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venerdì, 13 Dicembre 2024

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Un’accorata lettera sulla crisi Mabo

Vorrei riallacciarmi ai tanti “perché” di una lettera inviata da un dipendente Mabo che purtroppo non avete potuto pubblicare in quanto anonima. Non l’ho letta, ma credo di poterne immaginare il contenuto: sono moglie di un dipendente Mabo… e se dici Mabo “sei protagonista”! Peccato che oggi non sia più un vanto farne parte, anzi… qualcuno ti guarda con compassione, altri scuotono la testa e si chiedono “perché”… come può un’azienda ormai storica in Casentino, ritrovarsi in queste condizioni? Si parla tanto di crisi, di tagli, di banche che non sono più così permissive e ognuno di noi si dà delle risposte dietro a questo filo conduttore; ma siamo certi che il tentare di trovare giustificazioni ci cambi qualcosa? Siamo certi che dire ai propri figli, “no, sabato non puoi andare a cena con i tuoi amici perché anche questo aiuta a far quadrare il bilancio in casa, possa soddisfare la nostra quotidianità? Si perché è di questo che si tratta: quotidianità. Ormai si vive alla giornata, stamani mio marito era in fabbrica, ma non sapeva se domani ci sarebbe stato… il 10 non è più giorno di paga e non sappiamo se lo sarà mai più. Accettiamo gli acconti delle mensilità e sicuramente “fuori” vi chiedete perché. Dico accettiamo, perché io moglie, come tutte le altre e come le madri, le figlie, le famiglie di questi dipendenti, non possiamo fare altrimenti. Aspettiamo il loro rientro a casa con l’ansia di chi aspetta un verdetto, magari cerchiamo di leggere nei loro sguardi per capire come è andata la giornata, sperando di scorgere un sorriso che da troppo tempo non vediamo sulle loro labbra.
Volontariamente parlo al plurale perché sono certa che molte donne si ritroveranno in queste righe… righe che purtroppo rimarranno parole, e di parole e di chiacchiere sulla situazione Mabo se ne sono dette tante… troppe!
A chi “fuori” chiacchiera, vorrei chiedere se veramente crede di sapere cosa sia successo e cosa ci aspetta ancora. A chi ipotizza la chiusura della ditta da ormai più di un anno, vorrei chiedere: lo sta solo pensando o in cuor suo lo spera? Quelli di cui parlo e ai quali pongo queste domande, sono “pensionati”, e di questi tempi esserlo è un lusso, e a questi signori voglio dire: avete la fortuna di far parte dei privilegiati, godetevi la vostra pensione in salute e in serenità; le chiacchiere da bar non fanno bene a tutti coloro che vivono in prima persona questa vicenda. Tra le vostre critiche e opinioni purtroppo, si legge un’ironia cattiva, più che un pronostico, quasi un augurio. Questo sentimento negativo sarebbe più giusto lo provassero coloro che sono rimasti o chi è stato buttato fuori nel primo riordino dell’azienda, e posso garantirvi che non è così.
Conosco la storia della Mabo da molti anni… prima di essere moglie di un operaio Mabo, sono stata figlia di un dipendente Mabo… sono stata amica degli attuali proprietari Mabo e forse per questo che mi ferisce ancor di più di tutto il resto.
Erano nostri compagni di scuola i Falsini, nostri amici di corse in bici, del campino dove adesso silenziosa si erge una delle loro ville resta il ricordo chiassoso delle partite a pallone, degli schiamazzi e il divertimento tra noi e i Falsini.
Oggi mi piacerebbe sentire che i nostri figli giocano ancora insieme, invece vanno a scuola insieme, ma tra loro c’è silenzio… (non so se abbia più timore a parlare il figlio dell’operaio o il figlio dell’imprenditore) Ma se qualcosa si dovessero dire e fossero delle offese, meglio di no… meglio il silenzio.
