di Umberto Rossi – Io nella vita mi vedo in un modo mentre il palco mi trasforma, come il Brutto Anatroccolo. Il palco mi dona una grazia che credo venga dall’amore con cui racconto, perchè lo faccio davvero con amore, mi fa sentire perfino bella…
Con queste parole, l’attrice e autrice Elisabetta Salvatori, descrive se stessa. Lei è una donna che il teatro lo abita con tutta se stessa: con le emozioni e le passioni, con il sentimento del bello, con il bisogno di ricordare e di condividere. Più ancora è una donna che il teatro ha accolto nella sua abitazione, così come nel suo cuore e domenica 10 novembre al Teatro Dovizi dalle ore 16e30, lei ci accompagnerà e cercherà di introdurci nella sua “casa”.
Certo ne è passato di tempo e di lavoro, da quando nella sua vecchia casa, dietro il mare della Versilia, ospitava il piccolo palco del Teatrino dei Favolanti. O da quando, accanto alle giostre di Forte dei Marmi, incantava i bambini con le favole di Italo Calvino.
Quante storie, quanti personaggi, da allora. Emigranti e cantastorie, sante e poetesse analfabete, bambini e cavatori di marmo. Tutto un mondo restituito alla vita con la forza delle parole.
Sul palco, ha osservato un critico, Elisabetta non è mai sola. Ha con sé dentro, dietro, alle spalle, tutte le anime che hanno vissuto e sono passate dentro i suoi racconti.
È racconto, il teatro di Elisabetta. È ricordo, memoria, preghiera, orazione civile. È ritrovare il tempo in cui non c’era televisione, ma ci si sedeva a veglia, a riscaldarsi con il fuoco delle parole.
La voce, le storie. Soprattutto la vita. Perché è questo che fa Elisabetta. Non regala spettacoli, ma pezzi della sua, della nostra vita.
Magari vi state chiedendo, ma chi è Elisabetta Salvadori? A voi la risposta:
è una attrice e autrice, nasce in Versilia. Dopo gli studi artistici, scopre il teatro e comincia a raccontare. Comincia con le favole, favole e valigie: ogni storia che racconta è racchiusa in una valigia come un piccolo teatrino viaggiante.
Poi si avvicina alla narrazione per adulti e scompare tutto dalla scena: c’è solo la sua voce, che salta dall’italiano al dialetto versiliese, perchè spesso racconta la Versilia, e il violino di Matteo Ceamelli che l’accompagna. Le storie che sceglie sono vere, raccolte incontrando e documentandosi. Il primo spettacolo è La Bella di Nulla, dove narra della sua bisnonna e della Versilia dell’inizio del 900.
Poi affronta la Versilia ferita dalla guerra ed ecco Scalpiccii sotto i platani, l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema: delicata rappresentazione di teatro civile. E subito dopo Il partigiano Amos, storia di un giovane poliomelitico, musicista, torturato e ucciso dai tedeschi sempre in Versilia.
Poi Calde Roseuno spettacolo che parla d’amore; La Bimba che aspetta, storia che racconta di marmo, di cave e di scultura; Viola, dedicato al poeta Dino Campana, e al disagio. E poi ancora Vi abbraccio tutti, racconti di viaggi sull’Appennino; Delicato come una farfalla e fiero come un’aquila, dove racconta la vita del pittore Antonio Ligabue; Piantate in terra come un faggio o una croce, dove attraverso la vita di Caterina da Siena e di Beatrice di Pian degli Ontani, parla di poesia e fede. E infine Non c’è mai silenzio, la ricostruzione della stragealla stazione di Viareggio del 29 giugno 2009.
Recentemente ha esordito con Ilaria, la bellezza non muore, la vita di Ilaria del Carretto, nobile, che nel 1405, muore di parto a Lucca, a 25 anni, passata alla storia per il monumento di Jacopo della Quercia che le fece fare il marito per ricordarla.
Elisabetta si occupa anche di testi sacri: ha raccontato L’Apocalisse di San Giovanni e sta preparando il Vangelo di Marco.
Dal 2004, a Forte dei Marmi, nella casa dove vive, crea un piccolo spazio teatrale dove ospita e programma spettacoli.
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