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domenica, 16 Giugno 2024

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Funghi sì, ma con molta attenzione

di Marco Roselli – La primavera e l’autunno, con le precipitazioni più o meno intense possono creare le condizioni favorevoli alla crescita dei funghi. Nei terreni umidi, non interessati da piogge torrenziali e illuminati da una diffusa insolazione con 18-20 gradi di temperatura, si possono avere le condizioni favorevoli per una crescita rigogliosa. I funghi però sono birboni in quanto, mentre alcuni sono prelibatezze gastronomiche, altri possono spedirci in ospedale senza tanti complimenti; in certi casi sono addirittura mortali. Molti lettori conosceranno benissimo i funghi, tuttavia, mai come in questo caso è di fondamentale importanza non avere eccessi di confidenza con questi meravigliosi prodotti del bosco, visto che ogni anno si registrano numerosi casi di intossicazione. Lo scopo di questo articolo, pertanto, è quello di far capire che il principio di precauzione e la conoscenza possono salvare la vita. Iniziamo l’articolo con quelli che non perdonano.

Sindrome Falloidea E’ dovuta all’ingestione di Amanita phalloides, Amanita verna, Amanita virosa, Galerina autumnalis e Lepiotine di piccola taglia. Tutte contengono amanitine, tossine molto pericolose, mortali per i danni che provocano al fegato.

Amanita phalloides Molto diffusa nel periodo autunnale in vari tipi di boschi con presenza di latifoglie, questa specie, come del resto tutte quelle del genere Amanita, ha portamento elegante. È un fungo il cui cappello è facilmente separabile dal gambo (eterogeneo). Pur presentandosi sempre con tonalità verde/ambrato fino al brunastro dell’apice, la variabilità di colorazione del cappello nella stessa specie può essere notevole; presenta fibrille con un effetto molto simile a una spazzolatura, in cui si evidenziano dei leggeri segni longitudinali. Il gambo, slanciato e bianco, presenta zonature o bande cangianti con le tonalità del cappello, ma più pallide. La base bulbosa è accolta in una volva (parte inferiore dei resti del velo generale) membranosa, ampia e libera all’orlo, in altre parole non aderente al gambo, come per altre amanita. Nella parte superiore è presente un anello ricadente che protegge l’imenio durante la maturazione delle spore; le lamelle sono bianche e fitte. Negli esemplari giovani, la carne non ha quasi odore (leggermente di miele), ma in breve emana componenti ammoniacali tipici della putrefazione. A complicare ulteriormente le cose è la presenza di una Amanita phalloides f.ma alba, completamente bianca, ma con le stesse caratteriste morfologiche delle altre, il cui colore può indurre il raccoglitore inesperto a confonderlo con altre specie mangerecce.

Amanita verna E’ un fungo che si presenta negli stessi habitat degli Agaricus (prataioli): come questi cresce interrata e ha lo stesso colore per cui è facile confonderla. E’ un fungo eterogeneo (cappello e gambo si separano facilmente). Ha cappello emisferico che si appiana con la crescita, di color bianco e di aspetto setoso, con una leggera sfumatura centrale paglierina; il margine è liscio. Il gambo è bianco e slanciato, ricoperto da fine patina, bulboso alla base e avvolto in una volva bianca e membranosa. In alto, prossimo alle lamelle, vi è un anello fine e membranoso che alla crescita ricade sul gambo. La carne è tenera, priva di odore nei giovani esemplari, che diventa sgradevole con l’invecchiamento. Predilige habitat con terreni sabbiosi dove vivono Querce e Pioppi, ma anche Castagno e Pino; cresce solitaria o in piccoli gruppi, dalla primavera all’inizio dell’estate. Non va dimenticata la mortale Amanita virosa, tipicamente autunnale. Questa specie cresce di solito tra abeti e faggi e emana un fastidioso odore fetido.

 

Quelli che si somigliano: i più pericolosi! La scarsa conoscenza spesso determina confusione tra specie di funghi commestibili e i loro sosia velenosi. Possono trarci in inganno un Boletus satanas, sosia del Porcino o un’Amanita muscaria sosia di Amanita caesarea, oppure un Cortinarius orellanus sosia del chiodino, per non parlare di Cantharellus cibarius, sosia del fungo dell’ulivo (Omphalotus olearius). Tra le diverse specie di funghi esistono caratteristiche comuni: il colore, il portamento, la presenza di un anello e altro ancora; questi elementi li ritroviamo simili in tantissime specie, ma difficilmente siamo in presenza di sosia perfetti. Per evitare sviste pericolose per la salute, il raccoglitore dovrebbe avere un minimo di formazione micologica. Soprattutto è bene non fidarsi troppo delle proprie conoscenze, ma far riferimento ad un vero esperto, il Micologo, che certamente ne sa molto di più di chi va a funghi per sola passione.

Possibili sosia Nelle descrizioni che seguono vengono accostati i funghi tossici e mortali a quelli mangerecci. Ai primi due è associato il simbolo del teschio, nel caso dei funghi mortali, oppure una faccia imbronciata nel caso di quelli tossici, tenendo però presente che anche i secondi, in talune condizioni ambientali e di predisposizione personale possono portare al decesso.

Amanita verna e Prataiolo Delle caratteristiche dell’Amanita verna abbiamo descritto in precedenza; questa può essere confusa con il prataiolo commestibile.