Tanta è la rabbia, lo sconforto, il non sapere, ma forte è la speranza, la voglia di vederla rifiorire la Mabo. Probabilmente risulterò una di quelle persone che alla Mabo ha voluto bene, e nonostante tutto non posso che ammettere che è così… non mi sento una mosca bianca. Quante famiglie nel nostro Casentino hanno confidato il loro futuro nella Mabo? Sicuramente le stesse che oggi dicono “speriamo che chiuda” o “tanto non ce la fa” o ancora “ormai siamo alla frutta!”.
Luoghi comuni, in cui mi tiro dentro, ma lo vogliamo veramente? Ho iniziato a scrivere questa lettera con la voglia di uno sfogo, con la stanchezza delle notti in bianco, con i problemi che mi attorcigliano lo stomaco, e più scrivevo e più la penna era pesante, stanca… adesso le parole scivolano, ma vorrei che a qualcuno arrivassero dritte alla coscienza: avrei potuto chiamare in ballo nomi, presunti responsabili, attori… accusare l’incoerenza dei sindacati, la non trasparenza dell’azienda, citare tutti coloro che alla Mabo hanno dato tutto, il sacrificio, il proprio tempo oltre l’orario di lavoro e poi sono stati “congedati”.
Si potrebbe chiedere agli impiegati, come mai all’improvviso sarebbero pronti ad appoggiare le decisioni degli operai, mentre prima si limitavano a salire i gradini per raggiungere gli uffici; non vi sentite più “un gradino più in alto”? Eh già, se la Mabo crolla, siamo tutti col sedere per terra! Sono sottintese le disperazioni delle famiglie; dobbiamo ricordarci che ogni dipendente, dal più piccolo degli operai fino alla più grande azienda che “dipende” dal destino Mabo, vive una propria realtà e potremmo stare qui a fare la lista della spesa: affitti arretrati, rate insolute, auto restituite e case messe all’asta, per non parlare di chi a 40 anni ha dovuto fare le valigie e, famiglia al seguito, ha dovuto bussare alla porta dei genitori, e qui immaginiamo i disagi, le difficili convivenze e non per essere tragici, ma anche questo può essere motivo di crisi matrimoniali, di rapporti problematici tra genitori figli.
Mi chiedo: possiamo attribuire le colpe di tutto questo alla Mabo? Vogliamo abbassarci a dire: “Eh però LORO non hanno problemi!!!”. Economici e personali forse no, ma se non sono “macchine”, sicuramente qualche problema lo hanno, se non altro quello di non sentirsi liberi di frequentare i posti che prima erano la normalità… un caffè alla Esso, una chiacchiera all’uscita delle scuole, un’ora in palestra, la tranquillità di assistere alle partite dei figli senza timore che qualcuno lanci insulti. Anche questi sono problemi!!!
Non li giustifico, non li difendo, li invito a non perseverare… a non contornarsi di persone che non hanno il benché minimo rispetto nel misurare le parole. Come la persona che, rivolgendosi ai sindacati e dipendenti, ha testualmente detto: “non abbiamo preventivato di emettere gli stipendi”. è in questi momenti che mi sovviene un dubbio: ma forse quelli che sono stati messi alla porta quasi un anno fa, sono stati più fortunati (per così dire)… qualcuno ha ritrovato un impiego, altri hanno avuto la cassa integrazione. Ma chi è dentro? Ancora non sa per quanto, ancora riscuote ad acconti, ancora umiliazioni.
Cara Mabo, se accettiamo tutto questo è perché non sappiamo. Se non andiamo al cancello a manifestare è perché quel cancello vorremmo non chiudesse per sempre. Se sei arrivata un tempo tanto in alto, è grazie al nostro sudore… vorremmo asciugarci ancora quel sudore e non le lacrime!!!
Lettera firmata – Bibbiena
(da CASENTINO2000 – nr. 231, febbraio 2013)

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