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giovedì, 25 Aprile 2024

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Il diritto di nascere

di Denise Pantuso – Sempre più coppie, per ragioni diverse, si rivolgono alla Procreazione Medicalmente Assistita e l’Avvocato casentinese Gianni Baldini si mostra essere capofila di una serie di cambiamenti in materia. L’avvocato, oltre ad essere professore di Biodiritto nell’Università di Firenze e Siena, è anche Direttore della Fondazione PMA Italia (Procreazione Medicalmente Assistita) e, da anni, Avvocato dei diritti di molte coppie di pazienti dinanzi ai Tribunali di merito e alla Corte Costituzionale. È stato intervistato anche dal TIMES in merito ad una sentenza che passerà alla storia.

Ci vuole raccontare cosa è successo?
«Le nuove tecnologie biomediche pongono sempre più avanti l’asticella del tecnicamente possibile, imponendo a tutti noi (medici, giuristi, studiosi di etica, filosofi, sociologi, etc.) l’esigenza di fornire principi, valori e regole per disciplinare questi nuovi spazi di libertà sottratti alla causalità naturalistica. Oggi come in nessuna epoca storica si pone dunque la fondamentale domanda se: Tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente accettabile, socialmente ammissibile e giuridicamente lecito? Quando poi succede, come nel caso che andiamo a commentare, che il problema investe un numero potenzialmente elevato di persone (chi si separa e chi ricorre alla procreazione assistita) e che gli esiti risultano paradossali, a tratti irragionevoli, ecco che la notizia deflagra e i media fanno la corsa per capire e per dare una spiegazione a ciò che è successo».

Ci spieghi meglio…
«Una coppia si separa (lo fa circa il 40% delle coppie entro i primi 5 anni). A seguito di problemi di infertilità, i coniugi erano ricorsi alle tecniche di procreazione assistita o PMA (circa il 20% delle coppie in età fertile vi ricorre per un totale di circa 17.000 bambini l’anno che nascono grazie a queste tecniche) senza raggiungere l’agognato figlio. Succede che non tutti gli embrioni erano stati utilizzati e dunque, in forza di legge che non ne consente la distruzione o l’impiego alternativo, alcuni di questi erano stati crioconservati. La donna ha 43 anni e dopo essere ricorsa alla PMA per problemi del partner e essere andata incontro a rare complicanze di salute a questa connesse, viene lasciata dal marito. Dunque per l’ex moglie, data l’età, utilizzare gli embrioni congelati e prodotti con l’ex marito costituisce la sua ultima chances di diventare madre. Si rivolge al Centro Medico dove gli embrioni sono congelati per procedere alla PMA in solitaria; il Centro preso atto dell’intervenuta separazione e dell’opposizione dell’ex marito, rifiuta adducendo che la Legge 40/04 non consente alla donna sola di procedere. La signora si rivolge all’Avvocato e avvia un procedimento d’urgenza dinanzi al Tribunale per ottenere un provvedimento che riconosca il suo diritto alla maternità anche contro la volontà dell’ex marito, e ordini al Centro medico di procedere».

Ma come è possibile: se la coppia non c’è più ed è anche intervenuta la separazione? Come può la donna utilizzare dei materiali biologici prodotti con l’ex marito e avviare una gravidanza contro la volontà di quest’ultimo?
«Un articolo della legge 40/04 sulla PMA, (l’art 6 c. 3 sul cd. Consenso informato) prevede espressamente che “la volontà può essere revocata da ciascuno fino al momento della fecondazione dell’ovulo”. Da ciò deriva che il consenso dato al trattamento di PMA da cui consegue immediatamente il concepimento in vitro dell’embrione, non è solo consenso a un trattamento sanitario, ma comporta l’assunzione, a partire dal concepimento in provetta, della responsabilità genitoriale (maternità o paternità) sugli embrioni creati che con il successivo transfer nel corpo della donna, ove questo abbia successo, avvieranno una gravidanza che si concluderà con la nascita. E il punto è tutto qua: se il consenso, come afferma la legge, è irrevocabile e non soggetto a un limite temporale di validità, può verificarsi il caso che, nonostante nel frattempo la coppia (e il relativo progetto genitoriale) sia venuta meno, i soggetti restano vincolati al consenso inizialmente espresso. È di tutta evidenza che la cosa varrebbe anche per il caso inverso, ovvero che sia l’uomo a pretendere di utilizzare gli embrioni prodotti con l’ex moglie, contro la volontà di questa. In tal caso l’ipotesi si arricchirebbe di un ulteriore necessario passaggio dovendo l’uomo individuare una madre surrogata (all’estero essendo la pratica vietata in Italia) per portare avanti la gravidanza. Ciò evidenzia come, contrariamente a quanto da più parti affermato, la norma non è stata prevista a tutela dell’interesse della donna, bensì a garanzia di un supposto interesse alla vita e allo sviluppo dell’embrione».

L’ex marito sarà anche costretto ad assumere anche la responsabilità genitoriale sul figlio nato contro la sua volontà?
«Ulteriore effetto di quanto sopra è l’applicazione dell’art 8 della legge 40/04secondo il quale “i nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell’articolo 6”. Tradotto significa che non solo l’ex marito non può impedire alla ex moglie di procedere, ma addirittura assumerà automaticamente lo status di padre del nato con tutte le implicazioni giuridiche e morali conseguenti: attribuzione del cognome, obblighi di istruzione, educazione, mantenimento, fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica ciò senza alcuna possibilità di sottrarsi a questi obblighi che l’ordinamento giuridico prevede come inderogabili».

Insomma, tutto è coerente con la legge, ma il risultato lascia attoniti…
«Proprio così! Sono gli effetti del “paradosso tecnologico” in forza del quale, grazie alle tecniche di crioconservazione dei gameti, è possibile  separare per un tempo indefinito  il momento del concepimento da quello della gravidanza e del parto con il risultato che, indipendentemente dalla sussistenza di quel  rapporto di coppia su cui il progetto genitoriale trovava la sua giustificazione prima logica che giuridica, ove una legge espressamente fissi uno specifico momento a partire dal quale il consenso prestato non sarà più revocabile, sarà possibile giungere alla nascita di un bambino che assumerà lo status di figlio di quella ex coppia. Si tratta di una decisione sicuramente destinata a far discutere per i molteplici profili giuridici ed etico sociali implicati e per il potenziale impatto sulle tante coppie che si separano e hanno embrioni crioconservati per trattamenti di PMA».

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