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venerdì, 8 Novembre 2024

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Soccorso senza medici

di Francesco Meola – Non stentano a placarsi le polemiche di questi ultimi mesi legate al malcontento della cittadinanza costretta a doversi misurare con un servizio sanitario sempre più deficitario. A tenere banco è soprattutto la questione legata alla mancanza di un adeguato servizio 118 il cui personale è costretto a fare i salti mortali per continuare a garantire un servizio all’altezza e con loro anche le associazioni e i loro volontari. A tal proposito abbiamo intervistato il consigliere comunale di Poppi, Alberto Ciampelli che, oltre ad essere un rappresentante delle istituzioni, conosce molto da vicino anche il mondo del volontariato. Con lui abbiamo fatto il punto della situazione, soffermandoci sui costi sempre più alti della sanità, passando per la preoccupante carenza di medici. Le associazioni di volontariato e il terzo settore in generale stanno attraversando un momento molto difficile.

Quali sono principali difficoltà con cui devono misurarsi queste organizzazioni? «Proprio ieri (lunedì 13 marzo, n.d.r), c’è stato un incontro a cui hanno preso parte quasi tutti i sindaci del Casentino per discutere di queste ed altre problematiche che si trova ad affrontare la nostra sanità. Naturalmente si è parlato anche della questione auto medica che, da qualche tempo a questa parte, sta facendo tanto discutere; peccato, però, non si sia giunti ad alcuna soluzione valida dal momento che un accordo tra enti locali e Asl, sulle basi emerse nel corso del dibattito, a mio avviso non è sottoscrivibile…».

In che senso? «Nel senso che l’Asl, nel suo piano assistenziale, continua a far riferimento ad un’auto medica che nella sostanza non esiste. Sarebbe più giusto parlare di auto infermierizzata, considerato che a bordo non vi è un medico ma un infermiere. Eppure, secondo i nostri amministratori locali, questo è il massimo delle condizioni ottenibili in questo momento. Ma io mi chiedo: come si può accettare di sottoscrivere un’intesa basata su qualcosa che non corrisponde al vero?».

Una delle principali problematiche è legata alla difficoltà nel garantire il servizio al 118 a causa dei mancati rimborsi. Come si è arrivati ad una situazione del genere? «Le ragioni precise non gliele saprei dire. Probabilmente, a causa della scarsezza dei fondi, si è deciso di dirottare queste risorse in altri ambiti della sanità regionale. C’è da dire che, fino a qualche tempo fa, anche le persone che non avevano problemi a deambulare e magari disponevano anche di un discreto reddito, hanno usufruito dei trasporti pubblici sanitari alle stesse condizioni di chi magari aveva invece difficoltà fisiche maggiori e redditi più bassi. Anche questo può aver inciso nell’economia dei servizi…».

Poi naturalmente c’è il problema dei medici… «Certo. I medici oramai sono sempre meno e non è pensabile andare avanti con l’organico attualmente a diposizione. Se lei pensa che al pronto soccorso dell’ospedale di Bibbiena, da aprile, ve ne resteranno soltanto tre su dodici, credo che questo dato la dica lunga. Ed ovviamente non è un problema soltanto del Casentino o della nostra regione bensì una problematica di carattere nazionale. Proprio per questo trovo fuorviante, tornando alla questione locale, parlare di auto mediche dove di medici non ce ne sono…».

A tal proposito come reagisce l’utenza quando si vede arrivare a casa un mezzo di soccorso con a bordo soltanto un infermiere e un volontario? «La prima cosa che chiedono è chi di coloro che arrivano sia il medico. E quando il personale gli fa presente che non c’è, le lascio immaginare la reazione più che comprensibile. A mio avviso, per poter offrire un servizio accettabile, allo stato attuale si dovrebbe disporre almeno di due BSLD, un infermiere in servizio 24 ore su 24 e un’auto medica “vera”».

