[wzslider]di Giancarlo Zavagli – La locuzione latina “repetita iuvant”, tradotta letteralmente, significa “le cose ripetute aiutano”. Il senso della frase è questo, una notizia, a forza di essere ripetuta, dovrebbe essere appresa da chi la legge. Ha valore non solo nel senso puramente didattico ma anche in rapporto alle esperienze (le cose ripetute giovano): ripetere un gesto o una azione può dare piacere o, comunque, migliorare l’esecuzione di una determinata azione. Può inoltre assumere una connotazione particolare, specie nel linguaggio giornalistico, in un contesto in cui si voglia sottolineare l’uso della ripetizione come mezzo per ribadire una notizia a cui non è seguita un’azione di cura.
Di seguito riportiamo quanto scrivevamo su CASENTINO2000, numero 172 di marzo del 2008, otto anni fa. “…Uno spettacolo “scioccante”, queste fotografie sono state scattate in Casentino a poche decine di metri dalla SS71, lungo la ferrovia, in Località Fonte Chiara, nel Comune di Chiusi della Verna che fa parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e riguardano il magazzino delle strutture prefabbricate della ex Stimet, oggi di proprietà di un altro prefabbricatore. Sono immagini di strutture obsolete, praticamente inutilizzabili perché negli ultimi due anni sono cambiate o sono in corso di modifica tutte le norme riguardanti la prefabbricazione, quelle sull’Isolamento Termico, la normativa relativa alla “Resistenza al Fuoco delle Strutture Portanti” e le “NCT” (Norme Tecniche per le Costruzioni). Oltre a ciò, i cartellini adesivi che fissano le date di produzione risalgono agli anni 2003 e 2004, molti sono illeggibili e deteriorati dal tempo, si può dedurre che anche le Concessioni Edilizie rilasciate dai comuni per le costruzioni alle quali i manufatti erano destinati sono probabilmente scadute, le autorizzazioni comunali hanno di regola una durata triennale, mentre le date di fabbricazione riportate nei cartellini risalgono a 4 o 5 anni fa. L’eventuale rinnovo della Concessione Edilizia sarebbe fattibile, ma oltremodo oneroso, inoltre il tentativo di adeguamento di questi elementi alla legislazione vigente quasi impossibile. Per farvi un esempio, è come se voi aveste lasciato in mezzo ad un campo una “Fiat Ritmo” negli anni ’80 e pretendeste oggi dopo oltre 20 anni di guidarla così come è. Infatti questa macchina che da un ventennio è stata abbandonata, verrà da tutti considerata un rottame e non una semplice macchina parcheggiata. Per di più una notevole quantità delle cose ammucchiate in modo disordinato in questo ex magazzino non sono neanche vecchi prodotti di costruzioni, ma solo scarti di produzione e rifiuti da smaltire”.
Allora, nel 2008, questo panorama era poco visibile, si scorgeva viaggiando sulla SR71, di sfuggita, in basso a sinistra e in lontananza, lungo l’Arno tra la ferrovia e le prime case di Fonte Chiara. Ma oggi con la nuova “ciclo-pedonabile”, tutti quelli che la frequentano possono vedere a poche decine di metri di distanza questo spettacolo scioccante. Da quel marzo 2008 la condizione del sito è peggiorata, tante strutture che prima erano accatastate oggi sono cadute, altre sono scivolate dai loro sostegni ribaltandosi, i grandi pannelli di tamponamento semi-sdraiati sono tessere giganti di un domino sconclusionato, i mucchi di sacchi che contengono i materiali di risulta sono strappati, lacerati e consumati dal sole e dalle intemperie mostrando il loro contenuto. Le ferraglie, i bidoni, i serbatoi sono arrugginiti e abbandonati tra gli erboni; assali di camion completi di ruote sono abbandonati, carcasse di copertoni crepati, lamiere rugginose che sbattono al vento e pioppi, tanti pioppi che fra tutto questo ciarpame cominciano a crescere rigogliosi.
Ad oggi non è facile comprendere chi siano i titolari di questo “magazzino all’aperto” che più verosimilmente potremmo definire: “discarica di prefabbricati obsoleti e scarti di lavorazione”. Le vicende di questi anni, i passaggi di proprietà, i fallimenti societari di tutti quelli che nel tempo lo hanno frequentato ne hanno confuso il percorso, ma comunque sia andata a qualcuno dovrà pur essere intestato. Restiamo stupiti che in questi anni nei quali la sensibilità sul trattamento del suolo e della salvaguardia ambientale vengono da più parti declamate, qui in Casentino, nel cuore verde della Toscana, da sud a nord ci siano esempi di consumazione del territorio a dir poco scandalosi. Un tempo eravamo additati per le nostre bellezze, ma oggi viaggiando in treno, oppure in auto ed ora anche passeggiando per la ciclo-pedonabile possiamo vedere che non è più così. E’ vero le vicende di questi ultimi anni hanno costretto la nostra valle a sopportare eventi terribili, aziende chiuse per fallimento, centinaia e centinaia di posti di lavoro persi, siti industriali gloriosi, morti e mai recuperati. Le piaghe sono visibili da Rassina a Stia, passate dovunque volete ma li vedrete, proprio come dopo una battaglia persa.
Vi ricordate il racconto: L’ombra del Sire di Narbona, nelle “Novelle della nonna” di Emma Perodi. Racconta così la buona vecchia: “… Il conte Selvatico galoppò fino al piano di Campaldino; ivi giunto accese la torcia di resina, e spinse il cavallo nel campo bagnato dal sangue di tanti combattenti. Ma aveva fatto poco cammino quando udì un grido ripercosso da mille bocche, e da quei monti di ossami, che spiccavano nella notte buia, vide alzarsi a centinaia gli scheletri dei guerrieri insepolti, e tender tutti le mani per afferrare chi la coda, chi la criniera, chi le briglie del suo cavallo. Selvatico ficcò gli sproni nel corpo dell’animale e raddoppiò la corsa; ma per quanto facesse per evitare di essere abbrancato da quelle mani scheletrite, ogni tanto sentiva sfiorarsi il volto, la nuca o le spalle, e rabbrividiva tutto”.
Questa metafora è coinvolgente, noi oggi come allora a Campaldino usciamo da una battaglia persa, ma non per sfortuna bensì per incapacità, per la mancanza di un minimo di soglia morale. Non possiamo dare la colpa di questa sconfitta ai soldati che l’hanno combattuta valorosamente, ma ai comandanti si, ai loro consiglieri politici pure, questi sono i veri responsabili della disfatta e delle spoglie che restano. “Repetita iuvant” è l’incipit che ha aperto questo pezzo maledetto, ma è anche l’auspicio che ci facciamo concludendolo: “Che qualcuno comprenda!”
Scendano dai loro scranni i politici coinvolti, i banchieri finanziatori, gli imprenditori altezzosi ed anche i loro devoti dirigenti che in silenzio hanno eseguito gli ordini, attraversino il campo di battaglia, guardino lo scempio e rabbrividiscano, come fece il conte Selvatico. Poi comincino a trovare una soluzione a tanta rovina, perché è traumatizzante per noi e poco allettante per il turista vedere il Casentino ferito a morte, o come a Fonte Chiara, in avanzato stato di putrefazione.
(tratto da CASENTINO2000 | n. 268 | Marzo 2016