di Marco Roselli – Sono gustosi, convenienti, appaganti. Studiati per avere lunga vita sugli scaffali dei supermercati così come nelle dispense domestiche. Spesso li scegliamo per combattere la tristezza o quando siamo stanchi o sotto stress e desideriamo qualcosa che ci tiri su.
Hanno caratteristiche sensoriali specifiche: ad esempio sono molto dolci, molto salati, particolarmente croccanti o cremosi. Gli alimenti ultra processati, ricchi di additivi e grassi, ma poveri di fibre e nutrienti, sono invitanti per il palato eppure estremamente dannosi per la salute.
Il loro consumo è in aumento in tutto il mondo: costituiscono circa il 60% dell’apporto calorico giornaliero di Paesi ad alto reddito come Stati Uniti e Regno Unito. E pare che i paesi a medio e basso reddito ne stiano seguendo il cattivo esempio.
Quando parliamo di cibi ultra processati capita che il nostro pensiero vada agli hamburger XXL e ai cibi ipercalorici tipici di una certa cultura alimentare americana. In realtà, si tratta di prodotti non così distanti dalla nostra dieta quotidiana, alcuni dei quali potrebbero essere presenti persino nella credenza del più salutista tra noi.
Termini e definizioni
Sono “cibi ultra-processati” tutti quegli alimenti confezionati che hanno subito diversi processi di trasformazione industriale. Processi che possono modellare, sottrarre o aggiungere sostanze, raffinare, modificare la struttura dei cibi fino a trasformali nei prodotti confezionati che approdano sulle nostre tavole.
I cibi ultra-processati contengono una lunga lista di ingredienti (da cinque in su) di cui molti sono additivi artificiali (coloranti, emulsionanti, edulcoranti o addensanti) usati allo scopo di esaltarne i sapori e renderne più gradevole la consistenza. Pochi, invece, sono i nutrienti utili per l’organismo come vitamine e fibre. Si tratta di alimenti che creano dipendenza, allo stesso modo del tabacco o dell’alcol, come dimostrato da una ricerca di livello internazionale pubblicata sulla rivista medica British Medical Journal.
Rientrano nell’elenco di questi prodotti alimenti dichiaratamente poco salutari come le patatine fritte, le merendine confezionate, i cioccolatini industriali, i biscotti e i dolci industriali, le bevande zuccherate e quelle energetiche, molti prodotti da fast food, le salse e i condimenti industriali (maionese, ketchup, salsa barbecue), le creme spalmabili industriali (anche alcune vegane).
La ricerca ha messo in evidenza anche alimenti “insospettabili” spesso consigliati nelle diete o pubblicizzati come sani e naturali. Si tratta di alimenti certamente poveri di calorie, ma comunque non sani, perché hanno subito lunghe e ripetute lavorazioni industriali. Tra questi ritroviamo barrette ai cereali, barrette sostitutive dei pasti, pane in cassetta confezionato, purè di patate istantaneo, polenta istantanea, succhi di frutta industriali spesso pieni di zuccheri.
Per comprendere meglio cosa si intende per cibi ultra-processati, è importante imparare a distinguerli da quelli semplicemente processati.
Gli alimenti processati sono prodotti relativamente semplici che si differenziano da quelli ultra-processati per numero e tipologia di ingredienti e grado di lavorazione industriale. Si tratta di alimenti ottenuti aggiungendo solo sale, olio, zucchero o altri ingredienti come burro o miele ad alimenti freschi – detti “non processati” (ossia alimenti consumati così come presenti in natura come carote, legumi o pollo crudo).
Buone pratiche di acquisto
Quando si fa la spesa bisognerebbe tenere a mente innanzitutto una regola: meno ingredienti ci sono sull’etichetta, più è probabile che il prodotto sia salutare. Quando ingredienti ed additivi si moltiplicano aumenta la possibilità che il cibo sia super-lavorato. In questo caso meglio valutare attentamente l’acquisto tenendo conto del fatto che non si tratta di veleni, ma di alimenti che vanno consumati con parsimonia. È importante inoltre considerare che non tutti i cibi ultra-processati hanno lo stesso impatto sulla salute, anche perché non tutte le persone reagiscono allo stesso modo al consumo di questi alimenti, come meglio specificato di seguito.
I cibi ultra-processati e i rischi per la salute Il cervello intestinale sotto assedio
L’asse intestino-cervello, cruciale per la regolazione di appetito, emozioni e metabolismo, è stato progressivamente sabotato da decenni di cibo spazzatura. I messaggi all’interno del nostro corpo risultano distorti: il cervello intestinale è stordito, incapace di modulare correttamente fame e sazietà. Sono diversi gli studi che evidenziano gli effetti nocivi sulla salute legati al consumo dei cibi ultra-processati.
Cibi ultra processati e obesità
I cibi ultra-processati sono “progettati” per farci mangiare sempre di più, anche se non abbiamo particolarmente fame. Non è solo questione di gusto: questi cibi interferiscono con i meccanismi naturali della sazietà, stimolando oltremodo i centri del piacere nel cervello e rendendo più difficile controllare l’appetito. In altre parole, sono pensati per farci esagerare e funzionano fin troppo bene. Sono diversi gli studi che collegano il consumo di questi alimenti all’aumento dei casi di sovrappeso e obesità a livello globale.
