di Mauro Meschini – È un obiettivo più volte indicato, una priorità giudicata imprescindibile. La transizione ecologica dovrà caratterizzare i prossimi anni e decenni, diventare essa stessa simbolo della futura organizzazione delle società e delle economie. Detta così, avendo ben chiaro quanto sempre più gravi siano gli effetti di eventi estremi dovuti ai cambiamenti climatici, queste sembrano essere considerazioni di buonsenso, opportuni indirizzi per cercare di trovare soluzioni a una crisi climatica che, nonostante alcuni lo continuino a negare, ha già dimostrato di essere capace di mettere in pericolo il futuro stesso di intere porzioni del Pianeta. Lo sviluppo degli ultimi secoli, degli ultimi decenni ha avuto un impatto devastante per la Terra, siamo stati distratti dal benessere, dalla rincorsa verso la modernità e lo sviluppo tecnologico. Abbiamo usato il nostro ambiente di vita, sfruttato le sue risorse, inquinato la natura. Ora si cerca di correre ai ripari, ma è alto il rischio che i rimedi possano portare altri problemi innescando una rincorsa verso il baratro inarrestabile.
Per invertire la rotta di uno sviluppo malato per prima cosa si dovrebbe prendere atto di quanto sia importante preservare e rispettare il patrimonio naturale, di quanto ogni azione e intervento dovrebbero essere sempre a impatto zero, per non consumare più suolo, per non distruggere più habitat naturali, per non produrre più materiali di rifiuto che impiegano secoli per essere distrutti. Ma una società che in pochi decenni è riuscita a mettere in ginocchio un pianeta non è probabilmente in grado di agire seguendo queste semplici e, oseremmo dire, scontate considerazioni. Questo potrebbe rappresentare un grave problema, potrebbe portare a intraprendere una strada che si immagina diretta verso una soluzione ma che, invece, potrebbe aggravare una situazione già pesantemente compromessa.
Questa introduzione per portare alla vostra riflessione alcuni dati pubblicati dal sito Openpolis nel giugno del 2023 in cui si parla della transizione ecologica con un focus sulle «terre rare» (si tratta di 17 elementi chimici: Scandio, Ittrio e i 15 lantanoidi ovvero, nell’ordine della tavola periodica, Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio e Lutezio). Questi minerali sono fondamentali per: «l’industria sostenibile, aerospaziale, digitale e della difesa. Ma anche per la realizzazione di schermi di smartphone e desktop, magneti permanenti, turbine eoliche e batterie ricaricabili. Così come radar, apparecchi di medicina avanzata e fibre ottiche».
Come possiamo vedere si tratta di oggetti e strumenti che sono nella gran parte indicati anche come indispensabili in un ipotetico futuro «sostenibile» per garantire le risposte necessarie alla creazione di una società «green». Ma è davvero così?
Non siamo in grado di rispondere, qui proviamo solo a riportare alcune informazioni che abbiamo appunto trovato su Openpolis, avanzando prima solo una semplice considerazione: ma forse, per costruire la società «green», oltre a pensare a dove vogliamo arrivare, non sarebbe il caso di fare attenzione anche al come ci arriviamo?
Lasciando sospesa la domanda, e proponiamo alcune notizie: «le terre rare provengono prevalentemente dall’Asia e soprattutto dalla Cina, l’Europa ha una forte dipendenza dall’estero e vuole rendersi gradualmente indipendente ma non è chiaro se e quanti giacimenti sono presenti nel continente europeo».
In ogni caso, «c’è da considerare quanto la popolazione possa essere disponibile ad accettare l’apertura di miniere nelle vicinanze del proprio luogo di vita, considerato che: l’estrazione delle terre rare è un processo inquinante… che richiede molta energia e una significativa produzione di rifiuti. Le aree interessate diventano spesso luoghi fortemente inquinati. Con conseguenze sull’ambiente e sulla salute delle persone …»
Per quanto riguarda la quantità di materiale necessario, «secondo IEA (agenzia internazionale per l’energia), per produrre un’auto elettrica servono 6 volte più minerali che per produrre un’auto convenzionale. E per realizzare un impianto eolico sono necessari 9 volte i minerali che basterebbero per costruirne uno a gas. Quello delle turbine eoliche e quello delle batterie ricaricabili per le vetture elettriche sono i due ambiti in cui la richiesta di terre rare risulta più forte e impellente In Italia dal 2013 al 2021 le auto elettriche sono aumentate costantemente, passando da 4.500 a circa 118mila. L’incremento ha raggiunto il 133% tra 2019 e 2020 e il 122% tra 2020 e 2021. Si tratta di una transizione importante per la riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Ma la diffusione delle auto elettriche pone un problema di approvvigionamento e di estrazione di terre rare».
(Rubrica SCUOLA SOCIETA’ sognando futuri possibili a cura di Sefora Giovannetti e Mauro Meschini)