di Francesco Benucci – 20 anni con i piedi a mollo: detta così, tale espressione potrebbe anche suonare bene, apportando il ristoro di una piacevole frescura proprio nel momento in cui il solleone estivo si fa sentire. E invece, aggiungiamo purtroppo, la frase incriminata non è sinonimo di sollievo bensì di disagio. Chiedere, per conferme, a chi, nella zona circostante il Lanificio di Stia, soffre ciclicamente le problematiche che andremo a illustrare, come Claudio Grisolini e la sua Tessilnova, azienda specializzata nella produzione di panno Casentino di alta qualità. Essendo questi tra i poco fortunati chiamati a dover affrontare le suddette difficoltà, abbiamo pensato di sentire dalla sua viva voce cronistoria, inconvenienti e possibili soluzioni a proposito di quanto accennato.
Prima di addentrarci nella questione in oggetto, volevo chiederti un bilancio di questo anno, tra l’altro non un anno qualsiasi, visto che è ancora fresca nella memoria la ricorrenza per i 60 anni del sodalizio.
«Malgrado Covid e crisi, il lavoro sta riprendendo discretamente, nei mesi scorsi la promozione a livello televisivo nazionale ha portato il panno Casentino ad un’ulteriore ribalta nel contesto della moda, iniziative di questo tipo servono proprio a compensare eventuali ristrettezze dovute al citato binomio Covid/crisi. Inoltre, il progetto per la produzione con lana italiana, segnatamente, al momento, quella abruzzese, procede, all’insegna della salvaguardia e della valorizzazione dei “tesori” nostrani».
Purtroppo, tuttavia, questo quadro positivo deve fare i conti con un’annosa problematica che si è ripresentata, in particolare, dal 20 maggio 2020, in cosa consiste?
«Presto detto, periodicamente, da ormai quasi 20 anni, gli antichi canali sotterranei di scorrimento delle acque al servizio della vecchia turbina legata alla centrale elettrica del Lanificio provocano l’allagamento di alcuni locali con conseguente ostacolo nonché danno, a livello lavorativo e logistico».
A cosa sono dovuti questi allagamenti?
«La causa va ricercata nello sfruttamento di canali in muratura sotterranei (uno principale che scende dalla turbina al fiume e uno secondario, detto dagli abitanti “del troppo pieno”, che scende dalla vasca di carico a monte al canale principale e, quindi, al fiume) connessi alla gestione della suddetta centrale elettrica, canali utilizzati in alcuni tratti addirittura dal medioevo e che pertanto si ritrovano nelle piantine del catasto leopoldino. Questo per far capire che strutture così datate, per assolvere al meglio la loro funzione, avrebbero bisogno di “cure” ad hoc. Invece, dalla cessione del Lanificio (fine Anni ’70 – inizio Anni ’80), la centrale elettrica è passata attraverso varie gestioni private e i canali al suo servizio non ricevono la necessaria manutenzione ordinaria e straordinaria; facendo i conti si può dire che sono quasi 40 anni che i canali in oggetto vengono sostanzialmente sfruttati senza un efficace controllo a garanzia delle proprietà che attraversano, e sono molte».
Immagino che le condizioni attuali dei canali “sotto accusa” siano quasi fatiscenti…
«Immagini bene, i vecchi condotti, che interessano anche gli immobili del fabbricato detto “il Casone” e attigui a monte dei locali della Tessilnova, sono oramai costituiti da vere e proprie mura a secco, quasi tutti gli intonaci a calce viva che garantivano l’impermeabilità oggi non esistono più e il piano di scorrimento è così corroso che in alcuni punti si trovano voragini di mezzo metro di profondità; certi tratti presentano crolli, tanto che si riscontra la presenza di pietre anche all’uscita dell’acqua nel fiume. Inoltre, la mancata pulizia lascia “come eredità”, lungo il corso sotterraneo delle acque, carcasse di animali, residui vegetali, rami e frasche derivanti da potatura, plastica… tutto viene convogliato in tali canali, creando ristagni e quant’altro».
Le conseguenze di questa mancata manutenzione, nel concreto, quali sono?
«I locali, interessati dal passaggio dei suddetti canali, sono regolarmente allagati nei momenti di piena o di blocco della centrale, 1000 e più litri d’acqua al secondo, oltre le piovane, si riversano dentro questi condotti che, non essendo più a tenuta stagna né “strutturale” per l’aumento di acqua, fanno sentire i loro effetti nei luoghi menzionati, con gli allagamenti, con, persino, l’acqua corrente dalle pareti, con un’umidità invasiva che ha comportato e comporta danni all’arredamento, agli impianti elettrici, conseguentemente smontati, e alla merce, con pesanti disagi di varia natura».
Di fronte al manifestarsi di queste problematiche, quali sono stati i tuoi passi?
«Dal 2003 ad oggi la proprietà dell’impianto è cambiata tre volte e questa circostanza non ha certo favorito la risoluzione della questione in oggetto; con il primo proprietario della serie si arrivò, in concorso con altri, a vie legali, per gli allagamenti e le vibrazioni, anche se va detto che, grazie allo spostamento della centrale in nuova sede, anche con il contributo della Fondazione Lombard, perlomeno le vibrazioni sono diminuite sensibilmente, a differenza degli allagamenti che invece persistono e anzi si aggravano di anno in anno. Col secondo intestatario fu trovato un accordo con relativa manutenzione/ristrutturazione avviata, ma il tutto è stato interrotto a causa della prematura morte dello stesso».
E con il proprietario attuale? Ci sono accordi o comunque speranze per una futura soluzione?
«Per quanto riguarda la proprietà attuale, dopo il verificarsi dei nuovi allagamenti dal maggio 2020, la prima difficoltà è stata quella di sapere chi fossero e di stabilire dei contatti, che hanno avuto luogo solo dopo tre mesi circa di tentativi; da allora si sono susseguite alcune lettere di diffida da parte mia e anche da parte del Genio Civile, ma ad oggi non sono stati presentati né progetti né piantine descrittive dei canali in oggetto che prospettassero una soluzione. Sempre l’ufficio del Genio Civile, con l’ultima diffida alla società proprietaria, ha intimato di cessare la produzione dal 15 giugno al 15 ottobre, per realizzare un piano di ristrutturazione, che comporti una soluzione definitiva e che metta intorno ad un tavolo, per chiudere in modo risolutivo questa annosa questione, tutti gli attori legati, a vario titolo, alla vicenda: in primis l’attuale proprietà e il Genio Civile, oltre al Comune di Pratovecchio Stia, a Nuove Acque e a tutti i proprietari di immobili interessati dal passaggio del canale sotto le rispettive proprietà.»
L’auspicio è che, in tempi brevi, si possa veramente trovare un finale conciliante per il caso descritto, perché, dopo 20 anni con i piedi a mollo ed il fiato sospeso, è giunta l’ora di riemergere e respirare a pieni polmoni la bellezza di un contesto unico, sereno e privo di problematiche soffocanti.