di Antonella Oddone – Forse qualche nonno anzianotto ricorderà la réclame di Carosello con Gino Bramieri che magnificava le virtù della plastica: anno di nascita 1954 (il mio!), un premio Nobel vinto dal suo inventore Giovanni Natta nel 1963 e, in TV, la sorridente e impeccabile massaia di allora recitava: “leggero, colorato, sempre lucido, e, soprattutto, indistruttibile!”.
Adatto per giocattoli, stoviglie e una miriade di oggetti di uso comune. Così la plastica entrò prepotentemente nelle nostre vite, e fu davvero una rivoluzione: addio bagnetto nella tinozza di zinco, che inevitabilmente dopo un po’ si forava, allo scolapiatti, all’asse per lavare di legno, alle bambole di stoffa o di porcellana (quelle belle)… allora avevamo in casa molti meno oggetti, quelli indispensabili. L’avvento della plastica è coinciso con l’inizio dell’era consumistica e subito dopo “dell’usa e getta”. Ma, sottolineando l’aggettivo “indistruttibile”, la rivoluzionaria scoperta del secolo scorso si sta rivelando fonte di distruzione per l’ambiente: pensate alle microplastiche, causa di morte ogni anno per milioni di animali selvatici, diffuse in ogni angolo del pianeta, dal Monte Everest, la cima più alta, alla Fossa delle Marianne, la depressione più profonda. Non solo, molti materiali plastici, in determinate condizioni, rilasciano gli ormai famosi (e temibili) interferenti endocrini.
“Gli interferenti endocrini sono sostanze chimiche che possono alterare il normale equilibrio ormonale accendendo, spegnendo oppure modificando i segnali inviati dagli ormoni, causando effetti avversi in un organismo, nella sua discendenza o in un sottogruppo di popolazione. Inoltre, uno stesso interferente endocrino può causare effetti diversi in relazione all’età e al sesso, da qui la necessità di valutarli in maniera distinta nei maschi e nelle femmine, anche in termini di maggiore o minore vulnerabilità”. (Dal sito ISS). L’esempio più frequente nelle bambine è la comparsa di un telarca prematuro, nei maschietti esposti fin dalla vita fetale il criptorchidismo e problemi di infertilità. Ma sono descritti anche disfunzioni a livello della tiroide e disordini del neuro-sviluppo.
Esistono molti interferenti endocrini: pesticidi, diossine, prodotti industriali presenti nei tessuti antimacchia e nei ritardanti di fiamma, ma quelli più pericolosi sono alcuni additivi delle plastiche come il bisfenolo e gli ftalati.
Una volta il bisfenolo era presente anche nei succhietti e nei biberon, per non parlare dei giocattoli! È tuttora usato nei recipienti per uso alimentare e nelle resine epossidiche (il rivestimento interno nella maggior parte delle lattine per alimenti e bevande). Gli usi del bisfenolo A vanno dalle plastiche in policarbonato impiegate per le bottiglie e per i contenitori per alimenti, alla carta termica degli scontrini fino ai dispositivi odontoiatrici. Il bisfenolo ha effetti estrogenici, quindi in grado di simulare l’azione degli estrogeni (ormoni “femminili”) che hanno una vasta influenza sulla funzione riproduttiva, ma anche su altre funzioni dell’organismo. L’effetto è minimo nell’adulto ma rilevante nel feto e nel lattante. Il bisfenolo può passare in piccole quantità dai recipienti che lo contengono ai cibi e alle bevande, soprattutto se i materiali non sono perfettamente integri e sono utilizzati ad alte temperature.
Gli ftalati possono essere presenti nella plastica monouso, vassoi, pellicole, imballaggi per il trasporto e nel PVC, utilizzato per i pavimenti e nei rivestimenti murari. L’effetto più comune è legato all’infertilità maschile. Esistono direttive europee che stabiliscono indicazioni dettagliate, ma se usate impropriamente, per esempio riscaldandole, anche le plastiche alimentari possono rilasciare sostanze chimiche di vario tipo, come additivi, residui o prodotti dovuti alla degradazione dei materiali.
Come riconoscere le materie plastiche pericolose? Dal 2022 sono vietati i contenitori di plastica monouso (piatti, bicchieri, cannucce, ma anche attrezzature per la pesca e cotton fioc). Inoltre la Commissione europea ha previsto un attento monitoraggio dell’acqua potabile, che non deve contenere gli interferenti endocrini beta-estradiolo e nonilfenolo. Ogni materiale plastico, dalle stoviglie alle pellicole per alimenti, è contraddistinto da un numero che possiamo trovare sul fondo del contenitore, di solito al centro del simbolo triangolare del riciclo. Le plastiche più adatte alla conservazione dei cibi sono quelle contrassegnate dai numeri 1, 2, 4 e 5, mentre quelle con i numeri 3, 6 e 7 sarebbero da usare con più attenzione, così come quelle senza numero, che corrispondono alla tipologia numero 7. Altro modo in cui viene segnalata l’assenza di bisfenolo e ftalati è il cerchio con all’interno la dicitura: BPA free oppure DPHE free.
Comunque, per salvaguardare la salute dei nostri bambini, le regole più importanti sono due: preferire sempre contenitori di vetro o di ceramica e evitare di riscaldare i contenitori di plastica con il cibo dentro.
(Rubrica ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società – DOTT.SSA ANTONELLA ODDONE Medico pediatra)