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sabato, 14 Dicembre 2024

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Quelle mani sporche e unite

di Mauro Meschini – Una strana coincidenza ha voluto che, negli stessi giorni in cui i «capi» dei sette paesi più industrializzati del mondo si incontravano a Hiroshima (e già solo pronunciare il nome di questa città dovrebbe portare a riflettere e non poco…), l’Emilia Romagna e altre zone di altre regioni italiane confinanti, come le Marche e la Toscana, venissero travolte da piogge mai viste. Abbiamo ben impresse nella mente le immagini viste in Tv e, praticamente senza sosta, sui social e online. Scene incredibili, scene che, nonostante e purtroppo non siano ormai una novità, sono sembrate al di sopra di qualsiasi possibile ipotesi e previsione si avesse potuto fare.

Ma torniamo al parallelo tra eventi con cui abbiamo iniziato a scrivere perché sta lì il punto che vorremmo sottolineare. Intanto ci viene da pensare che, visto che ormai questi incontri tra presunti «grandi» si svolgono da anni, non sia certo la prima volta che, negli stessi giorni in cui si tiene un summit, da qualche altra parte del mondo si verifichi una tragedia naturale, una devastazione in cui si debbano contare vittime e pesanti danni. Ma questa volta è accaduto in Italia, proprio in casa di uno degli Stati che vorrebbe ancora indicare al resto del mondo la via da seguire, è accaduto ai nostri vicini romagnoli, a coloro che vivono a poche ore di auto da noi, a coloro che dividono con noi la bellezza e la maestosità dell’Appennino.

Questo, probabilmente, cambia le cose, perché essere stati sfiorati da quella tragedia, sentire di essere stati colpiti duramente da vicino può far comprendere meglio quanto quell’incontro che si è svolto in Giappone non sia stato lontano solo geograficamente ma anche, e soprattutto, per i temi e i contenuti su cui si è concentrato. Mentre in Romagna si è visto un solidale e unito impegno per soccorrere chi aveva bisogno, per mettere al sicuro chi era in difficoltà, per cercare con ogni mezzo di salvare ciò che era possibile dalla furia delle acque. Dall’altra parte, ciò che principalmente è sembrato fosse importante ha riguardato il sostegno e il continuo invio di armi all’Ucraina e il contrasto al l’espansione politica ed economica della Cina.

In pratica, le democrazie del mondo per confrontarsi con i Paesi che spesso considerano, come minimo e a ragione, autocrazie o vere e proprie dittature, si trovano poi a utilizzare i loro stessi strumenti: la forza delle armi, la pressione economica, la minaccia militare… non c’è molto di più che sembrano offrire ad un pianeta che, come si è visto da ciò che è accaduto in Romagna, avrebbe bisogno di ben altro, di risposte diverse, di parole che costruiscono e non di strumenti che distruggono. Quella foto dei leader dei Paesi del G7 intorno all’immacolato tavolo di Hiroshima abbiamo provato a confrontarla con altre foto, con quelle che hanno invaso i social e che ritraggono le ragazze e i ragazzi, le donne e gli uomini, che, senza esitare, si sono subito rimboccati le maniche e hanno concretamente dato il loro contributo alle popolazioni della Romagna.

Spiccano in quelle foto i segni pesanti lasciati dalle acque e dalle montagne e che franano, i vestiti, i visi e le mani sporche di fango. Sono le stesse mani che in quella coraggiosa e determinata diga umana formata da tanti volontari hanno fatto scorrere i tanti sacchi di sabbia che sono stati collocati per arginare e impedire ulteriori allagamenti, sono le mani che si sono strette le une alle altre a formare una catena che forse è stata l’immagine più rappresentativa dei sentimenti di solidarietà e unione che hanno animato e sostenuto le persone in quei drammatici momenti.

È facile capire quanto questi due eventi e le immagini che abbiamo citato siano inconciliabili, come se riguardassero due mondi diversi. Niente di nuovo, si potrebbe dire, il mondo è così grande che da sempre vede convivere realtà, vicende, storie personali e collettive completamente diverse. Il problema adesso, forse, è domandarsi se può essere ancora giusto e tollerabile che questo possa continuare, se la troppo citata globalizzazione, osannata quando si tratta di traffici e commerci, non imponga un approccio completamente diverso anche perché, proprio i cambiamenti climatici che hanno contribuito a sconvolgere una grande parte del territorio dell’Emilia Romagna, ormai da tempo mostrano quanto diffuso e grave sia il pericolo che incombe su tutti i continenti.

Come ormai ci viene detto da esperti e scienziati il tempo sta per scadere, o forse è già troppo tardi, ma molti, soprattutto coloro che hanno responsabilità di governo nei diversi Paesi, non stanno realmente prendendo sul serio questi avvertimenti. Si continuano ad alzare barriere, ad armare gli eserciti, a considerare basilare la supremazia economica sugli altri…

Poi ci sono quelle mani sporche e unite sulle sponde di un fiume in Romagna, sono mani forti con cui dobbiamo costruire un altro futuro.

(Rubrica SCUOLA SOCIETA’ sognando futuri possibili di Sefora Giovannetti e Mauro Meschini)

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