di Mauro Meschini – L’incontro di ieri pomeriggio al Teatro Antei di Pratovecchio organizzato per affrontare le conseguenze dell’annunciata chiusura della RSA di Stia, ha visto presenti i familiari degli anziani ospiti, il sindaco Caleri, il Governatore della Misericordia Berti, i vertici della Reses, il soggetto gestore della struttura, e le lavoratrici, che anche se inizialmente non invitate hanno conquistato il diritto a partecipare. L’unica notizia certa è che, purtroppo, non si torna indietro, tra pochi giorni tutti gli ospiti saranno trasferiti e le dipendenti licenziate.
Questo il verdetto inappellabile di un incontro in cui sono state ripetute molti argomenti già noti, ma in cui non è stato possibile comprendere davvero come si è arrivati a questo punto di non ritorno. Quello che rimane chiaro sono le conseguenze di questa triste vicenda: anziani spostati come pacchi postali in altre realtà e allontanati ancora di più dal loro contesto di vita e dalle famiglie, posti di lavoro e preziose professionalità perdute, un vuoto enorme nella realtà sociale di Stia che vede scomparire un importante luogo a servizio alla collettività. Così nel paese dove non nascono più bambini, ci sarà una nuova scuola materna in legno a pochi metri dall’Arno, ma non più una casa dove accogliere i tanti anziani presenti.
Nel paese dove in questi anni sono arrivati milioni di Euro a seguito della fusione tra i comuni di Pratovecchio e Stia, non si sono trovate le risorse e non si è con convinzione portato avanti un progetto per costruire una nuova RSA più grande e accogliente, soprattutto dopo i problemi avuti anche dalla struttura di Pratovecchio, in cui si è intervenuti per tamponare la situazione, ma dove le criticità sono ancora presenti.
Le priorità sono state altre, ma i veri bisogni della collettività adesso sono venuti inesorabilmente a galla.
Sono i bisogni che si riassumono nelle parole della poesia che pubblichiamo e che è stata donata a una dipendente della RSA da un’anziana ospite di 90 anni, sono i bisogni che saltano fuori con forza dalla fotografia che ha fermato l’attimo in cui, nei momenti più drammatici dell’epidemia da Covid-19, la mano di una operatrice sorregge quella di un anziano che sta morendo.
Alla fine, come sempre e ancora di più in questo caso, quello che conta davvero diventa più chiaro del resto. Come le parole che ci ha confidato la coordinatrice della RSA che ci ha tenuto a ringraziare tutto il gruppo delle colleghe che con lei hanno condiviso i mesi che sembravano aver visto una rinascita dopo i contagi di dicembre. Oppure come la parola “PRESENTE” scritta sulle magliette bianche che ieri le lavoratrici indossavano, una parola semplice ma che riafferma una verità: loro ci sono sempre state a sostegno degli anziani. Di giorno, di notte, nei giorni di festa, dimostrando impegno e capacità. Molti altri purtroppo non hanno fatto altrettanto e il peso, il costo umano, di queste assenze, di queste scelte mancate, sarà incalcolabile.