Le ricerche in questo campo hanno dimostrato che con una dieta a base di cibi ultra-processati, i partecipanti ai test consumavano in media 500 calorie in più al giorno e aumentavano di quasi un chilo in appena due settimane. Pubblicato nel 2019, questo studio ha rappresentato una vera svolta per la ricerca offrendo la prova che questi alimenti non sono semplicemente diversi per composizione, ma anche per il modo in cui influenzano il nostro comportamento alimentare.
Cibi ultra-processati: infiammazioni e disfunzioni del sistema immunitario
L’aumento di peso viene spesso percepito solo per l’aspetto estetico, tuttavia, portarsi dietro kg in eccesso comporta molti altri problemi. Uno studio recente ha evidenziato l’esistenza di un collegamento tra diete ricche di cibi ultra processati e un aumento del rischio di sviluppare malattie legate a disfunzioni del sistema immunitario, come la malattia infiammatoria intestinale (colite ulcerosa, Morbo di Crohn) e malattie autoimmuni. Le evidenze emerse finora suggeriscono come alcune sostanze contenute nei cibi ultra processati
– ad esempio emulsionanti, micro particelle (come il biossido di titanio), addensanti, stabilizzanti, aromi e coloranti – alterino il microbiota, aumentando la permeabilità della mucosa intestinale e permettendo così il passaggio di sostanze nocive per l’organismo.
Maggiore è il consumo di alimenti ultra-processati, più alto è il rischio di soffrire di più malattie contemporaneamente proprio perché il sistema, una volta saltato, può essere sottoposto a un vero e proprio effetto domino.
Cibi ultra-processati e morte prematura
Un altro studio, durato ben 30 anni, ha rivelato che un consumo eccessivo di alimenti ultra-processati è associato a un aumento del 4% del tasso di mortalità. Il lavoro, portato avanti da un gruppo di ricercatori della TH Chan School of Public Health dell’Università di Harvard e pubblicato sul British Medical Journal, ha messo in evidenza che l’effetto negativo sulla salute è associato in gran parte all’alto contenuto di zuccheri aggiunti (responsabile del 40% del rischio), ma anche ai processi di lavorazione che alterano la struttura dei nutrienti, innescando processi di infiammazione nell’organismo.
L’ aumento del rischio di mortalità per i consumatori assidui di cibi ultra-processati è stato studiato anche in Italia, in una ricerca condotta dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione di Pozzilli (IS). Lo studio ha coinvolto più di mille persone affette da diabete di tipo 2 che sono state seguite per circa 12 anni. Esaminando l’evoluzione della loro salute nel tempo è emerso che un’alimentazione ricca di cibi ultra-processati espone le persone a un rischio di mortalità del 60% più alto rispetto ai pazienti che li consumano in misura minore. Se si considera solo il rischio di mortalità per malattie cardiovascolari, già frequenti nei diabetici, questo cresce del 58%, mentre le morti legate a patologie cerebro-cardiovascolari come gli ictus, aumentano del 52%.

Lo aveva già capito, a suo tempo, Ippocrate: ciò che immettiamo nel nostro corpo attraverso il cibo può essere la prima delle medicine. O il primo dei veleni.
Cosa possiamo fare Certamente serve una presa di posizione radicale: è necessario rendere obbligatoria l’educazione alimentare nelle scuole; tassare e disincentivare i cibi spazzatura e le bevande zuccherate; finanziare campagne di salute pubblica che dicano la verità e cioè che il consumo abituale di ultra processati accorcia la vita, aumentando il rischio di obesità, diabete, malattie cardiovascolari e tumori.
La battaglia contro il cibo ultra processato non è una questione estetica: è l’unico modo per restare in salute il più a lungo possibile e alleviare il Servizio Sanitario Nazionale. Ogni esitazione equivale a un arretramento. Abbiamo le conoscenze scientifiche, gli strumenti terapeutici e le prove epidemiologiche: ora serve il coraggio politico e culturale di dichiarare guerra senza quartiere almeno agli alimenti spazzatura.
In pratica Acquistare meno ma meglio dedicando tempo alla spesa. Cibi freschi, magari direttamente dai produttori: i vegetali sono un classico, ma ormai i mercati contadini offrono anche i prodotti di origine animale e sono dappertutto. Quante volte acquistiamo il prosciutto in vaschette (per averlo di scorta) e poi ne buttiamo la metà? Senza considerare il suo pessimo valore nutritivo. Allora si acquista il trancio di prosciutto e si affetta a casa o ce lo facciamo affettare sul posto. Idem per i formaggi, le uova, il pane, il latte e così via. Un pizzico di patatine e una bibita gassata una volta ogni tanto possono anche starci, ma devono avere una frequenza uguale alla comparsa della luna nuova e non essere una abitudine quotidiana.
Vuoi mettere una fetta di pane e olio extra vergine di oliva accompagnata da un buon bicchiere di vino? Eppure, al mondo c’è chi tenta di farli passare come poco salutari, raccontandoci le favole più fantasiose quelle che solo menti interessate e malevole possono inventarsi.
Bibliografia – Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri – Il Sole24 Ore – Salute. Articolo di Antonio Gasbarrini professore di gastroenterologia Università Cattolica del Sacro Cuore