In un quadro del genere è facile immaginare con quanti sforzi anche i volontari cerchino in qualche modo di sopperire alle mancanze del pubblico. È noto quanto faticosi siano i turni di chi mette a disposizione il proprio tempo per garantire ugualmente un servizio all’altezza delle necessità della gente… «I volontari svolgono un’opera preziosissima. Ovviamente conosco personalmente la loro dedizione potendola toccare con mano quotidianamente. Alcuni, poi, hanno una preparazione e una professionalità tra le migliori della nostra regione. Il problema è che la loro opera da sola non può bastare, come non è sufficiente quella dei soli infermieri. Se così fosse non ci sarebbe bisogno di medici, ma si potrebbe garantire l’assistenza dovuta anche soltanto con queste figure o i tanti Oss che pure svolgono un’opera ammirevole. La verità è che c’è urgente bisogno di medici e da questo punto di vista tocca alla politica dare le risposte di cui ha bisogno la cittadinanza. Ecco perché non capisco come i nostri sindaci abbiano potuto in qualche modo assecondare le ultime scelte prese dall’Asl di cui parlavamo prima, o aver sottoscritto nel lontano 2015 dei patti territoriali che prevedevano scelte scellerate come la chiusura del punto nascite di Bibbiena, tra l’altro spacciandole come un bene per la comunità. Ora che si sta svuotando anche il pronto soccorso non oso immaginare cosa possa accadere. Di queste istanze sarebbe bene che se ne tornasse a discutere in Regione quanto prima».

E in un contesto del genere anche trovare nuovi volontari diventa difficile. A cosa è dovuta la crescente difficoltà nel reperire forze nuove? «Indubbiamente ci sarebbe bisogno di una implementazione del personale ma la difficoltà nel reperire nuove risorse credo sia dovuta essenzialmente a due ragioni. Una è di carattere geografico, dal momento che molti dei nostri giovani sono lontani dalla nostra vallata per motivi di studio o di lavoro e quindi sono materialmente assenti dal nostro territorio per poterlo servire in tal senso. L’altra, e naturalmente questa non riguarda soltanto il Casentino, è legata anche all’impegno che un servizio del genere comporta. Chi accetta di fare il volontario sa fin dall’inizio che dovrà prestare il suo lavoro soprattutto nei fine settimana e magari anche di notte e purtroppo sono pochi i ragazzi disposti a sacrificarsi a tal punto…».

Vorrei chiudere quest’intervista chiedendole una riflessione su quanto asserito da Giuseppe Ricci. In una recente intervista rilasciata al nostro giornale, ha proposto la presentazione di una legge di iniziativa popolare per un sistema nazionale sanitario che torni ad essere interamente pubblico e quindi che garantisca con proprio personale anche l’emergenza urgenza e il servizio ambulanze. È un discorso utopistico secondo lei? E quali benefeci potremmo trarne? «Il progetto è sicuramente ambizioso ma mi chiedo come si possa tornare ad un sistema del genere. L’unico modo, forse, consisterebbe nel promuovere un PNNR specifico per la sanità o una manovra finanziaria con la medesima finalità. Tanto per renderle un’idea dei costi che comporta quotidianamente la sanità, le faccio un esempio molto banale. Per un trasporto da Badia Prataglia ad Arezzo un’ambulanza della Misericordia percepisce un rimborso di 0,36 centesimi al chilometro. A questo va aggiunta una quota di 17 euro per la chiamata, per un totale che tra andata e ritorno supera i 50 euro.

Come farebbe lo Stato a garantire i servizi di un tempo se allo stato attuale a stento riesce a mantenere in piedi il sistema attuale? Se si potesse tornare ad una sanità totalmente pubblica sarebbe sicuramente positivo, soprattutto per quella parte di cittadinanza a basso reddito, ma bisogna fare i conti con una realtà che purtroppo non è più quella di un tempo. All’estero, ad esempio, sono abituati a doversi sobbarcare gran parte delle spese sanitarie. Non a caso, quando nel periodo turistico alcuni stranieri si affidano ai nostri mezzi sanitari per essere trasportati in ospedale, gli sembra strano non dover pagare nulla.

Con questo non voglio passi il messaggio che per ottenere un’assistenza adeguata si debba pagare, anzi. Tuttavia, la situazione finanziaria attuale impone che le risorse vadano rimodulate rispetto al passato e pertanto continuino ad essere gratuite soltanto le prestazioni veramente necessarie. Solo in questo modo sarà possibile continuare ad offrire a tutti la dovuta assistenza».

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