello spirito natalizio. Insomma, ci sono luoghi dove i mercatini sembrano un po’ fuori contesto, tipo il centro di una metropoli, e luoghi invece che sarebbero deputati a questo tipo di attrazione turistica… che magari ne avrebbero pure bisogno, di attrarre turismo… qualche suggerimento? A proposito, tanti cari auguri di buone feste a tutti i lettori da parte del Grinch.

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