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giovedì, 2 Maggio 2024

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Il Codice di… tutti

di Francesco Benucci – “La crisi della monarchia e quella del fascismo apparivano ormai irreversibili, tanto da indurre un gruppo di intellettuali cattolici a riunirsi a Camaldoli, a pochi giorni dal 25 luglio 1943, con l’intento di riflettere sul futuro, dando vita a una Carta di principi, nota come Codice di Camaldoli, che lascerà il segno nella Costituzione. Con la proposta di uno Stato che facesse propria la causa della giustizia sociale come concreta espressione del bene comune, per rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo di ogni persona umana, per rendere sostanziale l’uguaglianza fra i cittadini”, nelle parole con cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha celebrato la ricorrenza del 25 aprile c’è un po’ di Casentino.

Ma quel pizzico nostrano, quel lembo di vallata proteso verso le pagine della Storia, parla a tutti, perché tocca, influenza e plasma, perlomeno in parte, le riflessioni dell’Assemblea Costituente, la scrittura della Costituzione, i principi dell’Italia repubblicana. E lo fa, per momento e contesto, in lungimirante antitesi con quanto accade nel frattempo: siamo negli anni della Seconda guerra mondiale eppure viene scelto un luogo immerso nella pace della foresta; scontri, drammi, barbarie sono all’ordine del giorno eppure ci si affida all’ospitalità di quella comunità monastica che, fondata da San Romualdo, offre spazi di dialogo, incontro ed approfondimento spirituale nonché culturale; il futuro appare nebuloso eppure si progetta un domani di uguaglianza, solidarietà, libertà. A cullare questa “meravigliosa utopia” chiamata Codice di Camaldoli, è una trentina di partecipanti che optano per l’ameno sito casentinese e organizzano l’assise, dal 18 al 24 luglio 1943, come una riunione di routine, così da non insospettire il regime: tra i presenti, tutti di fede cattolica, si contano uomini di chiesa, giornalisti, docenti, futuri esponenti di spicco della Democrazia Cristiana, giuristi, filologi, e nel medesimo consesso si distingue, tra gli altri, il contributo di figure storiche, destinate a segnare i primi passi di una Nazione rinnovata, da Giorgio La Pira ad Aldo Moro, da Paolo Emilio Taviani a Giulio Andreotti, da Ezio Vanoni a Sergio Paronetto, tra i principali ispiratori ed estensori del documento in oggetto.

Così, presso il monastero benedettino, sotto la guida di mons. Adriano Bernareggi, assistente ecclesiastico dei laureati dell’Azione Cattolica, ci si incontra e si lavora alacremente, con l’intento di confrontarsi e riflettere sui temi della vita sociale: famiglia, lavoro, economia, rapporti tra individuo e Stato e tra bene comune e libertà individuale. Al terribile frastuono delle bombe si risponde con il silenzio, fecondo, della riflessione e con un conseguente “frastuono”, ma di ben altro segno, quello delle idee, del confronto e delle proposte, mettendo così a frutto, dopo una gestazione avvenuta altresì negli anni Trenta, i tentativi di elaborare una dottrina sociale cattolica che faccia da base unitaria per il dopoguerra. In ossequio a questi input viene pertanto realizzato un documento programmatico pubblicato inizialmente con il titolo «Per la comunità cristiana. Principi dell’ordinamento sociale a cura di un gruppo di studiosi amici di Camaldoli».

Dopo una premessa sulla società e i destini dell’uomo, il testo è articolato in sette sezioni: lo Stato, la famiglia, l’educazione, il lavoro, destinazione e proprietà dei beni materiali – produzione e scambio, l’attività economica, la vita internazionale. I temi suddetti, come si evince anche dalle parole del Presidente della Repubblica, sono affrontati tenendo ben presenti alcune linee guida tra cui il bene comune e l’armonia sociale e, parimenti, altrettanti fini primari dello Stato, quali la salvaguardia della libertà e la giustizia, sempre, innanzitutto in ambito sociale. Ecco allora alcune citazioni dal Codice che illustrano quanto affermato: “L’uomo è un essere essenzialmente socievole: le esigenze del suo spirito e i bisogni del suo corpo non possono essere soddisfatti che nella convivenza”. “La società però non si può conservare né sviluppare senza un principio cosciente e volitivo che ne precisi in concreto il fine e vi coordini le attività dei singoli: tale principio è la sovranità che si personifica nello Stato”.

“Fine dello Stato è la promozione del bene comune, cioè a cui possono partecipare tutti i cittadini in rispondenza alle loro attitudini e condizioni”. “Per ordinare la vita economica è necessario che si aggiunga alla legge della giustizia la legge della carità”. “Finché nella società ci siano dei mèmbri che mancano del necessario, è dovere fondamentale della società provvedere, sia con la carità privata, sia con le istituzioni di carità private, sia con altri mezzi, compresa la limitazione della proprietà dei beni non necessari, nella misura occorrente a provvedere al bisogno degli indigenti».

“La creazione di una vita comune internazionale operata attraverso la cura e la gestione di interessi comuni ai vari popoli è la premessa ed il supposto indispensabile per la formazione di una società politica internazionale avente per finalità la armonia e la solidale e ordinata convivenza di queste libere forze e la loro azione comune”.

E d’altronde, a proposito di citazioni, l’importanza del documento in oggetto è stata testimoniata, a più riprese, tra gli altri, da Giulio Andreotti: «Non è difficile constatare, testi alla mano, che i primi documenti programmatici della Democrazia Cristiana si rifacevano chiaramente alle prime bozze del Codice di Camaldoli. Anche se questo non aveva dirette finalità di parte. Ma c’è di più. Al Codice si ispirano molte norme della Costituzione della Repubblica».

Alla luce di quanto constatato, essendo trascorsi 80 anni dalla stesura, non può certo stupire il fatto che si sia voluto celebrare l’anniversario con un evento in loco, intitolato “Il Codice di Camaldoli. Tra mito e storia una vicenda ricolma di futuro a ottant’anni dal convegno del luglio 1943”, il tutto alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, del Cardinale Matteo Zuppi, Presidente della CEI e di altre illustri personalità. Sempre ricordando che, quando si parla di giustizia, pace ed uguaglianza, ogni discorso si sottrae a un contesto specifico o a una finalità di parte, diventa universale, tocca ognuno di noi e dà vita ad un Codice di… tutti.

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