Amanita muscaria var. “aureola” e Amanita caesarea Amanita muscaria var. “aureola” si distingue dall’Amanita muscaria per il cappello arancione senza verruche e la volva dissociata in frammenti quasi anulari e poco aderente al bulbo. Questa variante si è rivelata particolarmente pericolosa perché spesso confusa con Amanita caesarea per via del cappello aranciato e privo di verruche bianche.

Amanita panterina e Mazza di tamburo (alla casentinese “Baruciola”) Amanita panterina ha un cappello carnoso, inizialmente emisferico quindi aperto, di colore bruno-olivastro, nocciola, più intenso al centro e ricoperto da verruche, margine striato specie negli esemplari adulti. La cuticola è brillante, leggermente viscosa. Il fungo provoca la cosiddetta sindrome panterinica (così come per Amanita muscaria) dovuta alla presenza delle tossine che possono portare a convulsioni.

Fungo dell’olivo e gallinaccio Il Fungo dell’Olivo (Omphalotus olearius) si può confondere con Cantarellus cibarius (Gallinaccio – Finferlo). Se ingerito provoca sindromi gastro intestinali violente.

Lepiote e Agaricus oreades (detto anche “Gambesecche”) Lepiote sono definite di piccola taglia e sono rappresentate da circa un’ottantina di specie tutte da scartare, perché molte sono tossiche, ma alcune addirittura mortali. Sono funghi terricoli di difficile classificazione, a volte ciò è possibile solo dopo l’utilizzo del microscopio e di reazioni colorimetriche con reagenti chimici.

Gyromitra esculenta e Spugnole Ha il “cappello” strano, subgloboso, molto irregolare, ricco di anse con un aspetto “cerebriforme” e con variazioni di colore dal rosso ruggine al bruno e più ocraceo nella sorella Gyromitra gigas. Il margine del cappello (per questi funghi si chiama mitra o mitria) aderisce al gambo in maniera irregolare e in diversi punti. Cresce nella stagione primaverile, in boschi di conifere, in prossimità di residui legnosi e radici. Questi funghi possono dare gravi avvelenamenti, dovuti alla giromitrina, una tossina presente in tutte le specie appartenenti al Genere. Anche le Morchella o Spugnole sono commestibili esclusivamente dopo prolungata cottura.

Cortinarius orellanus (mortale) e chiodini (Armillaria mellea) Fungo non frequente si presenta fino al tardo autunno in pochi esemplari sotto quercia, castagno e nocciolo. È di taglia medio piccola, carnoso, con il cappello che inizialmente è emisferico campanulato poi, nei soggetti più maturi, diviene appianato. Il cappello risulta asciutto, leggermente feltrato, con fini squamosità, di colore solitamente bruno-ruggine uniforme, ma può tendere all’arancio-mattone; la parte sottostante il cappello è formata da lamelle attaccate al gambo, larghe e dello stesso colore. Al taglio la carne risulta giallastra, esigua e flaccida, con leggero odore di radice. L’orellanina è presente anche in altre specie del gruppo e specie vicine, tutte da considerarsi molto velenose, infatti l’ingestione di questi funghi provoca la sindrome Orellanica, caratterizzata da gravissimi danni a carico del rene che possono portare i pazienti a terapia con emodialisi e/o trapianto. Quando la sindrome si manifesta, anche dopo dieci giorni e più dal consumo, la situazione è ormai tragica per il paziente e del fungo non è rimasta più traccia, nemmeno nella memoria del consumatore.

La tossicità dei funghi Come abbiamo sommariamente riportato, il vasto e complesso mondo dei funghi annovera specie mangerecce, specie che provocano sindromi più o meno gravi (gastroenteriti) e specie molto tossiche o mortali. In alcune situazioni può anche accadere che specie considerate buone diventino tossiche in particolari condizioni della loro crescita (andamento stagionale, luogo in cui si sono sviluppate), oppure che siano considerate mangerecce specie che, in realtà, contengono delle tossine. E’ questo il caso, ad esempio, del Clitocybe nebularis (noto come Ordinale) che è consumato principalmente per il suo sapore molto aromatico ed intenso. Questa sua caratteristica, tuttavia, è anche indizio di tossicità, visto che proprio gli odori che sprigiona sono stati spesso causa di nausee e malori. Recenti studi sulle intossicazioni da funghi hanno evidenziato che l’Ordinale è responsabile di avvelenamenti medio-gravi dal momento che è portatore di sostanze dannose per il fegato che l’organismo non riesce ad espellere. Ci sono persone che hanno sempre mangiato il Clitocybe nebularis senza averne disturbi particolari, tuttavia, gli studi svolti su questi stessi individui dopo alcuni anni di assunzione, hanno evidenziato che i soggetti iniziavano ad avvertire i sintomi a distanza di tempo in quanto, le sostanze si erano accumulate nel loro organismo essendo stato lentamente logorato il fegato.

Alla luce di quanto sopra assume ancora più importanza il principio di precauzione che prevede di non raccogliere i funghi di cui non si ha perfetta conoscenza. Chiedere informazione agli Ispettorati Micologici nei casi di incertezza è sempre una buona norma igienica e talvolta salva la vita.

Bibliografia Francesca Assisi – Le intossicazioni alimentari da tossine naturali: guida al riconoscimento e alla prevenzione – Ministero della salute Siti internet www.agraria.org

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